Il panorama dell’insegnamento secondario nell’Italia unificata era caratterizzato da una notevole frammentarietà che, per quanto concerne i professori, si manifestava nella formazione, nelle modalità di reclutamento e nella carriera: una frammentarietà che era certo in gran parte un portato delle differenti tradizioni culturali e scolastiche preunitarie, ma cui fu difficile trovare rimedio e che anzi fu perpetuata dalle sommarie procedure di reclutamento dei nuovi docenti, dalla conferma di molti dei vecchi, e dalla complicata gerarchia professionale. La modestia della preparazione che contrassegnava una cospicua parte di questo corpo raccogliticcio ma anche la riluttanza a operare un miglioramento deciso delle sue condizioni mise subito in crisi il progetto di uniformare verso l’alto i percorsi formativi che si coglie nella legge Casati, la quale esigeva dai futuri professori addirittura il possesso della laurea e il concorso, salvo in caso di chiara fama. Tali requisiti erano adeguati all’alto livello richiesto alla secondaria e ai suoi cruciali compiti, quelli cioè di garantire l’unificazione culturale e l’adeguamento alle nuove istituzioni degli sparsi ceti medi italiani, collocati nella posizione strategica di cerniera tra le elite dirigenti e un popolo da incivilire. All’interno della stessa Casati erano però previste delle eccezioni, poi largamente sfruttate, che consentivano procedure di selezione e reclutamento meno rigorose. Solo a Ottocento avanzato si affacciarono nuove leve di insegnanti, spesso con un ottimo curriculum di studi, cui la professione, per quanto modesta nelle prospettive di stipendio e carriera, appariva comunque relativamente appetibile, anche per la difficoltà di trovare altri sbocchi occupazionali. Fallì tuttavia il tentativo di creare specifiche competenze didattiche, dal momento che iniziative come le Scuole di Magistero andarono pressoché deserte, mentre la Normale di Pisa si orientò, di fatto, alla formazione di docenti universitari. Furono soprattutto le Università del Centro Nord a laureare insegnanti che vennero a colmare i posti vacanti nelle scuole del Mezzogiorno. L’incontro con la scuola meridionale, carente sotto molti punti di vista, e con la società locale fu spesso traumatico e all’insegna dell’incomprensione reciproca. Segno delle trasformazione della condizione insegnante e soprattutto della mutata percezione del proprio ruolo fu il costituirsi, a partire dagli anni Ottanta, di associazioni di docenti, con un profilo apolitico, che rivendicavano uno stato giuridico e stipendi più adeguati al proprio livello professionale. Si trattava di associazioni ancora elitarie, che riunivano personaggi di notevole spessore intellettuale, ma nel complesso isolati in una categoria ancora molto differenziata e divisa nelle rivendicazioni, quando non timorosa di ritorsioni da parte delle autorità scolastiche. Esse quindi non erano in grado di incidere significativamente sulla politica scolastica, al contrario di quanto sarebbe avvenuto, nel nuovo secolo, in un clima politico profondamente mutato, con la più combattiva FNISM.

I professori

DE FORT, Ester
2013-01-01

Abstract

Il panorama dell’insegnamento secondario nell’Italia unificata era caratterizzato da una notevole frammentarietà che, per quanto concerne i professori, si manifestava nella formazione, nelle modalità di reclutamento e nella carriera: una frammentarietà che era certo in gran parte un portato delle differenti tradizioni culturali e scolastiche preunitarie, ma cui fu difficile trovare rimedio e che anzi fu perpetuata dalle sommarie procedure di reclutamento dei nuovi docenti, dalla conferma di molti dei vecchi, e dalla complicata gerarchia professionale. La modestia della preparazione che contrassegnava una cospicua parte di questo corpo raccogliticcio ma anche la riluttanza a operare un miglioramento deciso delle sue condizioni mise subito in crisi il progetto di uniformare verso l’alto i percorsi formativi che si coglie nella legge Casati, la quale esigeva dai futuri professori addirittura il possesso della laurea e il concorso, salvo in caso di chiara fama. Tali requisiti erano adeguati all’alto livello richiesto alla secondaria e ai suoi cruciali compiti, quelli cioè di garantire l’unificazione culturale e l’adeguamento alle nuove istituzioni degli sparsi ceti medi italiani, collocati nella posizione strategica di cerniera tra le elite dirigenti e un popolo da incivilire. All’interno della stessa Casati erano però previste delle eccezioni, poi largamente sfruttate, che consentivano procedure di selezione e reclutamento meno rigorose. Solo a Ottocento avanzato si affacciarono nuove leve di insegnanti, spesso con un ottimo curriculum di studi, cui la professione, per quanto modesta nelle prospettive di stipendio e carriera, appariva comunque relativamente appetibile, anche per la difficoltà di trovare altri sbocchi occupazionali. Fallì tuttavia il tentativo di creare specifiche competenze didattiche, dal momento che iniziative come le Scuole di Magistero andarono pressoché deserte, mentre la Normale di Pisa si orientò, di fatto, alla formazione di docenti universitari. Furono soprattutto le Università del Centro Nord a laureare insegnanti che vennero a colmare i posti vacanti nelle scuole del Mezzogiorno. L’incontro con la scuola meridionale, carente sotto molti punti di vista, e con la società locale fu spesso traumatico e all’insegna dell’incomprensione reciproca. Segno delle trasformazione della condizione insegnante e soprattutto della mutata percezione del proprio ruolo fu il costituirsi, a partire dagli anni Ottanta, di associazioni di docenti, con un profilo apolitico, che rivendicavano uno stato giuridico e stipendi più adeguati al proprio livello professionale. Si trattava di associazioni ancora elitarie, che riunivano personaggi di notevole spessore intellettuale, ma nel complesso isolati in una categoria ancora molto differenziata e divisa nelle rivendicazioni, quando non timorosa di ritorsioni da parte delle autorità scolastiche. Esse quindi non erano in grado di incidere significativamente sulla politica scolastica, al contrario di quanto sarebbe avvenuto, nel nuovo secolo, in un clima politico profondamente mutato, con la più combattiva FNISM.
2013
L’istruzione secondaria nell’Italia unita 1861-1901
ANGELI
Storia/Studi e ricerche
88
102
9788820453305
http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=21508&Tipo=Libro&titolo=L+istruzione+secondaria+nell+Italia+unita.+1861-1901
associazionismo dei professori; Legge Casati; scuola secondaria secolo XIX; Università XIX secolo; insegnanti XIX secolo
E. DE FORT
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/142993
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