Il saggio intende affrontare, in modo diverso da quello tradizionale, il problema della collocazione dei giuristi nell'Impero romano d'Orientre nei secoli VI-XI: non cioè segunendo l'abituale prospettiva di una storia dei testi, ma tentando di comprendere sotto quali profili nel periodo considerato una cultura giuridica appariva importante ed utile. Precisata la necessità di adottare, quanto meno per i secoli VII-XI, una nozione ampia di "giurista" - anche per il motivo che in quest'epoca non è detto che esistesse un preciso termine per indicarla -, l'A. affronta la questione considerando separatamente due periodi: da un lato quello che va dalla salita al trono di Giustiniano nel 527 fino alla morte di Eraclio nel 641; dall'altro, quello che dal 641 giunge sino alla fine della dinastia macedone, cioè alla morte di Basilio II nel 1025. Nel primo si osserva che la cultura giuridica è bensì appannaggio dei professori di diritto, ma può esserlo anche di alcuni funzionari imperiali e di molti assessori dei medesimi, di un certo numero di avvocati e di almeno qualcuno fra i notai. Di ciascuna di queste attività o professioni vengono indicati gli esponenti che ci sono noti, le principali caratteristiche, i motivi dell'apprezzamento da parte dei contemporanei e, quando è possibile, la funzione sociale delle loro conoscenze giuridiche. Emerge con nettezza il legame tra la formazione in scuole di diritto e l'esercizio dell'avvocatura o della posizione di assessore di un magistrato; queste attività, a loro volta, potevano preludere alla carica di governatore provinciale o a magistrature più elevate tra le quali spicca la questura imperiale; solo di rado, però, siamo in grado di verificare come la formazione giuridica permettesse di affrontare i problemi di governo. Risulta invece più volte attestato il legame tra studio del diritto e cultura letteraria: infatti, non sono pochi gli autori di opere storiche o di componimenti poetici che si erano preparati alla professione forense o che effettivamente la esercitavano. Appare altresì non raro un certo interscambio di funzioni tra coloro che avevano conoscenze di diritto: da avvocati a giudici o assessori dei medesimi, o a funzionari pubblici minori come i "defensores"; anche le attività di avvocatura e notariato non erano forse così separate come potremmo pensare. Pur a fronte di un diffuso interesse per il diritto, nel corso del secolo VI un anonimo autore di strategia militare gli rifiuta la qualifica sia di "episteme", sia di "techne", preannunciando forse così l'atteggiamento che nel secolo VIII sarà tenuto dal sovrano iconoclasta Leone III: per le esigenze sociale un'approfondita cultura giuridica non è necessaria e può essere sostituita dalla conoscenza di poche norme semplici unita alla dirittura morale del giudicante. Questo atteggiamento, forse legato anche alla militarizzazione dell'impero dovuta alla diffusione dell'organizzazione "tematica", non fu superato facilmente se, anche dopo che nella seconda metà del secolo IX gli imperatori ebbero riproposto in compilazioni ufficiali la sostanza della legislazione giustinianea, le norme principali venivano semplicemente mandate a memoria; di conseguenza, la professione forense e quella notarile nei secoli VIII-X non riuscirono a recuperare il perduto prestigio. Tuttavia, qualche più consapevole esperto del diritto riuscì a ricostituirsi, forse per iniziativa e capacità personali, e - quanto meno nel secolo X e agli inizi di quello successivo - poté anche raggiungere elevate posizioni nell'amministrazione imperialre (soprattutto per la redazione di leggi) e/o nel sistema giudiziario; non ebbe invece successo il tentativo del patriarca Fozio di proporre di rifondare la cultura giuridica su basi filosofiche e teologiche. Tali fermenti prepararono però una svolta, che si verificò verso la metà del secolo XI (quindi ormai fuori del periodo qui studiato) e che trovò espressione, forse più simbolica che reale, nella Novella di Costantino Monomaco sul ristabilimento di un'istruzione giuridica pubblica a Costantinopoli.

Il giurista nell'Impero romano d'Oriente (da Giustiniano agli inizi del secolo XI)

GORIA, Fausto
2005-01-01

Abstract

Il saggio intende affrontare, in modo diverso da quello tradizionale, il problema della collocazione dei giuristi nell'Impero romano d'Orientre nei secoli VI-XI: non cioè segunendo l'abituale prospettiva di una storia dei testi, ma tentando di comprendere sotto quali profili nel periodo considerato una cultura giuridica appariva importante ed utile. Precisata la necessità di adottare, quanto meno per i secoli VII-XI, una nozione ampia di "giurista" - anche per il motivo che in quest'epoca non è detto che esistesse un preciso termine per indicarla -, l'A. affronta la questione considerando separatamente due periodi: da un lato quello che va dalla salita al trono di Giustiniano nel 527 fino alla morte di Eraclio nel 641; dall'altro, quello che dal 641 giunge sino alla fine della dinastia macedone, cioè alla morte di Basilio II nel 1025. Nel primo si osserva che la cultura giuridica è bensì appannaggio dei professori di diritto, ma può esserlo anche di alcuni funzionari imperiali e di molti assessori dei medesimi, di un certo numero di avvocati e di almeno qualcuno fra i notai. Di ciascuna di queste attività o professioni vengono indicati gli esponenti che ci sono noti, le principali caratteristiche, i motivi dell'apprezzamento da parte dei contemporanei e, quando è possibile, la funzione sociale delle loro conoscenze giuridiche. Emerge con nettezza il legame tra la formazione in scuole di diritto e l'esercizio dell'avvocatura o della posizione di assessore di un magistrato; queste attività, a loro volta, potevano preludere alla carica di governatore provinciale o a magistrature più elevate tra le quali spicca la questura imperiale; solo di rado, però, siamo in grado di verificare come la formazione giuridica permettesse di affrontare i problemi di governo. Risulta invece più volte attestato il legame tra studio del diritto e cultura letteraria: infatti, non sono pochi gli autori di opere storiche o di componimenti poetici che si erano preparati alla professione forense o che effettivamente la esercitavano. Appare altresì non raro un certo interscambio di funzioni tra coloro che avevano conoscenze di diritto: da avvocati a giudici o assessori dei medesimi, o a funzionari pubblici minori come i "defensores"; anche le attività di avvocatura e notariato non erano forse così separate come potremmo pensare. Pur a fronte di un diffuso interesse per il diritto, nel corso del secolo VI un anonimo autore di strategia militare gli rifiuta la qualifica sia di "episteme", sia di "techne", preannunciando forse così l'atteggiamento che nel secolo VIII sarà tenuto dal sovrano iconoclasta Leone III: per le esigenze sociale un'approfondita cultura giuridica non è necessaria e può essere sostituita dalla conoscenza di poche norme semplici unita alla dirittura morale del giudicante. Questo atteggiamento, forse legato anche alla militarizzazione dell'impero dovuta alla diffusione dell'organizzazione "tematica", non fu superato facilmente se, anche dopo che nella seconda metà del secolo IX gli imperatori ebbero riproposto in compilazioni ufficiali la sostanza della legislazione giustinianea, le norme principali venivano semplicemente mandate a memoria; di conseguenza, la professione forense e quella notarile nei secoli VIII-X non riuscirono a recuperare il perduto prestigio. Tuttavia, qualche più consapevole esperto del diritto riuscì a ricostituirsi, forse per iniziativa e capacità personali, e - quanto meno nel secolo X e agli inizi di quello successivo - poté anche raggiungere elevate posizioni nell'amministrazione imperialre (soprattutto per la redazione di leggi) e/o nel sistema giudiziario; non ebbe invece successo il tentativo del patriarca Fozio di proporre di rifondare la cultura giuridica su basi filosofiche e teologiche. Tali fermenti prepararono però una svolta, che si verificò verso la metà del secolo XI (quindi ormai fuori del periodo qui studiato) e che trovò espressione, forse più simbolica che reale, nella Novella di Costantino Monomaco sul ristabilimento di un'istruzione giuridica pubblica a Costantinopoli.
2005
Fontes minores XI
Loewenklau-Gesellschaft E. V.
147
211
3923615213
Giurista; professore; funzionario imperiale; giudice; avvocato; notaio; Impero romano d'Oriente secoli VI-XI.
F. GORIA
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