Quasi tutte le regioni e le province autonome si sono valse della facoltà loro attribuita dalla legge n.476/1998 di promuovere “la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili” (art. 39 bis comma l° lett.c legge n.184/1983). Da un punto di vista generale tali protocolli mirano a garantire sul territorio regionale standard qualitativi omogenei per gli interventi e i servizi socio-assistenziali in materia di adozione internazionale. Nel merito, essi: a) definiscono le competenze dei soggetti sottoscrittori, sancendo l’obbligo di collaborazione servizi sociali, servizi sanitari ed enti autorizzati; b) “procedimentalizzano” le diverse fasi della procedura di adozione internazionale, integrando la disciplina nazionale di cui alla legge n.184/1983. L’analisi e il confronto dei diversi protocolli dimostrano la sussistenza di alcuni indubbi meriti, in primo luogo l’integrazione socio-sanitaria che costituisce ormai spesso una realtà concreta. Talvolta, tuttavia, i protocolli contengono norme che non paiono giustificate o paiono addirittura illegittime all’interno di un quadro più generale. Proprio per evitare l’inserimento di norme poco coordinate con l’impianto normativo della legge n.184/1983 e l’armonizzazione dei modelli adottati nelle diverse realtà locali sarebbe stata probabilmente opportuna la previsione nella stessa legge n.476/1998 della necessità di un intervento della Conferenza unificata Stato-Regioni.

Aspetti giuridici e protocolli operativi per le adozioni internazionali

LONG, JOELLE
2013-01-01

Abstract

Quasi tutte le regioni e le province autonome si sono valse della facoltà loro attribuita dalla legge n.476/1998 di promuovere “la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili” (art. 39 bis comma l° lett.c legge n.184/1983). Da un punto di vista generale tali protocolli mirano a garantire sul territorio regionale standard qualitativi omogenei per gli interventi e i servizi socio-assistenziali in materia di adozione internazionale. Nel merito, essi: a) definiscono le competenze dei soggetti sottoscrittori, sancendo l’obbligo di collaborazione servizi sociali, servizi sanitari ed enti autorizzati; b) “procedimentalizzano” le diverse fasi della procedura di adozione internazionale, integrando la disciplina nazionale di cui alla legge n.184/1983. L’analisi e il confronto dei diversi protocolli dimostrano la sussistenza di alcuni indubbi meriti, in primo luogo l’integrazione socio-sanitaria che costituisce ormai spesso una realtà concreta. Talvolta, tuttavia, i protocolli contengono norme che non paiono giustificate o paiono addirittura illegittime all’interno di un quadro più generale. Proprio per evitare l’inserimento di norme poco coordinate con l’impianto normativo della legge n.184/1983 e l’armonizzazione dei modelli adottati nelle diverse realtà locali sarebbe stata probabilmente opportuna la previsione nella stessa legge n.476/1998 della necessità di un intervento della Conferenza unificata Stato-Regioni.
2013
I percorsi formativi nelle adozioni internazionali
Istituto degli Innocenti
Studi e Ricerche. Collana della Commissione per le adozioni internazionali
20
49
60
9788863740332
http://www.commissioneadozioni.it/it/bibliografia/studi-e-ricerche/i-percorsi-formativi-nelle-adozioni-internazionali.aspx
adozione internazionale
J. LONG
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/102026
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