Con la pubblicazione nel 1729 della Ontologia di Christian Wolff, una nuova disciplina filosofica può considerarsi consolidata. Grazie all’influenza del suo autore, sia la “scienza dell’ente in quanto ente”, sia un corpus di questioni metafisiche ricondotte a questo titolo trovano stabile collocazione in una specifica trattatistica che rimarrà a lungo, e non solo in Germania, la base di appositi insegnamenti universitari. Su come ciò sia accaduto si possono raccontare due storie diverse. La prima, in apparenza più semplice, racconta di come tra Seicento e Settecento si sarebbe trovato un nome nuovo per qualcosa che esisteva già (i contenuti della Metafisica aristotelica), meritando di esistere anche in futuro. Così, la nuova parola “ontologia” sarebbe diventata, dopo “metafisica”, quella più utilizzata per individuare un plesso di questioni che sarebbero già state messe a fuoco, più o meno implicitamente, dagli antichi e, quindi, dalla scolastica medievale. L’altra storia è più complicata, ma sfugge al difetto di presentarsi come una caccia a precorrimenti più o meno imperfetti dell’attuale stato dell’arte. Racconta di come si sarebbe sviluppato, in un sempre più labile riferimento all’autorità aristotelica, il progetto di una metafisica moderna, di cui l’ontologia doveva costituire una parte specifica. Dal punto di vista cronologico e geografico, a un simile approccio risulta difficile fissare dei limiti precisi, tanto che le sue trattazioni hanno dovuto assumere spesso la forma di storie “di lungo periodo”. Inoltre, specie se si sceglie un punto di vista che non sia meramente cronachistico, occorre ammettere che il suo nucleo non è affatto monotematico, ma è animato da diversi problemi filosofici non sempre riconducibili a un unico denominatore.

Ontologia

KOBAU, Pietro
2008-01-01

Abstract

Con la pubblicazione nel 1729 della Ontologia di Christian Wolff, una nuova disciplina filosofica può considerarsi consolidata. Grazie all’influenza del suo autore, sia la “scienza dell’ente in quanto ente”, sia un corpus di questioni metafisiche ricondotte a questo titolo trovano stabile collocazione in una specifica trattatistica che rimarrà a lungo, e non solo in Germania, la base di appositi insegnamenti universitari. Su come ciò sia accaduto si possono raccontare due storie diverse. La prima, in apparenza più semplice, racconta di come tra Seicento e Settecento si sarebbe trovato un nome nuovo per qualcosa che esisteva già (i contenuti della Metafisica aristotelica), meritando di esistere anche in futuro. Così, la nuova parola “ontologia” sarebbe diventata, dopo “metafisica”, quella più utilizzata per individuare un plesso di questioni che sarebbero già state messe a fuoco, più o meno implicitamente, dagli antichi e, quindi, dalla scolastica medievale. L’altra storia è più complicata, ma sfugge al difetto di presentarsi come una caccia a precorrimenti più o meno imperfetti dell’attuale stato dell’arte. Racconta di come si sarebbe sviluppato, in un sempre più labile riferimento all’autorità aristotelica, il progetto di una metafisica moderna, di cui l’ontologia doveva costituire una parte specifica. Dal punto di vista cronologico e geografico, a un simile approccio risulta difficile fissare dei limiti precisi, tanto che le sue trattazioni hanno dovuto assumere spesso la forma di storie “di lungo periodo”. Inoltre, specie se si sceglie un punto di vista che non sia meramente cronachistico, occorre ammettere che il suo nucleo non è affatto monotematico, ma è animato da diversi problemi filosofici non sempre riconducibili a un unico denominatore.
2008
Storia dell'ontologia
Bompiani
98
145
9788845261404
P. KOBAU
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