Nel proliferare di progetti dedicati al sostegno della cura alle persone non autosufficienti e al raccordo tra domanda e offerta, ciò che scarseggia è il momento della valutazione. In che misura gli Sportelli funzionano? Cosa ne pensano gli utenti? Quali aspetti sono da migliorare? Quali rischi corre l’impostazione attuale? È a questa esigenza che intende rispondere il presente testo che rappresenta il momento conclusivo di un processo di ricerca : fornire un riscontro sui punti di forza e di debolezza, sui rischi futuri e sulle potenzialità dei progetti AFRI, per facilitare successive implementazioni. E il momento, se vogliamo, è propizio. Mentre scriviamo queste riflessioni, la Provincia di Torino ha smesso di esistere come ente locale ed è diventata Area metropolitana, con caratteristiche territoriali e amministrative nuove. Si apre quindi la possibilità di una fase di riprogettazione dei servizi in cui vi è per il decisore politico l’occasione di cogliere suggerimenti, indicazioni, valutazioni su sperimentazioni di welfare mix, come quella degli Sportelli AFRI. Essi sono meritevoli di attenzione per diversi motivi: a) si propongono come Progetti di assistenza familiare fondati su reti integrate; b) sono orientati a favorire l’incontro tra necessità di cura di anziani e delle loro famiglie e le richieste di l’inserimento e permanenza nel mondo del lavoro espresse dalle assistenti familiari ; c) promuovono l’emersione del lavoro irregolare e non tutelato; d) offrono la possibilità di effettuare un percorso di formazione a chi si propone come assistente familiare; e) sono un chiaro esempio di welfare mix , in quanto elaborano modelli innovativi di servizi domiciliari, favorendo sinergie tra i vari attori del welfare locale.Il volume si compone di sei capitoli. Il primo contributo, di Maurizio Motta, affronta alcune questioni centrali per ciò che concerne l’assistenza privata alla persona: l’autore si chiede se in questo momento le persone non autosufficienti e le loro famiglie hanno bisogno di assistenti familiari oppure se hanno bisogno di denaro per assumerle. A queste domande è necessario rispondere, secondo Motta, che le famiglie hanno bisogno soprattutto di un “sistema delle cure” che diventi una componente strutturale del welfare pubblico. Il contributo si snoda attorno alle criticità di queste risposte di policy ripercorrendo innanzitutto il tema della esigibilità dei diritti di assistenza. Si tratta, secondo l’autore, di diritti “fragili”: i livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali enunciano, infatti, che deve esistere una prestazione, ma non definiscono un set di base di contenuti, contorni e quantità (ad esempio quante ore di assistenza erogare per grado di non autosufficienza oppure i tempi di attesa per le prestazioni). Ne deriva che gli interventi di assistenza al domicilio per non autosufficienti dipendono, di fatto integralmente, sia dalle risorse disponibili che dalle scelte regionali e locali. Si tratta di un processo irreversibile o ci possono essere strade alternative? L’autore, fornendo diversi esempi e analizzando le intersezioni tra interventi del welfare, dimostra che è possibile pensare che qualità e quantità delle prestazioni socio-sanitarie possano essere garantite senza dipendere dalla risorse disponibili in un dato momento. A partire da una articolata riflessione sui modi di offrire assistenza l’autore si interroga poi sull’inserimento delle assistenti familiari nel sistema delle cure, soffermandosi sul ruolo dell’incentivo economico e della valorizzazione delle competenze dell’assistente familiare quali strumenti per far emergere rapporti di lavoro non formalizzati. I capitoli secondo e terzo di Miranda Andreazza e Giorgio Risso sono, invece, dedicati alle origini (capitolo secondo) e alla realizzazione degli Sportelli A.F.R.I (Capitolo terzo). Nel capitolo secondo si descrivono le esperienze pregresse che ne hanno influenzato l’elaborazione dei Progetti AFRI, come ad esempio il Progetto VELA, sviluppatosi nella Città di Torino, e il Programma PARI che si è articolato con due differenti modalità nel territorio provinciale. La riflessione prende avvio dall’analisi del lavoro domestico e di cura in Italia e sulla sua regolazione attraverso il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Lavoro Domestico introdotto nel 2007, per ragionare sui punti di forza del modello di implementazione dei servizi dedicati all’assistenza familiare previsto dalla Regione Piemonte. Il capitolo prosegue quindi con la descrizione degli aspetti principali del bando della Regione Piemonte, attraverso cui sono stati finanziati i Progetti AFRI realizzati dalla Provincia di Torino, avente per oggetto l’implementazione dei servizi nell’area dell’assistenza familiare attraverso lo sviluppo di reti locali. Seguono una descrizione dettagliata delle linee comuni dei Progetti AFRI e un approfondimento sulla certificazione e sul riconoscimento delle competenze formali, informali e non formali delle assistenti familiari. Il terzo capitolo si articola attorno alla descrizione del modello che si è sviluppato nel contesto della Città di Torino e della Provincia. L’applicazione del sistema integrato per l’assistenza familiare ha prodotto due differenti progettualità, AFRI TO e AFRI PRO, che hanno tenuto conto delle peculiarità dei due territori; nella Città di Torino, oltre a osservare una diversa composizione della popolazione residente, è presente una rete formata da associazioni che si occupano di lavoro di cura e che forniscono assistenza e consulenza ai cittadini stranieri e un forte servizio strutturato dai Servizi Sociali del Comune, mentre la Provincia si caratterizza per una consolidata presenza e collaborazione tra Centri per l’impiego ed Enti gestori dei servizi socio-assistenziali (enti che gestiscono i servizi per conto di più Comuni). I capitoli quarto e quinto sono dedicati alla presentazione dei risultati della ricerca qualitativa condotta nel 2013 dai ricercatori del Dipartimento di Culture, Politica e Società. L’indagine si inserisce nell’ambito dei progetti A.F.R.I. con l’obiettivo di individuare alcuni aspetti cruciali del sistema integrato di servizi in vista di una sua generalizzazione futura. Due gli obiettivi perseguiti: a) monitorare il processo di incontro domanda – offerta con famiglie che hanno utilizzato il servizio offerto dai Centri per l’impiego per assumere assistenti familiari; b) analizzare la relazione tra famiglie e assistenti familiari per quanto riguarda le competenze ritenute fondamentali nel processo di assistenza. Il primo obiettivo è trattato nel capitolo quarto da me curato. La riflessione ruota attorno ai principali punti di forza, di debolezza e ai possibili rischi futuri che emergono dai Focus Group e dalle interviste telefoniche. Utilizzando il corpus di materiale raccolto il capitolo illustra le modalità con cui gli Sportelli dimostrano di rispondere ai bisogni di assistenza espressi dagli utenti, ragionando sugli aspetti positivi della sperimentazione (come ad esempio la capacità degli operatori degli sportelli di sapersi dimostrare dei punti di riferimento per le famiglie degli utenti non autosufficienti), gli aspetti da modificare perché non funzionano (come ad esempio la necessità di potenziare la comunicazione esterna) e i rischi futuri (come ad esempio la sostenibilità del modello a livello regionale). Il secondo obiettivo è invece oggetto di discussione del capitolo quinto di Valeria Cappellato e Francesca Salivotti. Le autrici discutono nella prima parte del capitolo le motivazioni che portano le famiglie a cercare un’assistente familiare, come ad esempio la necessità di fornire una cura continuativa al proprio domicilio al familiare anziano non autosufficiente. L’analisi mette in chiaro le criticità di un rapporto di lavoro che si struttura attorno alla cura: da un lato il rapporto si prefigura come l’incontro di diverse necessità, quella dell’assistente familiare che ha bisogno di lavorare, quella della famiglia che deve trovare un supporto e quelle dell’anziano che ha specifiche necessità di cura; d’altro canto le aspettative dei familiari possono pregiudicare la qualità del rapporto stesso con l’assistente familiare: ad esempio, l’enfasi posta dai familiari sulla dimensione relazionale del lavoro di cura (che loro traducono in disponibilità e flessibilità delle assistenti familiari) struttura un sistema di aspettative che può essere disatteso da quelle assistenti familiari che si pongono nella relazione come lavoratrici e quindi legate alla dimensione professionale e al calcolo economico del rapporto. La riflessione delle autrici si sposta poi sulle competenze che l’assistente familiare, secondo i parenti della persona assistita, dovrebbe avere nel lavoro di cura. Ne emerge una complessa articolazione in cui si intrecciano profili di competenza talvolta dissonanti, come ad esempio la capacità di dimostrare affetto e coinvolgimento emotivo verso l’assistito e contemporaneamente quella di non dimostrare le proprie emozioni e saper gestire il disagio che può derivare dal rapporto con l’assistito. Infine il contributo presenta una riflessione conclusiva sulle criticità del sistema delle cure per le persone anziane non autosufficienti, con uno specifico affondo sull’integrazione dei servizi. Il capitolo conclusivo di Roberto Albano offre una valutazione degli esiti dei Progetti AFRI e della loro sostenibilità nel caso si decida di uscire dalla situazione sperimentale. Nella prima parte del contributo l’autore analizza alcuni elementi del contesto territoriale attinenti alle linee di intervento programmatiche, le finalità generali dichiarate dei Progetti, le azioni specifiche mirate a realizzare tali fini, le linee generali della configurazione e del disegno organizzativo e le peculiarità rispetto ad altre modalità di gestione dell’incontro tra domanda e offerta nel settore delle cure domiciliari agli anziani non autosufficienti. Nella parte finale sono, invece, sviluppate due analisi, una sui limiti dei progetti e l’altra sulle future linee di sviluppo. L’autore in particolare discute limiti e potenzialità che si collocano a più livelli: a) limiti legati al contesto istituzionale e territoriale (ad esempio la limitatezza delle risorse e la generalizzabilità del modello a tutta la popolazione piemontese o la sostenibilità di un modello che implica che i familiari si trasformino a tutti gli effetti in datori di lavoro); b) limiti legati alla debolezza del sistema di welfare italiano (ad esempio la mancanza di garanzie della esigibilità dei diritti o la mancanza di un sistema informativo organico dei servizi di welfare); c) aspetti specifici su cui lavorare per migliorare il modello: qui l’autore si sofferma su diverse leve di cambiamento come, ad esempio, la questione cruciale dell’accreditamento e della formazione degli/delle assistenti familiari e la condivisione degli elenchi aggiornati con gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, che hanno bisogno di persone referenziate da segnalare a chi è inserito in un percorso sanitario-assistenziale, o ancora la creazione di un osservatorio permanente delle famiglie che si rivolgono al servizio, da integrare con quello dei servizi sociali, coinvolgendo l’università e gli enti di formazione professionale per il monitoraggio dei bisogni legati all’assistenza familiare.

Sportelli e servizi per l'assistenza familiare. Sperimentazioni di welfare mix nella provincia di Torino

TORRIONI, Paola Maria
2015-01-01

Abstract

Nel proliferare di progetti dedicati al sostegno della cura alle persone non autosufficienti e al raccordo tra domanda e offerta, ciò che scarseggia è il momento della valutazione. In che misura gli Sportelli funzionano? Cosa ne pensano gli utenti? Quali aspetti sono da migliorare? Quali rischi corre l’impostazione attuale? È a questa esigenza che intende rispondere il presente testo che rappresenta il momento conclusivo di un processo di ricerca : fornire un riscontro sui punti di forza e di debolezza, sui rischi futuri e sulle potenzialità dei progetti AFRI, per facilitare successive implementazioni. E il momento, se vogliamo, è propizio. Mentre scriviamo queste riflessioni, la Provincia di Torino ha smesso di esistere come ente locale ed è diventata Area metropolitana, con caratteristiche territoriali e amministrative nuove. Si apre quindi la possibilità di una fase di riprogettazione dei servizi in cui vi è per il decisore politico l’occasione di cogliere suggerimenti, indicazioni, valutazioni su sperimentazioni di welfare mix, come quella degli Sportelli AFRI. Essi sono meritevoli di attenzione per diversi motivi: a) si propongono come Progetti di assistenza familiare fondati su reti integrate; b) sono orientati a favorire l’incontro tra necessità di cura di anziani e delle loro famiglie e le richieste di l’inserimento e permanenza nel mondo del lavoro espresse dalle assistenti familiari ; c) promuovono l’emersione del lavoro irregolare e non tutelato; d) offrono la possibilità di effettuare un percorso di formazione a chi si propone come assistente familiare; e) sono un chiaro esempio di welfare mix , in quanto elaborano modelli innovativi di servizi domiciliari, favorendo sinergie tra i vari attori del welfare locale.Il volume si compone di sei capitoli. Il primo contributo, di Maurizio Motta, affronta alcune questioni centrali per ciò che concerne l’assistenza privata alla persona: l’autore si chiede se in questo momento le persone non autosufficienti e le loro famiglie hanno bisogno di assistenti familiari oppure se hanno bisogno di denaro per assumerle. A queste domande è necessario rispondere, secondo Motta, che le famiglie hanno bisogno soprattutto di un “sistema delle cure” che diventi una componente strutturale del welfare pubblico. Il contributo si snoda attorno alle criticità di queste risposte di policy ripercorrendo innanzitutto il tema della esigibilità dei diritti di assistenza. Si tratta, secondo l’autore, di diritti “fragili”: i livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali enunciano, infatti, che deve esistere una prestazione, ma non definiscono un set di base di contenuti, contorni e quantità (ad esempio quante ore di assistenza erogare per grado di non autosufficienza oppure i tempi di attesa per le prestazioni). Ne deriva che gli interventi di assistenza al domicilio per non autosufficienti dipendono, di fatto integralmente, sia dalle risorse disponibili che dalle scelte regionali e locali. Si tratta di un processo irreversibile o ci possono essere strade alternative? L’autore, fornendo diversi esempi e analizzando le intersezioni tra interventi del welfare, dimostra che è possibile pensare che qualità e quantità delle prestazioni socio-sanitarie possano essere garantite senza dipendere dalla risorse disponibili in un dato momento. A partire da una articolata riflessione sui modi di offrire assistenza l’autore si interroga poi sull’inserimento delle assistenti familiari nel sistema delle cure, soffermandosi sul ruolo dell’incentivo economico e della valorizzazione delle competenze dell’assistente familiare quali strumenti per far emergere rapporti di lavoro non formalizzati. I capitoli secondo e terzo di Miranda Andreazza e Giorgio Risso sono, invece, dedicati alle origini (capitolo secondo) e alla realizzazione degli Sportelli A.F.R.I (Capitolo terzo). Nel capitolo secondo si descrivono le esperienze pregresse che ne hanno influenzato l’elaborazione dei Progetti AFRI, come ad esempio il Progetto VELA, sviluppatosi nella Città di Torino, e il Programma PARI che si è articolato con due differenti modalità nel territorio provinciale. La riflessione prende avvio dall’analisi del lavoro domestico e di cura in Italia e sulla sua regolazione attraverso il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Lavoro Domestico introdotto nel 2007, per ragionare sui punti di forza del modello di implementazione dei servizi dedicati all’assistenza familiare previsto dalla Regione Piemonte. Il capitolo prosegue quindi con la descrizione degli aspetti principali del bando della Regione Piemonte, attraverso cui sono stati finanziati i Progetti AFRI realizzati dalla Provincia di Torino, avente per oggetto l’implementazione dei servizi nell’area dell’assistenza familiare attraverso lo sviluppo di reti locali. Seguono una descrizione dettagliata delle linee comuni dei Progetti AFRI e un approfondimento sulla certificazione e sul riconoscimento delle competenze formali, informali e non formali delle assistenti familiari. Il terzo capitolo si articola attorno alla descrizione del modello che si è sviluppato nel contesto della Città di Torino e della Provincia. L’applicazione del sistema integrato per l’assistenza familiare ha prodotto due differenti progettualità, AFRI TO e AFRI PRO, che hanno tenuto conto delle peculiarità dei due territori; nella Città di Torino, oltre a osservare una diversa composizione della popolazione residente, è presente una rete formata da associazioni che si occupano di lavoro di cura e che forniscono assistenza e consulenza ai cittadini stranieri e un forte servizio strutturato dai Servizi Sociali del Comune, mentre la Provincia si caratterizza per una consolidata presenza e collaborazione tra Centri per l’impiego ed Enti gestori dei servizi socio-assistenziali (enti che gestiscono i servizi per conto di più Comuni). I capitoli quarto e quinto sono dedicati alla presentazione dei risultati della ricerca qualitativa condotta nel 2013 dai ricercatori del Dipartimento di Culture, Politica e Società. L’indagine si inserisce nell’ambito dei progetti A.F.R.I. con l’obiettivo di individuare alcuni aspetti cruciali del sistema integrato di servizi in vista di una sua generalizzazione futura. Due gli obiettivi perseguiti: a) monitorare il processo di incontro domanda – offerta con famiglie che hanno utilizzato il servizio offerto dai Centri per l’impiego per assumere assistenti familiari; b) analizzare la relazione tra famiglie e assistenti familiari per quanto riguarda le competenze ritenute fondamentali nel processo di assistenza. Il primo obiettivo è trattato nel capitolo quarto da me curato. La riflessione ruota attorno ai principali punti di forza, di debolezza e ai possibili rischi futuri che emergono dai Focus Group e dalle interviste telefoniche. Utilizzando il corpus di materiale raccolto il capitolo illustra le modalità con cui gli Sportelli dimostrano di rispondere ai bisogni di assistenza espressi dagli utenti, ragionando sugli aspetti positivi della sperimentazione (come ad esempio la capacità degli operatori degli sportelli di sapersi dimostrare dei punti di riferimento per le famiglie degli utenti non autosufficienti), gli aspetti da modificare perché non funzionano (come ad esempio la necessità di potenziare la comunicazione esterna) e i rischi futuri (come ad esempio la sostenibilità del modello a livello regionale). Il secondo obiettivo è invece oggetto di discussione del capitolo quinto di Valeria Cappellato e Francesca Salivotti. Le autrici discutono nella prima parte del capitolo le motivazioni che portano le famiglie a cercare un’assistente familiare, come ad esempio la necessità di fornire una cura continuativa al proprio domicilio al familiare anziano non autosufficiente. L’analisi mette in chiaro le criticità di un rapporto di lavoro che si struttura attorno alla cura: da un lato il rapporto si prefigura come l’incontro di diverse necessità, quella dell’assistente familiare che ha bisogno di lavorare, quella della famiglia che deve trovare un supporto e quelle dell’anziano che ha specifiche necessità di cura; d’altro canto le aspettative dei familiari possono pregiudicare la qualità del rapporto stesso con l’assistente familiare: ad esempio, l’enfasi posta dai familiari sulla dimensione relazionale del lavoro di cura (che loro traducono in disponibilità e flessibilità delle assistenti familiari) struttura un sistema di aspettative che può essere disatteso da quelle assistenti familiari che si pongono nella relazione come lavoratrici e quindi legate alla dimensione professionale e al calcolo economico del rapporto. La riflessione delle autrici si sposta poi sulle competenze che l’assistente familiare, secondo i parenti della persona assistita, dovrebbe avere nel lavoro di cura. Ne emerge una complessa articolazione in cui si intrecciano profili di competenza talvolta dissonanti, come ad esempio la capacità di dimostrare affetto e coinvolgimento emotivo verso l’assistito e contemporaneamente quella di non dimostrare le proprie emozioni e saper gestire il disagio che può derivare dal rapporto con l’assistito. Infine il contributo presenta una riflessione conclusiva sulle criticità del sistema delle cure per le persone anziane non autosufficienti, con uno specifico affondo sull’integrazione dei servizi. Il capitolo conclusivo di Roberto Albano offre una valutazione degli esiti dei Progetti AFRI e della loro sostenibilità nel caso si decida di uscire dalla situazione sperimentale. Nella prima parte del contributo l’autore analizza alcuni elementi del contesto territoriale attinenti alle linee di intervento programmatiche, le finalità generali dichiarate dei Progetti, le azioni specifiche mirate a realizzare tali fini, le linee generali della configurazione e del disegno organizzativo e le peculiarità rispetto ad altre modalità di gestione dell’incontro tra domanda e offerta nel settore delle cure domiciliari agli anziani non autosufficienti. Nella parte finale sono, invece, sviluppate due analisi, una sui limiti dei progetti e l’altra sulle future linee di sviluppo. L’autore in particolare discute limiti e potenzialità che si collocano a più livelli: a) limiti legati al contesto istituzionale e territoriale (ad esempio la limitatezza delle risorse e la generalizzabilità del modello a tutta la popolazione piemontese o la sostenibilità di un modello che implica che i familiari si trasformino a tutti gli effetti in datori di lavoro); b) limiti legati alla debolezza del sistema di welfare italiano (ad esempio la mancanza di garanzie della esigibilità dei diritti o la mancanza di un sistema informativo organico dei servizi di welfare); c) aspetti specifici su cui lavorare per migliorare il modello: qui l’autore si sofferma su diverse leve di cambiamento come, ad esempio, la questione cruciale dell’accreditamento e della formazione degli/delle assistenti familiari e la condivisione degli elenchi aggiornati con gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, che hanno bisogno di persone referenziate da segnalare a chi è inserito in un percorso sanitario-assistenziale, o ancora la creazione di un osservatorio permanente delle famiglie che si rivolgono al servizio, da integrare con quello dei servizi sociali, coinvolgendo l’università e gli enti di formazione professionale per il monitoraggio dei bisogni legati all’assistenza familiare.
2015
Celid
1
157
9788867890286
Assistenza familiare, welfare mix, invecchiamento, servizi sociali
Paola Maria, Torrioni
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1579355
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