Una storia completa della comunità italiana degli insegnanti di matematica nel ventennio fascista è lungi dall’essere stata scritta. Ciò è dovuto a una serie di motivi, ivi incluso il rischio di smarrire i caratteri di oggettività e d’impersonalità che sono propri dell’attività storiografica, per assumere i toni del racconto informale o, peggio, dell’amarcord. La figura di Emma Castelnuovo, tuttavia, rappresenta un case-study a tal punto suggestivo da indurre a ignorare questo tipo di riserve. Da un lato, infatti, il suo essere donna ed ebrea consente di inquadrare con maggiore precisione di dettagli la sua vicenda personale e il suo apprendistato in un fenomeno più generale, denunciato dalla recente storiografia di genere: quello della marginalizzazione patita dalle studentesse, professoresse e donne di scienza israelite durante il Ventennio, e in special modo dopo le leggi razziali del 1938 . D’altro canto, l’interesse per i problemi dell’apprendimento della matematica, scaturito prestissimo e abbinato alla sua decennale e apprezzata esperienza di docente, la rendono un’interprete eccellente dei rivolgimenti dell’istruzione italiana sul lungo periodo . Il suo impegno nel campo della didattica della matematica nasce infatti in famiglia, decolla all’epoca dei lavori della Commissione Alleata incaricata di defascistizzare la scuola, si intensifica nel periodo di diffusione, esaltazione e declino delle matematiche moderne e si estende alla fase successiva al Sessantotto, e fino alla contemporaneità. La ricostruzione del tessuto storico e sociale in cui Emma mosse i suoi primi passi nella ricerca didattica può essere dunque meritevole di interesse, nella misura in cui conduce a individuare con maggior precisione di dettaglio i tempi, i luoghi e le radici culturali di quella che sarebbe stata una vita intera spesa per l’insegnamento della matematica.
Emma Castelnuovo: Gli spazi e i tempi di una vita spesa per l’insegnamento della matematica
Luciano Erika
2020-01-01
Abstract
Una storia completa della comunità italiana degli insegnanti di matematica nel ventennio fascista è lungi dall’essere stata scritta. Ciò è dovuto a una serie di motivi, ivi incluso il rischio di smarrire i caratteri di oggettività e d’impersonalità che sono propri dell’attività storiografica, per assumere i toni del racconto informale o, peggio, dell’amarcord. La figura di Emma Castelnuovo, tuttavia, rappresenta un case-study a tal punto suggestivo da indurre a ignorare questo tipo di riserve. Da un lato, infatti, il suo essere donna ed ebrea consente di inquadrare con maggiore precisione di dettagli la sua vicenda personale e il suo apprendistato in un fenomeno più generale, denunciato dalla recente storiografia di genere: quello della marginalizzazione patita dalle studentesse, professoresse e donne di scienza israelite durante il Ventennio, e in special modo dopo le leggi razziali del 1938 . D’altro canto, l’interesse per i problemi dell’apprendimento della matematica, scaturito prestissimo e abbinato alla sua decennale e apprezzata esperienza di docente, la rendono un’interprete eccellente dei rivolgimenti dell’istruzione italiana sul lungo periodo . Il suo impegno nel campo della didattica della matematica nasce infatti in famiglia, decolla all’epoca dei lavori della Commissione Alleata incaricata di defascistizzare la scuola, si intensifica nel periodo di diffusione, esaltazione e declino delle matematiche moderne e si estende alla fase successiva al Sessantotto, e fino alla contemporaneità. La ricostruzione del tessuto storico e sociale in cui Emma mosse i suoi primi passi nella ricerca didattica può essere dunque meritevole di interesse, nella misura in cui conduce a individuare con maggior precisione di dettaglio i tempi, i luoghi e le radici culturali di quella che sarebbe stata una vita intera spesa per l’insegnamento della matematica.File | Dimensione | Formato | |
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