Una delle grandi opzioni della riforma societaria, in materia di s.p.a., è stata la delimitazione delle aree di competenza di soci ed amministratori. L'art. 2380 bis chiarisce plasticamente che la gestione spetta in esclusiva all'organo amministrativo, e l'art. 2364 completa il precetto limitando l'intervento dei soci alle sole autorizzazioni ove richieste dallo statuto, ma ferma la responsabilità degli amministratori per gli atti esecutivi. All'apparenza vi sarebbe pertanto una netta separazione fra proprietà e gestione dell'impresa; tuttavia così non è non appena si osservi che non poche disposizioni ancora prevedono ex lege un potere decisorio pieno dei soci in materie gestorie, pen non parlare poi della situazione di eterogestione legalizzata nei gruppi. Prendendo spunto da questa constatazione, l'autore sostiene che, in realtà, la riforma abbia conservato un sistema di vasi comunicanti fra soci ed amministratori, sia pure ad intensità variabile, nel senso di legittimare, statutariamente, un possibile coinvolgimento dei soci nelle scelte di gestione, graduabile come mera autorizzazione o anche come decisione vera e propria. E ciò nel quadro di un sistema flessibile di rapporti fra i due organi, che si completa considerando anche l'opposto versante della traslazione di competenze dai soci agli amministratori (la delega di competenze), assai ampliato rispetto al passato. Sulla scorta dell'analisi comparatistica, l'autore si interroga anche sulla configurabilità di un sistema di competenze implicite dei soci in materie che possano incidere sui profili organizzativi (le cd. scelte di "interesse primordiale").
Il ruolo dell’assemblea nella gestione dell’impresa: il «sovrano» ha veramente abdicato?
Stefano A. Cerrato
2009-01-01
Abstract
Una delle grandi opzioni della riforma societaria, in materia di s.p.a., è stata la delimitazione delle aree di competenza di soci ed amministratori. L'art. 2380 bis chiarisce plasticamente che la gestione spetta in esclusiva all'organo amministrativo, e l'art. 2364 completa il precetto limitando l'intervento dei soci alle sole autorizzazioni ove richieste dallo statuto, ma ferma la responsabilità degli amministratori per gli atti esecutivi. All'apparenza vi sarebbe pertanto una netta separazione fra proprietà e gestione dell'impresa; tuttavia così non è non appena si osservi che non poche disposizioni ancora prevedono ex lege un potere decisorio pieno dei soci in materie gestorie, pen non parlare poi della situazione di eterogestione legalizzata nei gruppi. Prendendo spunto da questa constatazione, l'autore sostiene che, in realtà, la riforma abbia conservato un sistema di vasi comunicanti fra soci ed amministratori, sia pure ad intensità variabile, nel senso di legittimare, statutariamente, un possibile coinvolgimento dei soci nelle scelte di gestione, graduabile come mera autorizzazione o anche come decisione vera e propria. E ciò nel quadro di un sistema flessibile di rapporti fra i due organi, che si completa considerando anche l'opposto versante della traslazione di competenze dai soci agli amministratori (la delega di competenze), assai ampliato rispetto al passato. Sulla scorta dell'analisi comparatistica, l'autore si interroga anche sulla configurabilità di un sistema di competenze implicite dei soci in materie che possano incidere sui profili organizzativi (le cd. scelte di "interesse primordiale").File | Dimensione | Formato | |
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076 CERRATO Il ruolo RDCiv 2009 133 ss.pdf
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