Il saggio riconosce l’effettiva presenza, nelle poesie di Gozzano e in particolare nella “Via del rifugio”, di idee riconducibili alla coppia “Arturo e Federico” (Schopenhauer e Nietzsche), e rivendica al poeta torinese una consapevolezza del dibattito filosofico abitualmente negatagli dalla critica. Nell’impossibilità, tuttavia, di stabilire l’effettiva lettura diretta delle opere dei due filosofi, individua nella “Beata riva” di Angelo Conti (vera e propria bibbia dell’estetismo di primo novecento) il modello della loro conciliazione all’insegna dello spiritualismo e un’importante fonte di Gozzano. Numerose sono le riprese testuali segnalate, convergenti soprattutto intorno all’idea della scoperta della voluntas e del dolore come fondamenti dell’esistenza: di qui deriva l’elaborazione di una comune teoria estetica basata sulla necessità della regressione infantile dell’artista e sulla concezione dell’arte come strumento di oggettivazione della realtà e di superamento del principium individuationis, in grado di consentire il passaggio da volontà e rappresentazione e capace dunque di guidare alla beata riva dell’oblio. Non per questo si passano sotto silenzio le significative differenze a livello di disposizione spirituale tra i due autori: l’entusiasmo di Conti e la sua fede assoluta, incrollabile, nel valore supremo della pratica artistica rimangono fondamentalmente estranei a Gozzano, che si sforza di aderire al modello filosofico schopenhaueriano senza riuscirvi fino in fondo, alla ricerca di una risposta al “vano spasimo oscuro” d’esser vivi, al disagio esistenziale.
Ad Arturo per Ariele: Gozzano lettore della "Beata Riva"
BOGGIONE, Valter
2006-01-01
Abstract
Il saggio riconosce l’effettiva presenza, nelle poesie di Gozzano e in particolare nella “Via del rifugio”, di idee riconducibili alla coppia “Arturo e Federico” (Schopenhauer e Nietzsche), e rivendica al poeta torinese una consapevolezza del dibattito filosofico abitualmente negatagli dalla critica. Nell’impossibilità, tuttavia, di stabilire l’effettiva lettura diretta delle opere dei due filosofi, individua nella “Beata riva” di Angelo Conti (vera e propria bibbia dell’estetismo di primo novecento) il modello della loro conciliazione all’insegna dello spiritualismo e un’importante fonte di Gozzano. Numerose sono le riprese testuali segnalate, convergenti soprattutto intorno all’idea della scoperta della voluntas e del dolore come fondamenti dell’esistenza: di qui deriva l’elaborazione di una comune teoria estetica basata sulla necessità della regressione infantile dell’artista e sulla concezione dell’arte come strumento di oggettivazione della realtà e di superamento del principium individuationis, in grado di consentire il passaggio da volontà e rappresentazione e capace dunque di guidare alla beata riva dell’oblio. Non per questo si passano sotto silenzio le significative differenze a livello di disposizione spirituale tra i due autori: l’entusiasmo di Conti e la sua fede assoluta, incrollabile, nel valore supremo della pratica artistica rimangono fondamentalmente estranei a Gozzano, che si sforza di aderire al modello filosofico schopenhaueriano senza riuscirvi fino in fondo, alla ricerca di una risposta al “vano spasimo oscuro” d’esser vivi, al disagio esistenziale.File | Dimensione | Formato | |
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