In una particolare tradizione figurativa tardo-medievale, presente con caratteri simili in occidente e in oriente, la scena evangelica della “Derisione di Cristo” ingloba al suo interno un modalità di esercizio del dileggio esercitata per mezzo dell’aggressione sonora, il più delle volte esercitata per mezzo di un corno suonato “contro” Gesù. Nel saggio si indagano la genesi e le diramazioni di questa singolare tradizione, che nulla ha a che fare con i testi evangelici, e che invece pare rappresentare l’esito di una particolare interpretazione di un passo profetico dell’Antico Testamento. Ma in realtà la radice di questa scena è individuata nella penetrazione nell’ambito delle raffigurazioni sacre di una più profonda pratica folklorica dello strepito come forma radicale di aggressività e di censura sociale, che si manifesta nello charivari, nell’uso degli strumenti alternativi alle campane del Triduo delle Tenebre e nelle svariate occasioni di rovesciamento delle convenzioni del linguaggio musicale espresse nei carnevali, nelle manifestazioni di conflitto sociale e nei rituali collettivi della contestazione e della censura comunitaria. La considerazione ermeneutica di tutte queste forme conduce alla proposizione del concetto di “antimusica”, inteso come compendio espressivo della decostruzione dei codici della musica e come manifestazione di radicalità assoluta nell’uso dei suoni come veicolo della negazione e della sopraffazione simbolica.
Corni, strepiti, diavoli e Giudei. Le raffigurazioni del Cristo deriso e il "demoniaco" nei rituali della Passione
GUIZZI, Febo
2004-01-01
Abstract
In una particolare tradizione figurativa tardo-medievale, presente con caratteri simili in occidente e in oriente, la scena evangelica della “Derisione di Cristo” ingloba al suo interno un modalità di esercizio del dileggio esercitata per mezzo dell’aggressione sonora, il più delle volte esercitata per mezzo di un corno suonato “contro” Gesù. Nel saggio si indagano la genesi e le diramazioni di questa singolare tradizione, che nulla ha a che fare con i testi evangelici, e che invece pare rappresentare l’esito di una particolare interpretazione di un passo profetico dell’Antico Testamento. Ma in realtà la radice di questa scena è individuata nella penetrazione nell’ambito delle raffigurazioni sacre di una più profonda pratica folklorica dello strepito come forma radicale di aggressività e di censura sociale, che si manifesta nello charivari, nell’uso degli strumenti alternativi alle campane del Triduo delle Tenebre e nelle svariate occasioni di rovesciamento delle convenzioni del linguaggio musicale espresse nei carnevali, nelle manifestazioni di conflitto sociale e nei rituali collettivi della contestazione e della censura comunitaria. La considerazione ermeneutica di tutte queste forme conduce alla proposizione del concetto di “antimusica”, inteso come compendio espressivo della decostruzione dei codici della musica e come manifestazione di radicalità assoluta nell’uso dei suoni come veicolo della negazione e della sopraffazione simbolica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.