Con la sentenza Harroudj c. Francia, la Corte EDU è intervenuta sulla nota questione dell’adottabilità nello Stato di residenza abituale dei minori stranieri la cui legge nazionale vieti l’adozione legittimante e che nel loro Paese di origine siano stati affidati mediante lo strumento della kafala a una persona abitualmente residente all’estero. Nello specifico i giudici europei hanno ritenuto all’unanimità che il rifiuto di consentire a una donna francese l’adozione di una bimba algerina figlia di ignoti affidatale con kafala dai giudici algerini non determina una violazione del diritto al rispetto della vita familiare garantito all’affidataria dall’art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in sigla CEDU). Secondo i giudici europei, la mancanza di consensus tra gli ordinamenti dei Paesi contraenti sulla questione dell’adottabilità dei bambini stranieri affidati con kafala e la cui legge nazionale vieti l’adozione legittimante esclude di poter ritenere configurabile un’obbligazione positiva degli Stati di assimilare kafala e adozione . Prevedendo alcune deroghe al divieto di adozione dei minori la cui legge nazionale vieti la costituzione artificiale del rapporto di filiazione (es. ammissibilità dell’adozione nel caso di nascita e residenza abituale in Francia dell’affidato), la Francia “rispetta il pluralismo culturale”, assicurando un “giusto equilibrio” tra l’interesse pubblico dello Stato di accoglienza a non creare situazioni claudicanti (cioè status personali che non potrebbero essere riconosciuti nel Paese di origine del bambino) e l’interesse individuale dell’affidatario al rispetto della vita familiare . La pronuncia appare meritevole di interesse per gli operatori italiani perchè: a) avalla l’indirizzo della nostra giurisprudenza secondo cui l’interesse del minore straniero affidato con kafala è in linea generale adeguatamente garantito dal riconoscimento automatico di tale misura in Italia, ma contestualmente impone de iure condito ai nostri giudici di ammettere deroghe al divieto di adozione in caso di elementi che dimostrino obiettivamente un forte attaccamento del minore straniero all’ordinamento italiano; b) sancisce il principio secondo cui la costituzione del rapporto giuridico di filiazione non è l’unico strumento idoneo ad assicurare protezione all’infanzia abbandonata; c) afferma la necessità che nella determinazione dello status familiare sia riconosciuto alla legge della residenza abituale un ruolo proporzionale all’integrazione dell’individuo nel Paese di accoglienza.

Corte europea dei diritti dell'uomo e kafalah: un'esortazione alla flessibilità del diritto civile minorile [nota a Harroudj c. Francia, sentenza 4 ottobre 2012]

LONG, JOELLE
2013-01-01

Abstract

Con la sentenza Harroudj c. Francia, la Corte EDU è intervenuta sulla nota questione dell’adottabilità nello Stato di residenza abituale dei minori stranieri la cui legge nazionale vieti l’adozione legittimante e che nel loro Paese di origine siano stati affidati mediante lo strumento della kafala a una persona abitualmente residente all’estero. Nello specifico i giudici europei hanno ritenuto all’unanimità che il rifiuto di consentire a una donna francese l’adozione di una bimba algerina figlia di ignoti affidatale con kafala dai giudici algerini non determina una violazione del diritto al rispetto della vita familiare garantito all’affidataria dall’art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in sigla CEDU). Secondo i giudici europei, la mancanza di consensus tra gli ordinamenti dei Paesi contraenti sulla questione dell’adottabilità dei bambini stranieri affidati con kafala e la cui legge nazionale vieti l’adozione legittimante esclude di poter ritenere configurabile un’obbligazione positiva degli Stati di assimilare kafala e adozione . Prevedendo alcune deroghe al divieto di adozione dei minori la cui legge nazionale vieti la costituzione artificiale del rapporto di filiazione (es. ammissibilità dell’adozione nel caso di nascita e residenza abituale in Francia dell’affidato), la Francia “rispetta il pluralismo culturale”, assicurando un “giusto equilibrio” tra l’interesse pubblico dello Stato di accoglienza a non creare situazioni claudicanti (cioè status personali che non potrebbero essere riconosciuti nel Paese di origine del bambino) e l’interesse individuale dell’affidatario al rispetto della vita familiare . La pronuncia appare meritevole di interesse per gli operatori italiani perchè: a) avalla l’indirizzo della nostra giurisprudenza secondo cui l’interesse del minore straniero affidato con kafala è in linea generale adeguatamente garantito dal riconoscimento automatico di tale misura in Italia, ma contestualmente impone de iure condito ai nostri giudici di ammettere deroghe al divieto di adozione in caso di elementi che dimostrino obiettivamente un forte attaccamento del minore straniero all’ordinamento italiano; b) sancisce il principio secondo cui la costituzione del rapporto giuridico di filiazione non è l’unico strumento idoneo ad assicurare protezione all’infanzia abbandonata; c) afferma la necessità che nella determinazione dello status familiare sia riconosciuto alla legge della residenza abituale un ruolo proporzionale all’integrazione dell’individuo nel Paese di accoglienza.
2013
1
304
310
J. LONG
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/109339
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