Nel 2009 Einaudi pubblica il romanzo Vi perdono, la storia di una giovane donna che dopo aver visto morire la propria madre di cancro, al termine di un’agonia straziante, sceglie di praticare illegalmente il suicidio assistito su malati terminali. Nel risvolto di copertina si legge che il nome dell’autrice, Angela Del Fabbro, è un pseudonimo dietro il quale si nasconde una persona «che intende rimanere nell’ombra». Nel 2011, in A nome tuo, Mauro Covacich svela l’inganno – Del Fabbro non è che la traduzione italiana del cognome croato Covacich – e si riappropria della storia, collocandola all’interno di un testo composito e dalla forte valenza metanarrativa. Nel 2013, infine, il romanzo diventa Miele, il film d’esordio di Valeria Golino che dietro la macchina da presa dirige Jasmine Trinca nel ruolo della protagonista. In questo gioco di scatole cinesi dove tutto è revocato in dubbio, tra finzioni di finzioni, finzioni di autenticità e identità di genere multiple, rimane tuttavia un residuo irriducibile, che fa del romanzo e del film due tentativi di scrivere non solo del corpo, ma anche con il corpo.

Una protagonista plurale. Miele da Mauro Covacich a Valeria Golino

Beatrice Manetti;
2018-01-01

Abstract

Nel 2009 Einaudi pubblica il romanzo Vi perdono, la storia di una giovane donna che dopo aver visto morire la propria madre di cancro, al termine di un’agonia straziante, sceglie di praticare illegalmente il suicidio assistito su malati terminali. Nel risvolto di copertina si legge che il nome dell’autrice, Angela Del Fabbro, è un pseudonimo dietro il quale si nasconde una persona «che intende rimanere nell’ombra». Nel 2011, in A nome tuo, Mauro Covacich svela l’inganno – Del Fabbro non è che la traduzione italiana del cognome croato Covacich – e si riappropria della storia, collocandola all’interno di un testo composito e dalla forte valenza metanarrativa. Nel 2013, infine, il romanzo diventa Miele, il film d’esordio di Valeria Golino che dietro la macchina da presa dirige Jasmine Trinca nel ruolo della protagonista. In questo gioco di scatole cinesi dove tutto è revocato in dubbio, tra finzioni di finzioni, finzioni di autenticità e identità di genere multiple, rimane tuttavia un residuo irriducibile, che fa del romanzo e del film due tentativi di scrivere non solo del corpo, ma anche con il corpo.
2018
1
165
186
https://www.mulino.it/riviste/issn/2421-6496
Autofiction, corpo, eutanasia
Beatrice Manetti; Cristina Jandelli
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