Muovendo dalla ricostruzione degli echi di Lucano e dai riferimenti contenuti nelle altre opere di Dante, si cerca di meglio definire lo statuto del personaggio di Catone nel I canto del Purgatorio. Catone non è soltanto il guardiano dell’antipurgatorio, ma il garante dell’intero processo di purificazione che nel secondo regno ha luogo, in virtù della sua rappresentazione quale vittima innocente che si offre in sacrificio per la salvezza dell’umanità. La libertà di cui parla non è la libertà politica, se non in quanto prefigurazione della superiore libertà dal peccato, e il suo suicidio ad Utica non ha lo scopo di raggiungere la libertà, che per il sapiente stoico è un possesso indipendente dalle circostanze esterne, ma di testimoniarne il valore e renderne possibile l’acquisto agli altri. In tal senso, è omologo del sacrificio di Cristo in croce. Ma di fronte alla generale condanna del suicidio che trova nella teologia cristiana, Dante, pur salvando l’eroe classico per l’eccezionalità e la nobiltà dell’intento che lo ha mosso, non può non riconoscervi una componente grave di colpa, che deve essere espiata. L’iperbolica pena imposta all’unico suicida destinato alla salvezza è di dimorare nell’antipurgatorio fino alla fine dei tempi, continuando a prestare la propria opera di guida delle anime purganti.
La custodia, la vera libertà, la colpa, la pena. Ancora sul Catone dantesco
BOGGIONE, Valter
2012-01-01
Abstract
Muovendo dalla ricostruzione degli echi di Lucano e dai riferimenti contenuti nelle altre opere di Dante, si cerca di meglio definire lo statuto del personaggio di Catone nel I canto del Purgatorio. Catone non è soltanto il guardiano dell’antipurgatorio, ma il garante dell’intero processo di purificazione che nel secondo regno ha luogo, in virtù della sua rappresentazione quale vittima innocente che si offre in sacrificio per la salvezza dell’umanità. La libertà di cui parla non è la libertà politica, se non in quanto prefigurazione della superiore libertà dal peccato, e il suo suicidio ad Utica non ha lo scopo di raggiungere la libertà, che per il sapiente stoico è un possesso indipendente dalle circostanze esterne, ma di testimoniarne il valore e renderne possibile l’acquisto agli altri. In tal senso, è omologo del sacrificio di Cristo in croce. Ma di fronte alla generale condanna del suicidio che trova nella teologia cristiana, Dante, pur salvando l’eroe classico per l’eccezionalità e la nobiltà dell’intento che lo ha mosso, non può non riconoscervi una componente grave di colpa, che deve essere espiata. L’iperbolica pena imposta all’unico suicida destinato alla salvezza è di dimorare nell’antipurgatorio fino alla fine dei tempi, continuando a prestare la propria opera di guida delle anime purganti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.