Scopo del lavoro: Nella pratica clinica l’otite con compartecipazione del lievito Malassezia pachydermatis viene gestita con l’utilizzo di diverse molecole antifungine, soprattutto per via topica. I principi più frequentemente utilizzati sono i derivati azolici. La patologia può risultare di difficile gestione per la scarsa risposta di alcuni soggetti alla terapia specifica e per le frequenti ricadute. Ciò può essere dovuto alla difficoltà nell’eliminare i fattori predisponenti la sovracrescita del lievito ma si ipotizza anche la possibilità di ceppi di Malassezia resistenti ai farmaci tradizionalmente utilizzati. Scopo del lavoro è stato quello di verificare l’attività in-vitro del miconazolo contro ceppi di M. pachydermatis isolati da cani con otite Materiali e metodi: Sono stati utilizzati 55 ceppi del lievito isolati a partire da altrettante orecchie con otite. L’attività del principio attivo è stata testata in-vitro utilizzando un test di diluizione in micrometodo mediato dalla norma di riferimento per la valutazione della sensibilità agli antimicotici dei lieviti (reference method M27-A2, NCCLS) con adattamenti per le esigenze nutritive colturali di M.pachydermatis. Le concentrazioni finali del farmaco andavano da 16 a 0,01 µg/ml e i risultati venivano espressi come MIC (Minime Concentrazioni Inibenti la crescita del lievito). Per ogni ceppo venivano eseguite prove in triplicato per confermare il risultato e la ripetibilità della metodica. Risultati: Tutti e 55 i ceppi testati sono stati inibiti in-vitro, con i seguenti valori di MIC: 1 µg/ml (13 ceppi, 23,6%); 2 µg/ml (29 ceppi, 52,7 %); 4 µg/ml (11 ceppi, 20%); 16 µg/ml (2 ceppi, 3,6 %). Conclusioni: In passati lavori un certo numero di ceppi di M.pachydermatis è stata giudicato resistente al miconazolo o ad altri principi sulla base di prove in vitro analoghe a quelle utilizzate nel presente studio o con prove del tipo Kirby-Bauer (diffusione su agar a partire da dischetti con misurazione degli aloni di inibizione). In queste prove il miconazolo inibiva comunque sempre la crescita del lievito, e il giudizio su un’ipotetica resistenza veniva basato sul fatto che la MIC fosse elevata o che l’alone di inibizione fosse piccolo: il tutto utilizzando dei limiti forniti da case produttrici dei dischetti (per gli aloni) o valori di µg mediati da letteratura (peraltro spesso a partire da altri lieviti). Il concetto di resistenza fornito da questi precedenti lavori risultava quindi completamente slegato da quello che dovrebbe essere il concetto di resistenza finale in corso di utilizzo di un prodotto. In pratica si dovrebbe trasformare il giudizio in-vitro in “ceppo sensibile o resistente alla molecola studiata” in vivo, alle condizioni finali di utilizzo del prodotto. Nella fattispecie, se il principio in questione viene usato topicamente (a livello auricolare) sarebbe più corretto giudicare la possibile resistenza in-vivo sulla base di quanto principio attivo è contenuto nel farmaco commerciale e confrontandolo con le MIC ottenute in-vitro. Se il principio è contenuto nel farmaco a concentrazioni migliaia di volte superiori alla MIC non avrebbe senso considerare resistenti nemmeno i, pochi, ceppi che avevano MIC più elevate. Diverso sarebbe il concetto se si trattasse di un principio utilizzato per via orale o parenterale in cui le concentrazioni tissutali possono raggiungere livelli molto più bassi e dipendenti dalla cinetica del principio somministrato. In conclusione, per gli eventuali casi in cui si possa avere un fallimento della terapia topica antimicotica con miconazolo la causa dovrebbe essere imputata più ad una cattiva gestione dell’otite (mancata correzione fattori predisponenti, mancata pulizia auricolare, somministrazione errata del farmaco ecc.) più che all’esistenza di una vera e propria resistenza intrinseca di Malassezia al principio considerato. In ogni caso, i fattori legati all’ospite (immunità, allergia ecc.) giocano spesso un ruolo critico nel determinare la risposta clinica finale.

Sensibilità agli antimicotici di Malassezia pachydermatis: uno studio sul miconazolo

PEANO, Andrea;PASQUETTI, MARIO
2010-01-01

Abstract

Scopo del lavoro: Nella pratica clinica l’otite con compartecipazione del lievito Malassezia pachydermatis viene gestita con l’utilizzo di diverse molecole antifungine, soprattutto per via topica. I principi più frequentemente utilizzati sono i derivati azolici. La patologia può risultare di difficile gestione per la scarsa risposta di alcuni soggetti alla terapia specifica e per le frequenti ricadute. Ciò può essere dovuto alla difficoltà nell’eliminare i fattori predisponenti la sovracrescita del lievito ma si ipotizza anche la possibilità di ceppi di Malassezia resistenti ai farmaci tradizionalmente utilizzati. Scopo del lavoro è stato quello di verificare l’attività in-vitro del miconazolo contro ceppi di M. pachydermatis isolati da cani con otite Materiali e metodi: Sono stati utilizzati 55 ceppi del lievito isolati a partire da altrettante orecchie con otite. L’attività del principio attivo è stata testata in-vitro utilizzando un test di diluizione in micrometodo mediato dalla norma di riferimento per la valutazione della sensibilità agli antimicotici dei lieviti (reference method M27-A2, NCCLS) con adattamenti per le esigenze nutritive colturali di M.pachydermatis. Le concentrazioni finali del farmaco andavano da 16 a 0,01 µg/ml e i risultati venivano espressi come MIC (Minime Concentrazioni Inibenti la crescita del lievito). Per ogni ceppo venivano eseguite prove in triplicato per confermare il risultato e la ripetibilità della metodica. Risultati: Tutti e 55 i ceppi testati sono stati inibiti in-vitro, con i seguenti valori di MIC: 1 µg/ml (13 ceppi, 23,6%); 2 µg/ml (29 ceppi, 52,7 %); 4 µg/ml (11 ceppi, 20%); 16 µg/ml (2 ceppi, 3,6 %). Conclusioni: In passati lavori un certo numero di ceppi di M.pachydermatis è stata giudicato resistente al miconazolo o ad altri principi sulla base di prove in vitro analoghe a quelle utilizzate nel presente studio o con prove del tipo Kirby-Bauer (diffusione su agar a partire da dischetti con misurazione degli aloni di inibizione). In queste prove il miconazolo inibiva comunque sempre la crescita del lievito, e il giudizio su un’ipotetica resistenza veniva basato sul fatto che la MIC fosse elevata o che l’alone di inibizione fosse piccolo: il tutto utilizzando dei limiti forniti da case produttrici dei dischetti (per gli aloni) o valori di µg mediati da letteratura (peraltro spesso a partire da altri lieviti). Il concetto di resistenza fornito da questi precedenti lavori risultava quindi completamente slegato da quello che dovrebbe essere il concetto di resistenza finale in corso di utilizzo di un prodotto. In pratica si dovrebbe trasformare il giudizio in-vitro in “ceppo sensibile o resistente alla molecola studiata” in vivo, alle condizioni finali di utilizzo del prodotto. Nella fattispecie, se il principio in questione viene usato topicamente (a livello auricolare) sarebbe più corretto giudicare la possibile resistenza in-vivo sulla base di quanto principio attivo è contenuto nel farmaco commerciale e confrontandolo con le MIC ottenute in-vitro. Se il principio è contenuto nel farmaco a concentrazioni migliaia di volte superiori alla MIC non avrebbe senso considerare resistenti nemmeno i, pochi, ceppi che avevano MIC più elevate. Diverso sarebbe il concetto se si trattasse di un principio utilizzato per via orale o parenterale in cui le concentrazioni tissutali possono raggiungere livelli molto più bassi e dipendenti dalla cinetica del principio somministrato. In conclusione, per gli eventuali casi in cui si possa avere un fallimento della terapia topica antimicotica con miconazolo la causa dovrebbe essere imputata più ad una cattiva gestione dell’otite (mancata correzione fattori predisponenti, mancata pulizia auricolare, somministrazione errata del farmaco ecc.) più che all’esistenza di una vera e propria resistenza intrinseca di Malassezia al principio considerato. In ogni caso, i fattori legati all’ospite (immunità, allergia ecc.) giocano spesso un ruolo critico nel determinare la risposta clinica finale.
2010
65° Congresso Internazionale SCIVAC (Società Culturale Italiana Veterinari Animali da Compagnia)
Rimini
28-30 maggio 2010
Atti 65° Congresso Internazionale SCIVAC
SCIVAC
301
301
Malassezia pachydermatis; Miconazolo; In vitro; Antifungini; MIC
A.Peano; A. Montagner; M.Beccati; M.Pasquetti
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/85082
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