A dieci anni dalla riforma costituzionale del giusto processo, il contraddittorio nella formazione della prova dovrebbe ormai avere solide radici nel sistema. La Corte costituzionale ha respinto le interpretazioni riduttive che pretendevano di conservare rilevanza probatoria alle dichiarazioni contestate negli esami dibattimentali. La giurisprudenza, dal canto suo, si è mostrata nel complesso fedele alla regola del contraddittorio, mantenendo le eccezioni nel ristretto ambito assegnato dal precetto costituzionale. Restano alcune questioni problematiche, come il concetto di ‘provata condotta illecita’ ex art. 111, co. 5 Cost., ambiguamente tradotto dall’art. 500, c.p.p., in ‘concreti elementi per ritenere che…’; formula che, pena l’illegittimità costituzionale, non deve esimere il giudice dal ‘provare’, nel senso proprio della parola, la condotta illecita. Di recente, tuttavia, si è manifestata un’opinione secondo cui, quanto a garanzie, il nostro sistema probatorio sarebbe in contrasto con l’art. 6 della Cedu, come interpretato dalla Corte europea, sotto un duplice profilo: per eccesso nella parte in cui nega rilevanza alle dichiarazioni contestate, per difetto nella parte in cui consente la pronuncia di una condanna sulla base delle sole dichiarazioni divenute irripetibili. Discorso arbitrario in entrambe le conclusioni: da un lato, le garanzie fissate dalla Convenzione segnano il livello non massimo ma minimo, oltre il quale ben possono spingersi i singoli ordinamenti; dall’altro, la regola della colpevolezza ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ impone massima cautela nella valutazione delle dichiarazioni divenute irripetibili che difficilmente potrebbero giustificare da sole una condanna. Quanto al valore della Convenzione e alle interpretazioni della Corte europea, occorre distinguere. Correttamente i giudici della Consulta hanno riconosciuto rilievo costituzionale alla normativa della Convenzione europea in forza dell’art. 117, co. 1 Cost. Non convince, invece, il fatto che ad assumere tale rilievo siano le norme della Cedu come interpretate dalla Corte europea. Le interpretazioni della Corte europea rappresentano autorevoli precedenti, da tenere nella massima considerazione; ma la loro forza vincolante non dovrebbe superare l’ambito della controversia decisa.

Il contraddittorio nella formazione della prova a dieci anni dalla sua costituzionalizzazione: il progressivo assestamento della regola e le insidie della giurisprudenza della Corte europea

FERRUA, Paolo
2008-01-01

Abstract

A dieci anni dalla riforma costituzionale del giusto processo, il contraddittorio nella formazione della prova dovrebbe ormai avere solide radici nel sistema. La Corte costituzionale ha respinto le interpretazioni riduttive che pretendevano di conservare rilevanza probatoria alle dichiarazioni contestate negli esami dibattimentali. La giurisprudenza, dal canto suo, si è mostrata nel complesso fedele alla regola del contraddittorio, mantenendo le eccezioni nel ristretto ambito assegnato dal precetto costituzionale. Restano alcune questioni problematiche, come il concetto di ‘provata condotta illecita’ ex art. 111, co. 5 Cost., ambiguamente tradotto dall’art. 500, c.p.p., in ‘concreti elementi per ritenere che…’; formula che, pena l’illegittimità costituzionale, non deve esimere il giudice dal ‘provare’, nel senso proprio della parola, la condotta illecita. Di recente, tuttavia, si è manifestata un’opinione secondo cui, quanto a garanzie, il nostro sistema probatorio sarebbe in contrasto con l’art. 6 della Cedu, come interpretato dalla Corte europea, sotto un duplice profilo: per eccesso nella parte in cui nega rilevanza alle dichiarazioni contestate, per difetto nella parte in cui consente la pronuncia di una condanna sulla base delle sole dichiarazioni divenute irripetibili. Discorso arbitrario in entrambe le conclusioni: da un lato, le garanzie fissate dalla Convenzione segnano il livello non massimo ma minimo, oltre il quale ben possono spingersi i singoli ordinamenti; dall’altro, la regola della colpevolezza ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ impone massima cautela nella valutazione delle dichiarazioni divenute irripetibili che difficilmente potrebbero giustificare da sole una condanna. Quanto al valore della Convenzione e alle interpretazioni della Corte europea, occorre distinguere. Correttamente i giudici della Consulta hanno riconosciuto rilievo costituzionale alla normativa della Convenzione europea in forza dell’art. 117, co. 1 Cost. Non convince, invece, il fatto che ad assumere tale rilievo siano le norme della Cedu come interpretate dalla Corte europea. Le interpretazioni della Corte europea rappresentano autorevoli precedenti, da tenere nella massima considerazione; ma la loro forza vincolante non dovrebbe superare l’ambito della controversia decisa.
2008
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9
29
P. FERRUA
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