Il fenomeno delle start-up aziendali, intese come imprese nascenti, di dimensioni contenute e a carattere innovativo, ha assunto nell’ultimo ventennio un’importanza crescente in tutte le economie avanzate. Le start-up sono oggi considerate un importante agente di innovazione economica e un attore rilevante di cambiamento sociale. Si è ormai consolidato un ‘ecosistema delle start-up’, a carattere nazionale e internazionale, composto da neo-imprese, investitori – operatori tradizionali del credito, venture capitalist, fondi di private equity, business angel – e facilitatori di impresa (incubatori accademici e privati, acceleratori d’impresa, parchi tecnologici, iniziative di co-working). Nonostante questo crescente interesse, sono moltissime le start-up che falliscono non molto tempo dopo la nascita. Il tasso di sopravvivenza dipende sicuramente da molti fattori, non ultimo quello legato all’ecosistema che le ospita; al punto che qualcuno ne paragona la nascita e lo sviluppo a quello di una nuova pianta in una foresta pluviale (Horowitt e Hwang, 2012). L’Italia, tra i paesi evoluti, è purtroppo il fanalino di coda per il tasso di creazione d’impresa. Inoltre, solo il 3,4% della popolazione è impegnato in questo difficile compito, contro il 13% negli Stati Uniti (Global Entrepreneurship Monitor Italia, 2013). Oggi il fenomeno della creazione d’impresa è, nello specifico, sostenuto da una legislazione ad hoc. In Italia con la Legge 221 del 17 dicembre 2012 è stato riconosciuto, per la prima volta, lo stato giuridico della “start-up innovativa”, introducendo numerosi strumenti normativi di sostegno. Sul piano scientifico il tema ha ricevuto una crescente attenzione da parte di ricercatori di estrazione disciplinare diversa, con un aumento notevole della produzione di modelli teorici, ricerche sul campo, studi quantitativi. Pochi sono però i lavori di ricerca realizzati nel nostro paese e mirati a sviluppare conoscenza. Se è vera, infatti, l’affermazione che le start-up sono istituzioni umane studiate per creare nuovi prodotti e servizi in condizioni di estrema incertezza (Blank e Dorf, 2013), allora è altrettanto vero che queste realtà non sono la versione in piccolo delle imprese tradizionali. Le start-up richiedono regole, percorsi, abilità e strumenti decisamente diversi. Lo studio presentato in queste pagine rappresenta il primo step di un più ampio progetto che, a partire dal 2012, ha avviato un insieme di attività conoscitive e applicative legate al fenomeno delle start-up. Il progetto ha un respiro interdisciplinare e una vocazione all’azione, proponendosi di approfondire la conoscenza delle dinamiche delle neo-imprese, in vista della costruzione di metodi per la selezione, l’orientamento e la promozione del successo delle start-up.

Promuovere lo sviluppo delle start-up

CORTESE, Claudio Giovanni;GHISLIERI, Chiara;MOLINO, MONICA;MERCURI, Alessandro;
2015-01-01

Abstract

Il fenomeno delle start-up aziendali, intese come imprese nascenti, di dimensioni contenute e a carattere innovativo, ha assunto nell’ultimo ventennio un’importanza crescente in tutte le economie avanzate. Le start-up sono oggi considerate un importante agente di innovazione economica e un attore rilevante di cambiamento sociale. Si è ormai consolidato un ‘ecosistema delle start-up’, a carattere nazionale e internazionale, composto da neo-imprese, investitori – operatori tradizionali del credito, venture capitalist, fondi di private equity, business angel – e facilitatori di impresa (incubatori accademici e privati, acceleratori d’impresa, parchi tecnologici, iniziative di co-working). Nonostante questo crescente interesse, sono moltissime le start-up che falliscono non molto tempo dopo la nascita. Il tasso di sopravvivenza dipende sicuramente da molti fattori, non ultimo quello legato all’ecosistema che le ospita; al punto che qualcuno ne paragona la nascita e lo sviluppo a quello di una nuova pianta in una foresta pluviale (Horowitt e Hwang, 2012). L’Italia, tra i paesi evoluti, è purtroppo il fanalino di coda per il tasso di creazione d’impresa. Inoltre, solo il 3,4% della popolazione è impegnato in questo difficile compito, contro il 13% negli Stati Uniti (Global Entrepreneurship Monitor Italia, 2013). Oggi il fenomeno della creazione d’impresa è, nello specifico, sostenuto da una legislazione ad hoc. In Italia con la Legge 221 del 17 dicembre 2012 è stato riconosciuto, per la prima volta, lo stato giuridico della “start-up innovativa”, introducendo numerosi strumenti normativi di sostegno. Sul piano scientifico il tema ha ricevuto una crescente attenzione da parte di ricercatori di estrazione disciplinare diversa, con un aumento notevole della produzione di modelli teorici, ricerche sul campo, studi quantitativi. Pochi sono però i lavori di ricerca realizzati nel nostro paese e mirati a sviluppare conoscenza. Se è vera, infatti, l’affermazione che le start-up sono istituzioni umane studiate per creare nuovi prodotti e servizi in condizioni di estrema incertezza (Blank e Dorf, 2013), allora è altrettanto vero che queste realtà non sono la versione in piccolo delle imprese tradizionali. Le start-up richiedono regole, percorsi, abilità e strumenti decisamente diversi. Lo studio presentato in queste pagine rappresenta il primo step di un più ampio progetto che, a partire dal 2012, ha avviato un insieme di attività conoscitive e applicative legate al fenomeno delle start-up. Il progetto ha un respiro interdisciplinare e una vocazione all’azione, proponendosi di approfondire la conoscenza delle dinamiche delle neo-imprese, in vista della costruzione di metodi per la selezione, l’orientamento e la promozione del successo delle start-up.
2015
265
giugno/luglio 2015
69
78
http://www.este.it/ufiles/files/UID939GJW552YTP.pdf
Cortese, C.G.; Ghislieri, C.; Molino, M.; Mercuri, A.; Colombelli, A.; Paolucci, E.; Cantamessa, M.
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