Tra gli argomenti di maggiore importanza pratica e di maggiore spessore concettuale che agitano la giurisprudenza vi è senza dubbio una serie di questioni concernenti il contrasto delle frodi fiscali e in particolare delle frodi nella riscossione dell’iva. Tra i profili meno praticati (ma non meno importanti) si segnala, in primo luogo, il problema della prova della esistenza (o della inesistenza della operazione) ai fini del riconoscimento (o disconoscimento) della deduzione e detrazione. La giurisprudenza oscilla in proposito tra affermazioni apparentemente contrapposte, circa la sussistenza di un onere del contribuente o dell’ufficio. Tali oscillazioni possono probabilmente razionalizzarsi opportunamente facendo ricorso al dovere di imparzialità, che implica una istruttoria diligente della P.A. e il dovere di collaborazione e buona fede del contribuente: tali due clausole generali paiono poter fornire utilissime regole di giudizio dei casi concreti. Non meno rilevanti sono, poi, le considerazioni relative all’intreccio di nozioni civilistiche (simulazione, nullità e inesistenza) e finalità di giusta repressione, nel campo della repressione delle frodi da riscossione dell’iva, ove non sempre la giurisprudenza appare rispettosa di alcuni principi cardine del diritto civile (e, correlativamente del principio di tassatività della norma penale), fraintendimento che pare creare non poche conseguenze abnormi quanto alla individuazione della norma penale applicabile. L’ultima parte dell’articolo esamina infine la rilevanza, che appare assai dubbia, dei riferimenti alle nozioni di inerenza ed economicità della condotta. La repressione delle frodi tributarie appare, insomma, finora affidata a iniziative della giurisprudenza che appaiono più apprezzabili nelle intenzioni che nella scelta degli strumenti tecnici adottati.

Frodi fiscali e frodi nella riscossione iva, carosello tra onere della prova, inesistenza e inerenza

MARCHESELLI, Alberto
2012-01-01

Abstract

Tra gli argomenti di maggiore importanza pratica e di maggiore spessore concettuale che agitano la giurisprudenza vi è senza dubbio una serie di questioni concernenti il contrasto delle frodi fiscali e in particolare delle frodi nella riscossione dell’iva. Tra i profili meno praticati (ma non meno importanti) si segnala, in primo luogo, il problema della prova della esistenza (o della inesistenza della operazione) ai fini del riconoscimento (o disconoscimento) della deduzione e detrazione. La giurisprudenza oscilla in proposito tra affermazioni apparentemente contrapposte, circa la sussistenza di un onere del contribuente o dell’ufficio. Tali oscillazioni possono probabilmente razionalizzarsi opportunamente facendo ricorso al dovere di imparzialità, che implica una istruttoria diligente della P.A. e il dovere di collaborazione e buona fede del contribuente: tali due clausole generali paiono poter fornire utilissime regole di giudizio dei casi concreti. Non meno rilevanti sono, poi, le considerazioni relative all’intreccio di nozioni civilistiche (simulazione, nullità e inesistenza) e finalità di giusta repressione, nel campo della repressione delle frodi da riscossione dell’iva, ove non sempre la giurisprudenza appare rispettosa di alcuni principi cardine del diritto civile (e, correlativamente del principio di tassatività della norma penale), fraintendimento che pare creare non poche conseguenze abnormi quanto alla individuazione della norma penale applicabile. L’ultima parte dell’articolo esamina infine la rilevanza, che appare assai dubbia, dei riferimenti alle nozioni di inerenza ed economicità della condotta. La repressione delle frodi tributarie appare, insomma, finora affidata a iniziative della giurisprudenza che appaiono più apprezzabili nelle intenzioni che nella scelta degli strumenti tecnici adottati.
2012
80
1
40
frodi fiscali; onere delle prova; inesistenza; inerenza
Alberto Marcheselli
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