A partire dalla percezione di spaesamento che attraversa le fenomenologie della vita quotidiana almeno quanto le espressioni della riflessione culturale, l’inquietudine sembra essere diventata una tipicità del nostro tempo. Eppure essa è, innanzitutto, condizione originaria della soggettività e tratto costitutivo di qualsiasi riflessione culturale impegnata a fare i conti con la propria “parte oscura”. Di qui l’idea che, una volta rimesse a fuoco le forme dell’“inquietudine originaria”, sia possibile riformularne i nessi con l’educazione attraverso le figure dell’io inquieto, della relazione inquieta e della conoscenza inquieta. Ad emergere saranno, quindi, quelle zone marginali del senso che danno forma alla relazione tra soggetto e mondo: dal perturbante alla situazione-limite, dall’indicibile all’ineffabile, dall’impossibile alla metafora, dall’avventura all’imprendibilità. Lungi dall’idea di poter imbrigliare tali luoghi di confine nei territori rassicuranti della codificazione e della standardizzazione culturali, si tenterà, piuttosto, di mostrarne la forza illuminante e le possibilità di senso, rintracciando proprio in quei margini le connotazioni più sfuggenti eppure più significative dell’esperienza soggettiva. Fino a pensare, per il loro tramite, alla manœuvre formativa come possibile cifra pedagogica dell’esistenza, sia essa intesa nell’accezione simbolica del movimento di torsione verso una nuova direzione, sia essa intesa come “opera della mano”: pratica del mondo che rimodella continuamente i contorni delle soggettività e del conoscere.

Educazione e inquietudine. La manoeuvre formativa

MADRUSSAN, Elena
2017-01-01

Abstract

A partire dalla percezione di spaesamento che attraversa le fenomenologie della vita quotidiana almeno quanto le espressioni della riflessione culturale, l’inquietudine sembra essere diventata una tipicità del nostro tempo. Eppure essa è, innanzitutto, condizione originaria della soggettività e tratto costitutivo di qualsiasi riflessione culturale impegnata a fare i conti con la propria “parte oscura”. Di qui l’idea che, una volta rimesse a fuoco le forme dell’“inquietudine originaria”, sia possibile riformularne i nessi con l’educazione attraverso le figure dell’io inquieto, della relazione inquieta e della conoscenza inquieta. Ad emergere saranno, quindi, quelle zone marginali del senso che danno forma alla relazione tra soggetto e mondo: dal perturbante alla situazione-limite, dall’indicibile all’ineffabile, dall’impossibile alla metafora, dall’avventura all’imprendibilità. Lungi dall’idea di poter imbrigliare tali luoghi di confine nei territori rassicuranti della codificazione e della standardizzazione culturali, si tenterà, piuttosto, di mostrarne la forza illuminante e le possibilità di senso, rintracciando proprio in quei margini le connotazioni più sfuggenti eppure più significative dell’esperienza soggettiva. Fino a pensare, per il loro tramite, alla manœuvre formativa come possibile cifra pedagogica dell’esistenza, sia essa intesa nell’accezione simbolica del movimento di torsione verso una nuova direzione, sia essa intesa come “opera della mano”: pratica del mondo che rimodella continuamente i contorni delle soggettività e del conoscere.
2017
Ibis
1
302
978-88-7164-544-5
formazione dell'io - educazione - inquietudine - etica dell'impegno
Elena Madrussan
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1648952
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