Fra il 1899 e il 1903 il canonico francese Ulysse Chevalier pubblicò diversi studi sulla storia della Sindone di Torino, per dimostrare l’origine medievale della reliquia e narrare, sulla base dei documenti, le tormentate vicende delle sue origini. Il canonico raccolse un ampio consenso non soltanto di laici, ma anche di storici cattolici, biblisti ed ecclesiastici suoi contemporanei. Ma alcuni sostenitori dell’autenticità della Sindone, impossibilitati a confutare gli studi di Chevalier, si proposero di ridurlo al silenzio facendolo condannare dalla Santa Sede, e lo denunciarono. Fu aperto un processo a suo carico, ma la commissione incaricata di studiare il caso si orientò favorevolmente verso di lui, convincendosi della bontà dei suoi scritti e della non autenticità della Sindone. Pare che anche papa Leone XIII se ne fosse persuaso: non sustinetur, furono le sue parole. Essendo la famosa reliquia proprietà personale del re d’Italia, si preferì tuttavia non prendere alcuna decisione ufficiale, costringendo Chevalier a tacere. In seguito il silenzio e la censura calarono sul risultato del processo; anzi, si negò che esso fosse mai avvenuto. Questo saggio, che pubblica e interpreta per la prima volta sia la documentazione processuale della Santa Sede sia la corrispondenza personale dello studioso francese, ricostruisce nei particolari l’intera vicenda e la rilegge nel contesto in cui essa si è svolta, in un momento di profonda tensione culturale all’interno della Chiesa e alle soglie della crisi modernista.

Il processo negato. Un inedito parere della Santa Sede sull’autenticità della Sindone

NICOLOTTI, ANDREA
2015-01-01

Abstract

Fra il 1899 e il 1903 il canonico francese Ulysse Chevalier pubblicò diversi studi sulla storia della Sindone di Torino, per dimostrare l’origine medievale della reliquia e narrare, sulla base dei documenti, le tormentate vicende delle sue origini. Il canonico raccolse un ampio consenso non soltanto di laici, ma anche di storici cattolici, biblisti ed ecclesiastici suoi contemporanei. Ma alcuni sostenitori dell’autenticità della Sindone, impossibilitati a confutare gli studi di Chevalier, si proposero di ridurlo al silenzio facendolo condannare dalla Santa Sede, e lo denunciarono. Fu aperto un processo a suo carico, ma la commissione incaricata di studiare il caso si orientò favorevolmente verso di lui, convincendosi della bontà dei suoi scritti e della non autenticità della Sindone. Pare che anche papa Leone XIII se ne fosse persuaso: non sustinetur, furono le sue parole. Essendo la famosa reliquia proprietà personale del re d’Italia, si preferì tuttavia non prendere alcuna decisione ufficiale, costringendo Chevalier a tacere. In seguito il silenzio e la censura calarono sul risultato del processo; anzi, si negò che esso fosse mai avvenuto. Questo saggio, che pubblica e interpreta per la prima volta sia la documentazione processuale della Santa Sede sia la corrispondenza personale dello studioso francese, ricostruisce nei particolari l’intera vicenda e la rilegge nel contesto in cui essa si è svolta, in un momento di profonda tensione culturale all’interno della Chiesa e alle soglie della crisi modernista.
2015
Viella
La corte dei papi
27
1
207
978-88-6728-494-8
Sindone, Ulysse Chevalier, inquisizione, modernismo
Nicolotti, Andrea
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