L’elaborato affronta in chiave critico-ricostruttiva la configurabilità del nuovo art. 218 della legge fallimentare, modificato a seguito della l. 262 del 2005. Nell’analisi, si giunge a considerazioni innovative su più fronti. Innanzitutto, tramite un percorso storico di comparazione con la fattispecie antecedente alla riforma, si dimostra l’esclusione della necessità, per la punibilità dei fatti di ricorso abusivo al credito, della declaratoria di fallimento e, inoltre, la conseguente autonomia operativa del delitto in esame rispetto alle fattispecie di bancarotta. Vengono individuati i possibili soggetti attivi, con considerazioni di problematicità stante la ambigua formulazione normativa ed i rapporti con la pregressa fattispecie realizzata in ambito societario. Particolare attenzione è dedicata agli elementi normativi (nuovi della attuale ipotesi) del dissesto e dello stato di insolvenza, entrambi presenti nella struttura di fattispecie: al riguardo, viene presentata una soluzione particolare, che tiene conto anche del contesto civilistico fallimentare. Con il termine “dissesto” si è ipotizzato che il legislatore abbia voluto evocare l’insolvenza normativamente definita dall’art. 5, 2° comma legge fall., prescindendosi da una identificazione dell’oggetto della condotta dissimulatoria ‘stato di insolvenza’ con la rubrica dell’art. 5 legge fall., mentre per “stato di insolvenza” si è intesa quella situazione direttamente collegata alla specifica ‘operazione’ illecita e scorretta di conseguimento del ‘credito’, al quale si ricorre o si continua a ricorrere dissimulando appunto il proprio (od il societario) stato di insolvenza.

Il ricorso abusivo al credito.

ROSSI, Alessandra
2010-01-01

Abstract

L’elaborato affronta in chiave critico-ricostruttiva la configurabilità del nuovo art. 218 della legge fallimentare, modificato a seguito della l. 262 del 2005. Nell’analisi, si giunge a considerazioni innovative su più fronti. Innanzitutto, tramite un percorso storico di comparazione con la fattispecie antecedente alla riforma, si dimostra l’esclusione della necessità, per la punibilità dei fatti di ricorso abusivo al credito, della declaratoria di fallimento e, inoltre, la conseguente autonomia operativa del delitto in esame rispetto alle fattispecie di bancarotta. Vengono individuati i possibili soggetti attivi, con considerazioni di problematicità stante la ambigua formulazione normativa ed i rapporti con la pregressa fattispecie realizzata in ambito societario. Particolare attenzione è dedicata agli elementi normativi (nuovi della attuale ipotesi) del dissesto e dello stato di insolvenza, entrambi presenti nella struttura di fattispecie: al riguardo, viene presentata una soluzione particolare, che tiene conto anche del contesto civilistico fallimentare. Con il termine “dissesto” si è ipotizzato che il legislatore abbia voluto evocare l’insolvenza normativamente definita dall’art. 5, 2° comma legge fall., prescindendosi da una identificazione dell’oggetto della condotta dissimulatoria ‘stato di insolvenza’ con la rubrica dell’art. 5 legge fall., mentre per “stato di insolvenza” si è intesa quella situazione direttamente collegata alla specifica ‘operazione’ illecita e scorretta di conseguimento del ‘credito’, al quale si ricorre o si continua a ricorrere dissimulando appunto il proprio (od il societario) stato di insolvenza.
2010
Scritti in memoria di Giuliano Marini
ESI
843
858
9788849520286
Fallimento – ricorso al credito
A. ROSSI
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