La Vita della beata Caterina da Racconigi è un’ampia compilazione in volgare settentrionale, tramandata da un codice inedito conservato presso l’Archivio Parrocchiale di Garessio, redatta tra il 1522 e il 1525. Il documento è in possesso di un indubbio valore per molteplici ragioni: dal punto di vista filologico, l’esemplare merita attenzione in quanto costituisce una delle fonti di cui si servì Gianfrancesco Pico della Mirandola per la stesura del Compendio delle cose mirabili di Caterina da Racconigi (1532), la biografia più nota della domenicana, della quale è stata recentemente pubblicata l’edizione critica. Secondo una prospettiva storico-linguistica, l’opera fornisce una nuova e originale testimonianza del clima culturale del Piemonte del primo ’500, un clima che rileva l’iniziale aspirazione degli intellettuali pedemontani verso l’adozione di una lingua standard sovraregionale, condizionata dai modelli letterari toscani, ma che contestualmente tradisce l’ancora pressoché intatta vitalità delle scriptae settentrionali di dominio locale e subregionale, a dimostrazione di un processo di italianizzazione lungi dall’essere giunto a completa maturazione. Si tratta, infine, di una delle prime testimonianze scritte dell'uso del volgare nell'area sud-occidentale del territorio considerato: il luogo di composizione, Garessio, piccolo borgo del cuneese collocato sullo spartiacque padano-ligure, crocevia tra le Alpi Marittime e l’alta Langa, è infatti ambiente fino ad allora mancante di documenti caratterizzati da un’aspirazione pseudoletteraria di così vasto respiro. Il contributo esamina la lingua dell’esemplare in vista della prossima edizione critica del testo.

Un nuovo contributo allo studio della «koinè» pedemontana: spigolature linguistiche dalla «Vita della beata Caterina da Racconigi» (1522-1525)

BELLONE, Luca
2013-01-01

Abstract

La Vita della beata Caterina da Racconigi è un’ampia compilazione in volgare settentrionale, tramandata da un codice inedito conservato presso l’Archivio Parrocchiale di Garessio, redatta tra il 1522 e il 1525. Il documento è in possesso di un indubbio valore per molteplici ragioni: dal punto di vista filologico, l’esemplare merita attenzione in quanto costituisce una delle fonti di cui si servì Gianfrancesco Pico della Mirandola per la stesura del Compendio delle cose mirabili di Caterina da Racconigi (1532), la biografia più nota della domenicana, della quale è stata recentemente pubblicata l’edizione critica. Secondo una prospettiva storico-linguistica, l’opera fornisce una nuova e originale testimonianza del clima culturale del Piemonte del primo ’500, un clima che rileva l’iniziale aspirazione degli intellettuali pedemontani verso l’adozione di una lingua standard sovraregionale, condizionata dai modelli letterari toscani, ma che contestualmente tradisce l’ancora pressoché intatta vitalità delle scriptae settentrionali di dominio locale e subregionale, a dimostrazione di un processo di italianizzazione lungi dall’essere giunto a completa maturazione. Si tratta, infine, di una delle prime testimonianze scritte dell'uso del volgare nell'area sud-occidentale del territorio considerato: il luogo di composizione, Garessio, piccolo borgo del cuneese collocato sullo spartiacque padano-ligure, crocevia tra le Alpi Marittime e l’alta Langa, è infatti ambiente fino ad allora mancante di documenti caratterizzati da un’aspirazione pseudoletteraria di così vasto respiro. Il contributo esamina la lingua dell’esemplare in vista della prossima edizione critica del testo.
2013
CVI-CVII
17
34
Linguistica e Filologia Romanza; Linguistica e Filologia Italiana
Luca Bellone
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