L’evoluzione demografica in atto nei Paesi europei, caratterizzata dal contemporaneo aumento della durata media della vita e dell’incidenza della popolazione anziana fa sì che un numero crescente di famiglie venga chiamato a erogare attività di assistenza per sempre più lunghi periodi di tempo. Secondo le previsioni dell’Unione Europea le persone con più di 75 anni aumenteranno del 25% tra il 2000 e il 2020. Ciò significa, per alcune nazioni, come l’Italia, che questa fascia di popolazione rappresenterà più del 15% degli abitanti. Si stima che circa il 20% degli over 65 italiani siano attualmente non autosufficienti, quindi bisognosi di assistenza continua. In Europa la speranza di vita sarà, al 2020, di 78,3 anni per gli uomini e di 84,6 anni per le donne, con un cospicuo aumento soprattutto dei “grandi anziani”, cioè di quelle persone che hanno più di 80 anni. In questo scenario demografico la demenza acquista un significato importante, in quanto è ormai divenuta una patologia comune tra gli anziani e l’età ne è stata riconosciuta quale fattore di rischio. Ciò fa si che tali problematiche siano divenute di rilevanza sempre maggiore per la salute pubblica e per i sistemi di welfare. Per tale ragione sono necessari cambiamenti nelle politiche per il miglioramento della qualità dell’assistenza a tali persone ammalate e ai loro caregiver. Come già osservato da numerosi studi, l’attività di sostegno e cura a famigliari anziani fragili, in particolare se affetti da demenza, se non adeguatamente supportata può provocare un peggioramento significativo della qualità della vita e della salute mentale del caregiver principalmente coinvolto, che rischia di sperimentare elevati livelli di tensione emotiva e psicologica, fino a diventare a sua volta una “seconda vittima” delle patologie invalidanti che colpiscono la persona con demenza, ed in quanto tale a sua volta bisognoso di assistenza. Di fronte a questa situazione ed al crescente bisogno di servizi rivolti alla terza età, la risposta del servizio pubblico appare oggi ancora limitata; il medico di famiglia non sempre riesce ad offrire un efficace sostegno sia per mancanza di tempo sia per la complessità e per la specificità delle competenze richieste da tali pazienti. Alimentata dall’indebolimento del sostegno offerto da parte della famiglia dell’assistito, la domanda di assistenza si rivolge al mercato privato, in particolare alle donne migranti. Esse hanno accettato di svolgere impieghi di assistenza a volte precari, con basso prestigio sociale, spesso avvolti nelle maglie dell’economia sommersa, magari per una fase transitoria del loro progetto migratorio, prendendosi cura della persona fragile, ma andando incontro a tutti i rischi per la salute mentale e fisica tipici del caregiver. Tale scenario rende necessario offrire servizi di sostegno e di promozione della salute mentale non solo centrati sulla persona con demenza, ma sull’intera costellazione famigliare, con particolare attenzione al caregiver principale, che spesso è una donna migrante; la pianificazione di tali servizi, oltre a richiedere un accurato percorso formativo per gli operatori, non può prescindere dal coinvolgimento dei famigliari stessi, che divengono in tal modo parte attiva e riconosciuta del percorso di cura

Diventare fragili. Percorsi e problemi di chi assiste una persona con demenza

MARCHISIO, CECILIA;RIVOIRO, CHIARA
2009-01-01

Abstract

L’evoluzione demografica in atto nei Paesi europei, caratterizzata dal contemporaneo aumento della durata media della vita e dell’incidenza della popolazione anziana fa sì che un numero crescente di famiglie venga chiamato a erogare attività di assistenza per sempre più lunghi periodi di tempo. Secondo le previsioni dell’Unione Europea le persone con più di 75 anni aumenteranno del 25% tra il 2000 e il 2020. Ciò significa, per alcune nazioni, come l’Italia, che questa fascia di popolazione rappresenterà più del 15% degli abitanti. Si stima che circa il 20% degli over 65 italiani siano attualmente non autosufficienti, quindi bisognosi di assistenza continua. In Europa la speranza di vita sarà, al 2020, di 78,3 anni per gli uomini e di 84,6 anni per le donne, con un cospicuo aumento soprattutto dei “grandi anziani”, cioè di quelle persone che hanno più di 80 anni. In questo scenario demografico la demenza acquista un significato importante, in quanto è ormai divenuta una patologia comune tra gli anziani e l’età ne è stata riconosciuta quale fattore di rischio. Ciò fa si che tali problematiche siano divenute di rilevanza sempre maggiore per la salute pubblica e per i sistemi di welfare. Per tale ragione sono necessari cambiamenti nelle politiche per il miglioramento della qualità dell’assistenza a tali persone ammalate e ai loro caregiver. Come già osservato da numerosi studi, l’attività di sostegno e cura a famigliari anziani fragili, in particolare se affetti da demenza, se non adeguatamente supportata può provocare un peggioramento significativo della qualità della vita e della salute mentale del caregiver principalmente coinvolto, che rischia di sperimentare elevati livelli di tensione emotiva e psicologica, fino a diventare a sua volta una “seconda vittima” delle patologie invalidanti che colpiscono la persona con demenza, ed in quanto tale a sua volta bisognoso di assistenza. Di fronte a questa situazione ed al crescente bisogno di servizi rivolti alla terza età, la risposta del servizio pubblico appare oggi ancora limitata; il medico di famiglia non sempre riesce ad offrire un efficace sostegno sia per mancanza di tempo sia per la complessità e per la specificità delle competenze richieste da tali pazienti. Alimentata dall’indebolimento del sostegno offerto da parte della famiglia dell’assistito, la domanda di assistenza si rivolge al mercato privato, in particolare alle donne migranti. Esse hanno accettato di svolgere impieghi di assistenza a volte precari, con basso prestigio sociale, spesso avvolti nelle maglie dell’economia sommersa, magari per una fase transitoria del loro progetto migratorio, prendendosi cura della persona fragile, ma andando incontro a tutti i rischi per la salute mentale e fisica tipici del caregiver. Tale scenario rende necessario offrire servizi di sostegno e di promozione della salute mentale non solo centrati sulla persona con demenza, ma sull’intera costellazione famigliare, con particolare attenzione al caregiver principale, che spesso è una donna migrante; la pianificazione di tali servizi, oltre a richiedere un accurato percorso formativo per gli operatori, non può prescindere dal coinvolgimento dei famigliari stessi, che divengono in tal modo parte attiva e riconosciuta del percorso di cura
2009
Fragilità: sguardi interdisciplinari
Unicopli
231
256
9788840013701
Cecilia Marchisio; Chiara Rivoiro
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