La vicenda delle condizioni generali ha avuto un andamento opposto in Germania e in Italia. Lì dottrina e giurisprudenza creative elaborarono il § 242 BGB per fondarvi il controllo contenutistico delle clausole fisse, qui dottrina e giurisprudenza (poco creative) furono “sorprese” dal legislatore del 1942, che introdusse però norme minimaliste e prive di finalità autenticamente protettive; lì il contratto per adesione finì col pretendere un riconoscimento normativo, che avvenne nel 1976 col fondamentale “AGB-Gesetz”, qui le norme caddero sostanzialmente sotto silenzio. Con la direttiva 13/93/CEE, notoriamente ispirata all’“AGB-Gesetz”, anche l’Italia fu costretta a “cambiare passo”, ma di nuovo il movimento fu opposto: il legislatore italiano, chiamato ad attuare i precetti della direttiva, dapprima li collocò nel codice civile generale, ma poi, varato il codice del consumo, li riversò alla sua periferìa. Di contro il suo omologo tedesco, nel ritoccare norme già vicine a quelle comunitarie, volle ricodificare l’intero diritto dei consumi in modo tale da riportarlo al centro del sistema. Se ora, per impulso dell’Unione Europea o altrimenti, occorrerà preparare uno statuto organico ed unitario delle condizioni generali, capace di superare le strettoie consumeristiche della legislazione italiana, la Germania sarà pronta, e al più dovrà rifinire il BGB “ricodificato”, mentre l’Italia dovrà correre frettolosamente ai ripari con l’ennesima soluzione posticcia. Occorrerebbe invece costruire, anche da noi, una vera e propria parte generale del contratto per adesione, autonoma e paritetica rispetto a quella dell’accordo individualmente negoziato; ed una tappa preliminare dell’“iter” sarebbe certamente riportare i contratti del consumatore all’interno del nostro codice civile.
Le condizioni generali di contratto: collocazione e limiti del controllo di vessatorietà nella prospettiva italo-tedesca
FERRANTE, Edoardo;
2011-01-01
Abstract
La vicenda delle condizioni generali ha avuto un andamento opposto in Germania e in Italia. Lì dottrina e giurisprudenza creative elaborarono il § 242 BGB per fondarvi il controllo contenutistico delle clausole fisse, qui dottrina e giurisprudenza (poco creative) furono “sorprese” dal legislatore del 1942, che introdusse però norme minimaliste e prive di finalità autenticamente protettive; lì il contratto per adesione finì col pretendere un riconoscimento normativo, che avvenne nel 1976 col fondamentale “AGB-Gesetz”, qui le norme caddero sostanzialmente sotto silenzio. Con la direttiva 13/93/CEE, notoriamente ispirata all’“AGB-Gesetz”, anche l’Italia fu costretta a “cambiare passo”, ma di nuovo il movimento fu opposto: il legislatore italiano, chiamato ad attuare i precetti della direttiva, dapprima li collocò nel codice civile generale, ma poi, varato il codice del consumo, li riversò alla sua periferìa. Di contro il suo omologo tedesco, nel ritoccare norme già vicine a quelle comunitarie, volle ricodificare l’intero diritto dei consumi in modo tale da riportarlo al centro del sistema. Se ora, per impulso dell’Unione Europea o altrimenti, occorrerà preparare uno statuto organico ed unitario delle condizioni generali, capace di superare le strettoie consumeristiche della legislazione italiana, la Germania sarà pronta, e al più dovrà rifinire il BGB “ricodificato”, mentre l’Italia dovrà correre frettolosamente ai ripari con l’ennesima soluzione posticcia. Occorrerebbe invece costruire, anche da noi, una vera e propria parte generale del contratto per adesione, autonoma e paritetica rispetto a quella dell’accordo individualmente negoziato; ed una tappa preliminare dell’“iter” sarebbe certamente riportare i contratti del consumatore all’interno del nostro codice civile.File | Dimensione | Formato | |
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