Fra il 24 gennaio e il 20 febbraio 1905 si svolse sul «Giornale d’Italia» un referendum a proposito della possibilità di abolire o «disinfettare» «le cronache del male e del delitto», ovvero sull’opportunità di ridurre al minimo la «cronaca criminale, patologica, scatologica, scandalosa» presente sulle pagine dei quotidiani. Il referendum era stato indetto dal giornale dopo un appello, firmato da Croce, Graf, D’Ancona, Pascoli, Villari e altri, per chiedere il silenzio stampa sul processo Murri. I firmatari sono mossi dal desiderio di limitare «una scuola “sperimentale” di brutture, un’antologia di documenti umani, sì, ma bestialissimi, un gabinetto Dessort di mostruosità, una cattedra quotidiana d’immoralità» che, aggiungono, «è tanto più terribilmente efficace e suggestiva di male, quanto più diffusa, agile, penetrante s’è fatta la stampa». Nel palese e polemico avvicinamento della scrittura giornalistica a quella verista si coglie il disorientamento di una classe intellettuale, che non percepisce ancora con chiarezza la moderna aggressività del diritto di cronaca, assente dalle riviste con cui ha famigliarità. Sulle pagine del «Giornale» si susseguono, nel corso delle settimane, interventi e interpretazioni tutt’altro che uniformi. Dalla cronaca giornalistica assimilata tout court alla letteratura, e penso ad Antonio Fogazzaro secondo cui «ogni più triste atto di passione […] può venire raccontato con parola onesta», alla cronaca «disinfettata», se non addirittura taciuta, che vagheggia Pasquale Villari, fino alla posizione di Giovanni Cena, che vuole una cronaca «sbozzata nella rozza argilla della realtà». Chiude il referendum uno sconosciuto intervento di Croce, che sottrae «la questione della cronaca giornalistica» alla contiguità con la letteratura, ma anche all’immanenza della contemporaneità, per «connetterla […] con quella della dignità della storiografia». Lo stesso Croce, qualche mese dopo, valutando in una lettera privata il grande successo “mediatico”, ma l’assoluta assenza di risultati dell’iniziativa, avrebbe osservato che «il giornalismo sta prendendo sempre più questo indirizzo: di non considerare le questioni, specie quelle d’indole letteraria, artistica, morale, religiosa, etc., se non come un riempitivo di curiosità».

«La cronaca» («disinfettata?») «è necessaria alla vita intesa modernamente»

ALLASIA, Clara
2009-01-01

Abstract

Fra il 24 gennaio e il 20 febbraio 1905 si svolse sul «Giornale d’Italia» un referendum a proposito della possibilità di abolire o «disinfettare» «le cronache del male e del delitto», ovvero sull’opportunità di ridurre al minimo la «cronaca criminale, patologica, scatologica, scandalosa» presente sulle pagine dei quotidiani. Il referendum era stato indetto dal giornale dopo un appello, firmato da Croce, Graf, D’Ancona, Pascoli, Villari e altri, per chiedere il silenzio stampa sul processo Murri. I firmatari sono mossi dal desiderio di limitare «una scuola “sperimentale” di brutture, un’antologia di documenti umani, sì, ma bestialissimi, un gabinetto Dessort di mostruosità, una cattedra quotidiana d’immoralità» che, aggiungono, «è tanto più terribilmente efficace e suggestiva di male, quanto più diffusa, agile, penetrante s’è fatta la stampa». Nel palese e polemico avvicinamento della scrittura giornalistica a quella verista si coglie il disorientamento di una classe intellettuale, che non percepisce ancora con chiarezza la moderna aggressività del diritto di cronaca, assente dalle riviste con cui ha famigliarità. Sulle pagine del «Giornale» si susseguono, nel corso delle settimane, interventi e interpretazioni tutt’altro che uniformi. Dalla cronaca giornalistica assimilata tout court alla letteratura, e penso ad Antonio Fogazzaro secondo cui «ogni più triste atto di passione […] può venire raccontato con parola onesta», alla cronaca «disinfettata», se non addirittura taciuta, che vagheggia Pasquale Villari, fino alla posizione di Giovanni Cena, che vuole una cronaca «sbozzata nella rozza argilla della realtà». Chiude il referendum uno sconosciuto intervento di Croce, che sottrae «la questione della cronaca giornalistica» alla contiguità con la letteratura, ma anche all’immanenza della contemporaneità, per «connetterla […] con quella della dignità della storiografia». Lo stesso Croce, qualche mese dopo, valutando in una lettera privata il grande successo “mediatico”, ma l’assoluta assenza di risultati dell’iniziativa, avrebbe osservato che «il giornalismo sta prendendo sempre più questo indirizzo: di non considerare le questioni, specie quelle d’indole letteraria, artistica, morale, religiosa, etc., se non come un riempitivo di curiosità».
2009
Moderno e modernità: la letteratura italiana
ADI
1
8
9788890790515
http://www.italianisti.it/
http://www.italianisti.it/FileServices/90%20Allasia%20Clara.pdf
Benedetto Croce; Augusto Murri; Antonio Fogazzaro; Pasquale VIllari
C. ALLASIA
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