L’istituto dell’affidamento, concepito per proteggere i minori privi di un ambiente familiare idoneo ma non adottabili, è talvolta utilizzato in modo distorto per finalità anche o soprattutto lavorative. Non è infrequente che il rischio di sfruttamento lavorativo del ragazzo da parte dell’affidatario sia invocato dal legislatore e dall’Amministrazione, in modo più o meno esplicito, per estendere il controllo sui flussi migratori a scapito della tutela del diritto al rispetto della vita familiare delle persone coinvolte e del principio del superiore interesse del minore. Obiettivo di questo articolo è dimostrare che l’esistenza di casi, e qualche volta addirittura di prassi, di utilizzo distorto dell’affidamento familiare per finalità lavorative, non giustifica un giudizio di disvalore formulato a priori dal legislatore e dall’Amministrazione contro l’affidamento familiare. Vi sono infatti strumenti (mi riferisco in particolare alla legge n. 184 del 1983 e al codice civile) che consentono di tutelare in concreto i minori dallo sfruttamento lavorativo, inteso, secondo il diritto italiano vigente, come coinvolgimento in qualsiasi attività lavorativa di un minore di età uguale o inferiore ai sedici anni o come induzione di un minore ultrasedicenne a svolgere lavori che per la loro tipologia o le loro condizioni siano anche solo potenzialmente pregiudizievoli per la sua salute psicofisica .

Il lavoro dei minori stranieri in affidamento familiare: tra protezione dallo sfuttamento e diritto al lavoro

LONG, JOELLE
2012-01-01

Abstract

L’istituto dell’affidamento, concepito per proteggere i minori privi di un ambiente familiare idoneo ma non adottabili, è talvolta utilizzato in modo distorto per finalità anche o soprattutto lavorative. Non è infrequente che il rischio di sfruttamento lavorativo del ragazzo da parte dell’affidatario sia invocato dal legislatore e dall’Amministrazione, in modo più o meno esplicito, per estendere il controllo sui flussi migratori a scapito della tutela del diritto al rispetto della vita familiare delle persone coinvolte e del principio del superiore interesse del minore. Obiettivo di questo articolo è dimostrare che l’esistenza di casi, e qualche volta addirittura di prassi, di utilizzo distorto dell’affidamento familiare per finalità lavorative, non giustifica un giudizio di disvalore formulato a priori dal legislatore e dall’Amministrazione contro l’affidamento familiare. Vi sono infatti strumenti (mi riferisco in particolare alla legge n. 184 del 1983 e al codice civile) che consentono di tutelare in concreto i minori dallo sfruttamento lavorativo, inteso, secondo il diritto italiano vigente, come coinvolgimento in qualsiasi attività lavorativa di un minore di età uguale o inferiore ai sedici anni o come induzione di un minore ultrasedicenne a svolgere lavori che per la loro tipologia o le loro condizioni siano anche solo potenzialmente pregiudizievoli per la sua salute psicofisica .
2012
2
132
142
J. LONG
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