Il discorso sulla complessità si fonda su una prospettiva epistemologica originale che prende le mosse dalla critica al riduzionismo, riconoscendolo inefficace nel trattare problemi non-lineari, la cui soluzione non può mai essere ottenuta come somma di soluzioni più semplici. In biologia, il problema complesso per eccellenza è rappresentato dal fenomeno “vita”. La funzione “vita” (comunque la definiamo) emerge da livelli crescenti di organizzazione dinamica delle molecole che compongono un organismo, ma non è deducibile a partire dalle proprietà delle singole componenti; inoltre, ogni cellula che lo costituisce non è meno complessa dell’intero organismo. Ciò è tipico dei sistemi complessi ove il tutto è più della somma delle parti perché contiene informazione nuova, non presente nelle singole parti, e ove ciascuna parte del sistema possiede lo stesso grado di complessità del tutto. Pur in assenza di una definizione condivisa di sistema complesso, ne possiamo delineare le seguenti proprietà: presenza di una rete (dinamica) di relazioni tra le parti del sistema; una certa impredicibilità di comportamento, associabile ad una logica non lineare; la non separabilità e l'auto-similarità. La caratteristica principale di un sistema complesso non sta nel numero elevato di componenti, come spesso si tende a pensare, quanto piuttosto nel loro essere visibilmente intrecciate in una rete di relazioni. Da tali interazioni possono derivare capacità di auto-organizzazione del sistema e - come estrema conseguenza - l’emergere di funzioni tipiche del “sistema come un tutto”, che non sono associabili alle sue singole parti. Il concetto di emergenza, che sottolinea l’emergere di funzioni in un sistema solo a partire da un certo livello di organizzazione del sistema stesso, è la vera novità del discorso complesso. Ciò implica una visione dinamica del sistema, il quale viene visto come un soggetto depositario di informazione che risiede a diversi livelli e in diversi gradi di contenuto. Secondo J.M. Lehn, premio Nobel per la chimica e padre della chimica supramolecolare, questa prospettiva porterà a comprendere l’emergere della vita dalla materia inanimata. Poiché in un sistema complesso, l'intero è dato dalle interdipendenze tra i suoi elementi costitutivi, ne deriva la necessità di studiarlo come un tutto integrato (approccio olistico): di qui la critica al metodo analitico, che frammentando il sistema distrugge proprio ciò che sta cercando di comprendere. Una delle conseguenze più interessanti della prospettiva complessa è la rivalutazione delle singolarità. Ciò sta producendo effetti visibili, dallo sviluppo di metodologie di studio integrate (come, ad es., quelle adottate in biologia dei sistemi) alla comparsa della medicina personalizzata. E l'approccio complesso ha ricadute anche in ambito didattico, dove modifica la percezione dei rapporti tra discipline, sostituendo la classica successione gerarchica matematica → fisica → chimica → biologia con un habitat sociale (antropologico) che è la cultura scientifica, entro il quale le discipline convivono. Un ultimo aspetto del discorso complesso riguarda l'evoluzione del concetto di causalità, con la distinzione tra causa diretta e causa sistemica. Mentre la prima implica la presenza di un singolo agente chiaramente identificabile come responsabile di un certo evento, la causalità sistemica comporta agenti multipli e reti intrecciate di relazioni. D. Mickulecky sottolinea le ricadute etiche di questa prospettiva, spingendosi ad affermare che “il fondamentalismo è un processo mentale correlato alla causalità diretta.”. Il concetto di causalità sistemica viene allora proposto come antidoto nei confronti di una lettura troppo semplificata e rigida di una realtà che è intrinsecamente e fecondamente complessa.

Aspetti del discorso sulla complessità

GHIBAUDI, Elena Maria
2012-01-01

Abstract

Il discorso sulla complessità si fonda su una prospettiva epistemologica originale che prende le mosse dalla critica al riduzionismo, riconoscendolo inefficace nel trattare problemi non-lineari, la cui soluzione non può mai essere ottenuta come somma di soluzioni più semplici. In biologia, il problema complesso per eccellenza è rappresentato dal fenomeno “vita”. La funzione “vita” (comunque la definiamo) emerge da livelli crescenti di organizzazione dinamica delle molecole che compongono un organismo, ma non è deducibile a partire dalle proprietà delle singole componenti; inoltre, ogni cellula che lo costituisce non è meno complessa dell’intero organismo. Ciò è tipico dei sistemi complessi ove il tutto è più della somma delle parti perché contiene informazione nuova, non presente nelle singole parti, e ove ciascuna parte del sistema possiede lo stesso grado di complessità del tutto. Pur in assenza di una definizione condivisa di sistema complesso, ne possiamo delineare le seguenti proprietà: presenza di una rete (dinamica) di relazioni tra le parti del sistema; una certa impredicibilità di comportamento, associabile ad una logica non lineare; la non separabilità e l'auto-similarità. La caratteristica principale di un sistema complesso non sta nel numero elevato di componenti, come spesso si tende a pensare, quanto piuttosto nel loro essere visibilmente intrecciate in una rete di relazioni. Da tali interazioni possono derivare capacità di auto-organizzazione del sistema e - come estrema conseguenza - l’emergere di funzioni tipiche del “sistema come un tutto”, che non sono associabili alle sue singole parti. Il concetto di emergenza, che sottolinea l’emergere di funzioni in un sistema solo a partire da un certo livello di organizzazione del sistema stesso, è la vera novità del discorso complesso. Ciò implica una visione dinamica del sistema, il quale viene visto come un soggetto depositario di informazione che risiede a diversi livelli e in diversi gradi di contenuto. Secondo J.M. Lehn, premio Nobel per la chimica e padre della chimica supramolecolare, questa prospettiva porterà a comprendere l’emergere della vita dalla materia inanimata. Poiché in un sistema complesso, l'intero è dato dalle interdipendenze tra i suoi elementi costitutivi, ne deriva la necessità di studiarlo come un tutto integrato (approccio olistico): di qui la critica al metodo analitico, che frammentando il sistema distrugge proprio ciò che sta cercando di comprendere. Una delle conseguenze più interessanti della prospettiva complessa è la rivalutazione delle singolarità. Ciò sta producendo effetti visibili, dallo sviluppo di metodologie di studio integrate (come, ad es., quelle adottate in biologia dei sistemi) alla comparsa della medicina personalizzata. E l'approccio complesso ha ricadute anche in ambito didattico, dove modifica la percezione dei rapporti tra discipline, sostituendo la classica successione gerarchica matematica → fisica → chimica → biologia con un habitat sociale (antropologico) che è la cultura scientifica, entro il quale le discipline convivono. Un ultimo aspetto del discorso complesso riguarda l'evoluzione del concetto di causalità, con la distinzione tra causa diretta e causa sistemica. Mentre la prima implica la presenza di un singolo agente chiaramente identificabile come responsabile di un certo evento, la causalità sistemica comporta agenti multipli e reti intrecciate di relazioni. D. Mickulecky sottolinea le ricadute etiche di questa prospettiva, spingendosi ad affermare che “il fondamentalismo è un processo mentale correlato alla causalità diretta.”. Il concetto di causalità sistemica viene allora proposto come antidoto nei confronti di una lettura troppo semplificata e rigida di una realtà che è intrinsecamente e fecondamente complessa.
2012
45
5
17
http://www.anisn.it/le_scienze_naturali.php
Elena Ghibaudi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/102353
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