La ricerca di nuove opportunità per la frutticoltura di colle e di monte in Piemonte si è intersecata con i fondamenti della dichiarazione di Stoccolma (1972) e della convenzione di Rio de Janeiro (1992). A partire dagli anni Settanta del Novecento la comunità scientifica iniziò ad interessarsi delle risorse genetiche mondiali e l’ONU, con la dichiarazione di Stoccolma, presentò una risoluzione per la costituzione di banche per la raccolta e la salvaguardia del materiale genetico delle specie animali e vegatali. Successivamente, la Convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta a Rio de Janeiro da 153 Paesi, sancì l’importanza della conservazione del patrimonio biologico della Terra riconoscendone il valore, espresso sinteticamente con il termine di biodiversità. Nonostante il germoplasma autoctono di melo non possa avere diffusione competitiva con le altre varietà coltivate intensivamente in Piemonte, a livello locale le cultivar antiche hanno buone possibilità di sviluppo ed interessanti prospettive di integrazione di reddito, se inserite in comparti economici particolari che prevedano il recupero di usi tradizionali e l’individuazione di prodotti innovativi. Le provate proprietà nutraceutiche, il valore storico culturale delle antiche varietà sono motivo dell’attenzione ad esse rivolta da parte dei consumatori, cosicché le “produzioni di nicchia” diventano sempre più ricercate. Riunendo molte tipicità è possibile creare una “massa critica”: sono numerosi ormai in diversi contesti gli “itinerari della biodiversità”, le “associazioni produttori di frutta antica”, gli agriturismi e le fattorie didattiche che offrono ai loro utenti queste varietà descrivendone anche le peculiarità storiche, culturali e nutrizionali. La salvaguardia del germoplasma locale di melo permette contemporaneamente di trarre profitto e valorizzare un prezioso patrimonio naturale, altrimenti destinato a scomparire. Attualmente le cultivar censite ed in via di valorizzazione in Piemonte sono 128 (fig.5): la salvaguardia attiva della biodiversità consiste nella descrizione delle peculiarità e qualità dei raccolti e nell’utilizzazione economica e paesaggistica delle essenze. Quest’azione di tutela contribuisce a far sì che le antiche cultivar di melo tornino a caratterizzare il tessuto della frutticoltura di zone di collina e di bassa montagna.

Tanti pregi da riscoprire dalle antiche varietà di melo

MELLANO, Maria Gabriella;BECCARO, GABRIELE LORIS;BOUNOUS, Giancarlo
2007-01-01

Abstract

La ricerca di nuove opportunità per la frutticoltura di colle e di monte in Piemonte si è intersecata con i fondamenti della dichiarazione di Stoccolma (1972) e della convenzione di Rio de Janeiro (1992). A partire dagli anni Settanta del Novecento la comunità scientifica iniziò ad interessarsi delle risorse genetiche mondiali e l’ONU, con la dichiarazione di Stoccolma, presentò una risoluzione per la costituzione di banche per la raccolta e la salvaguardia del materiale genetico delle specie animali e vegatali. Successivamente, la Convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta a Rio de Janeiro da 153 Paesi, sancì l’importanza della conservazione del patrimonio biologico della Terra riconoscendone il valore, espresso sinteticamente con il termine di biodiversità. Nonostante il germoplasma autoctono di melo non possa avere diffusione competitiva con le altre varietà coltivate intensivamente in Piemonte, a livello locale le cultivar antiche hanno buone possibilità di sviluppo ed interessanti prospettive di integrazione di reddito, se inserite in comparti economici particolari che prevedano il recupero di usi tradizionali e l’individuazione di prodotti innovativi. Le provate proprietà nutraceutiche, il valore storico culturale delle antiche varietà sono motivo dell’attenzione ad esse rivolta da parte dei consumatori, cosicché le “produzioni di nicchia” diventano sempre più ricercate. Riunendo molte tipicità è possibile creare una “massa critica”: sono numerosi ormai in diversi contesti gli “itinerari della biodiversità”, le “associazioni produttori di frutta antica”, gli agriturismi e le fattorie didattiche che offrono ai loro utenti queste varietà descrivendone anche le peculiarità storiche, culturali e nutrizionali. La salvaguardia del germoplasma locale di melo permette contemporaneamente di trarre profitto e valorizzare un prezioso patrimonio naturale, altrimenti destinato a scomparire. Attualmente le cultivar censite ed in via di valorizzazione in Piemonte sono 128 (fig.5): la salvaguardia attiva della biodiversità consiste nella descrizione delle peculiarità e qualità dei raccolti e nell’utilizzazione economica e paesaggistica delle essenze. Quest’azione di tutela contribuisce a far sì che le antiche cultivar di melo tornino a caratterizzare il tessuto della frutticoltura di zone di collina e di bassa montagna.
2007
48
35
38
Malus domestica; FRAP
Mellano M.G.; Beccaro G. L.; Quaglia G.; Bounous G.
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