Con la sentenza commentata (n. 278 del 2013), la Corte costituzionale ritorna sul tema del diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini pur quando sia nato da c.d. parto anonimo, ossia nel particolare caso in cui la madre biologica si sia avvalsa, al momento del parto, del diritto all’anonimato. La questione è sollevata in termini sostanzialmente analoghi a quella conclusasi con la precedente sentenza n. 425 del 2005; il dispositivo è però diametralmente opposto: nel 2005 la Corte concluse con una pronuncia di infondatezza; nel 2013, con una pronuncia di fondatezza. Il raffronto tra le due pronunce è, dunque, inevitabile. Tre i punti di riflessione che l'A. mette in rilievo: I. la motivazione di entrambe le decisioni gravita intorno alla valutazione sulla ragionevolezza della disciplina censurata, cioè sul suo essere il risultato di un buon bilanciamento tra i diritti inviolabili invocati: ciò che muta, però, è la determinazione, da parte della Corte, degli interessi costituzionalmente rilevanti; II. la diversa “mappatura” dei diritti coinvolti dipende, senza dubbio, dalla sentenza della Corte EDU (CORTE EUR. DIR. UOMO, 25.09.2012, infra, sez. III), anche se la Corte costituzionale si avvale di argomentazioni autonome e dichiara assorbito il riferimento come parametro all’art. 117 Cost.; III. in linea con le esigenze di bilanciamento ricostruite nella motivazione, la decisione della Corte è una sentenza additiva di principio (la disposizione è incostituzionale nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di valutare la persistente volontà della madre di avvalersi dell’anonimato), che però contiene anche, nel dispositivo, un monito, rivolto al legislatore, sul «modo di provvedere» (è fatto obbligo al legislatore di prevedere un procedimento di accertamento della volontà della madre che ne assicuri la massima riservatezza): una “combinazione” di tecniche di decisione, foriera (almeno a prima lettura) di incertezze in sede di applicazione.

Quando da un dispositivo d'incostituzionalità possono derivare incertezze

MARCENO', Valeria Giusi Francesca
2014-01-01

Abstract

Con la sentenza commentata (n. 278 del 2013), la Corte costituzionale ritorna sul tema del diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini pur quando sia nato da c.d. parto anonimo, ossia nel particolare caso in cui la madre biologica si sia avvalsa, al momento del parto, del diritto all’anonimato. La questione è sollevata in termini sostanzialmente analoghi a quella conclusasi con la precedente sentenza n. 425 del 2005; il dispositivo è però diametralmente opposto: nel 2005 la Corte concluse con una pronuncia di infondatezza; nel 2013, con una pronuncia di fondatezza. Il raffronto tra le due pronunce è, dunque, inevitabile. Tre i punti di riflessione che l'A. mette in rilievo: I. la motivazione di entrambe le decisioni gravita intorno alla valutazione sulla ragionevolezza della disciplina censurata, cioè sul suo essere il risultato di un buon bilanciamento tra i diritti inviolabili invocati: ciò che muta, però, è la determinazione, da parte della Corte, degli interessi costituzionalmente rilevanti; II. la diversa “mappatura” dei diritti coinvolti dipende, senza dubbio, dalla sentenza della Corte EDU (CORTE EUR. DIR. UOMO, 25.09.2012, infra, sez. III), anche se la Corte costituzionale si avvale di argomentazioni autonome e dichiara assorbito il riferimento come parametro all’art. 117 Cost.; III. in linea con le esigenze di bilanciamento ricostruite nella motivazione, la decisione della Corte è una sentenza additiva di principio (la disposizione è incostituzionale nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di valutare la persistente volontà della madre di avvalersi dell’anonimato), che però contiene anche, nel dispositivo, un monito, rivolto al legislatore, sul «modo di provvedere» (è fatto obbligo al legislatore di prevedere un procedimento di accertamento della volontà della madre che ne assicuri la massima riservatezza): una “combinazione” di tecniche di decisione, foriera (almeno a prima lettura) di incertezze in sede di applicazione.
2014
4
279
289
ragionevolezza; adozione dei minori
V. Marcenò
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