«Grande disturbatrice» e «cuore vigile» - come Anna Bravo l’ha definita – Lidia Beccaria Rolfi (1925-1996) è stata una figura significativa tra le donne del Novecento sia nella sua caparbia volontà di costruire una testimonianza femminile dell’esperienza concentrazionaria sia nella sua ribellione rispetto ai ruoli, alle convenzioni e al conformismo, all’esclusione. Maestra elementare, deportata a Ravensbrück, autrice di due importanti volumi di testimonianza (Le donne di Ravensbrück, insieme a A. M. Buzzone, e L’esile filo della memoria), il profilo biografico di Lidia Beccaria Rolfi non può prescindere dall’esperienza del Lager, anzi ne è fortemente condizionato e costituisce una cartina di tornasole attraverso la quale leggere le scelte, l’impegno, i conflitti, le vittorie e le sconfitte della dimensione tanto pubblica quanto privata. E’ una vicenda, soprattutto, che può essere letta attraverso la polarità silenzio-parola, che costituisce l’evidente metafora di una lotta per la conquista di una dimensione identitaria pubblica e riconosciuta ma, nello stesso tempo, la concretezza di un’esperienza che, caratterizzata da profondi e lunghi silenzi (la difficoltà di parlare nel Lager, il silenzio dei luoghi alla liberazione, il silenzio degli italiani, il silenzio della carte geografiche che non registrano Ravensbrück), si accompagna a una battaglia civile affinché la memoria delle donne deportate diventi una memoria fatta di parole, pronunciate e scritte, i cui registri non costituiscano un’imitazione di quella maschile ma che si riconoscano e siano riconosciuti/riconoscibili come fondamento di una irriducibile specificità femminile.
Non si è mai ex deportati. Una biografia di Lidia Beccaria Rolfi
MAIDA, Bruno Luca
2008-01-01
Abstract
«Grande disturbatrice» e «cuore vigile» - come Anna Bravo l’ha definita – Lidia Beccaria Rolfi (1925-1996) è stata una figura significativa tra le donne del Novecento sia nella sua caparbia volontà di costruire una testimonianza femminile dell’esperienza concentrazionaria sia nella sua ribellione rispetto ai ruoli, alle convenzioni e al conformismo, all’esclusione. Maestra elementare, deportata a Ravensbrück, autrice di due importanti volumi di testimonianza (Le donne di Ravensbrück, insieme a A. M. Buzzone, e L’esile filo della memoria), il profilo biografico di Lidia Beccaria Rolfi non può prescindere dall’esperienza del Lager, anzi ne è fortemente condizionato e costituisce una cartina di tornasole attraverso la quale leggere le scelte, l’impegno, i conflitti, le vittorie e le sconfitte della dimensione tanto pubblica quanto privata. E’ una vicenda, soprattutto, che può essere letta attraverso la polarità silenzio-parola, che costituisce l’evidente metafora di una lotta per la conquista di una dimensione identitaria pubblica e riconosciuta ma, nello stesso tempo, la concretezza di un’esperienza che, caratterizzata da profondi e lunghi silenzi (la difficoltà di parlare nel Lager, il silenzio dei luoghi alla liberazione, il silenzio degli italiani, il silenzio della carte geografiche che non registrano Ravensbrück), si accompagna a una battaglia civile affinché la memoria delle donne deportate diventi una memoria fatta di parole, pronunciate e scritte, i cui registri non costituiscano un’imitazione di quella maschile ma che si riconoscano e siano riconosciuti/riconoscibili come fondamento di una irriducibile specificità femminile.File | Dimensione | Formato | |
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