Questo saggio esamina gli effetti del disastro di Seveso attraverso lo sguardo di una grande ambientalista e femminista italiana: Laura Conti. Nel far ciò, mi muovo all’interno di due cornici metodologico-concettuali: il femminismo neo-materialista e postumanista e l’ecocritica. Nel luglio del 1976 una nube di diossina si sprigionò dal reattore B dello stabilimento dell’ICMESA Givaudan di Meda, in provincia di Milano. La nube tossica contaminò un territorio ampio e popoloso, avvelenando persone, animali, terreni. Per le donne, le conseguenze di questo disastro furono ancora più drammatiche: la diossina, infatti, causa malformazioni fetali e mette a rischio la gestazione. Nella provincia brianzola, cattolica e conservatrice, questo elemento scatenò fortissime polemiche sull’autodeterminazione delle donne e sulla loro scelta di interrompere le gravidanze a rischio. Laura Conti, medico, scienziata, attivista ambientale, e in quegli anni consigliere regionale della Lombardia, fu testimone della catastrofe, e la raccontò in due scritti: il reportage Visto da Seveso e il romanzo Una lepre con la faccia di bambina. Analizzando queste opere, e concentrandomi sulla diossina come “agente narrativo postumano”, ossia come un “agente rivelatore” in grado di collegare la materialità e le sue riverberazioni discorsive, rifletto sul modo in cui l’ecocritica femminista può fungere da strumento epistemologico per un’etica e una politica di liberazione.
I racconti della diossina. Laura Conti e i corpi di Seveso.
IOVINO, Serenella
2017-01-01
Abstract
Questo saggio esamina gli effetti del disastro di Seveso attraverso lo sguardo di una grande ambientalista e femminista italiana: Laura Conti. Nel far ciò, mi muovo all’interno di due cornici metodologico-concettuali: il femminismo neo-materialista e postumanista e l’ecocritica. Nel luglio del 1976 una nube di diossina si sprigionò dal reattore B dello stabilimento dell’ICMESA Givaudan di Meda, in provincia di Milano. La nube tossica contaminò un territorio ampio e popoloso, avvelenando persone, animali, terreni. Per le donne, le conseguenze di questo disastro furono ancora più drammatiche: la diossina, infatti, causa malformazioni fetali e mette a rischio la gestazione. Nella provincia brianzola, cattolica e conservatrice, questo elemento scatenò fortissime polemiche sull’autodeterminazione delle donne e sulla loro scelta di interrompere le gravidanze a rischio. Laura Conti, medico, scienziata, attivista ambientale, e in quegli anni consigliere regionale della Lombardia, fu testimone della catastrofe, e la raccontò in due scritti: il reportage Visto da Seveso e il romanzo Una lepre con la faccia di bambina. Analizzando queste opere, e concentrandomi sulla diossina come “agente narrativo postumano”, ossia come un “agente rivelatore” in grado di collegare la materialità e le sue riverberazioni discorsive, rifletto sul modo in cui l’ecocritica femminista può fungere da strumento epistemologico per un’etica e una politica di liberazione.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
iovino i racconti della diossina.pdf
Accesso aperto
Tipo di file:
PDF EDITORIALE
Dimensione
258.02 kB
Formato
Adobe PDF
|
258.02 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.