L’idea di un codice europeo reca in sé il pericolo di un fraintendimento: se mai vi sarà un codice contrattuale per l’Europa unita, certamente non potrà essere qualcosa d’avvicinabile all’esperienza delle codificazioni nazionali, un’esperienza unica ed irripetibile, tanto più a livello comunitario; dovrà essere un testo privo di concettualismi, attento alle regole prima che ai grandi principi, e soprattutto parco nell’uso di clausole generali. Rispetto all’idea di partenza, incarnata dal “Draft Common Frame of Reference” (o DCFR), l’ultima novità ha tutto il sapore dell’arretramento: anziché un codice dei contratti la Commissione UE ha varato una proposta di regolamento per la vendita mobiliare transfrontaliera (il “Common European Sales Law” o CESL), con disposizioni a tutela non solo del consumatore ma anche dell’impresa asservita; una normativa che si fa carico dell’asimmetrìa di potere contrattuale, ma la cui applicabilità è subordinata all’accordo delle parti: ne discende una contraddizione palese fra le mire di protezione della parte debole e la necessità che la parte forte acconsenta all’operare degli strumenti di tutela. Similmente appare miope il tentativo di restringere la materia regolata ai contratti transfrontalieri: anziché armonizzare e riordinare il quadro delle fonti, il CESL finirebbe col rappresentare una fonte in più, a natura settoriale ed opzionale. Non sarebbe stato più opportuno “comunitarizzare” la Convenzione di Vienna? Non sarebbe, questo, un modo suggestivo per creare armonìa su scala planetaria, superando i confini dell’Europa unita?
Diritto privato europeo e "Common European Sales Law" (CESL). Aurora o crepuscolo del codice europeo dei contratti?
FERRANTE, Edoardo
2012-01-01
Abstract
L’idea di un codice europeo reca in sé il pericolo di un fraintendimento: se mai vi sarà un codice contrattuale per l’Europa unita, certamente non potrà essere qualcosa d’avvicinabile all’esperienza delle codificazioni nazionali, un’esperienza unica ed irripetibile, tanto più a livello comunitario; dovrà essere un testo privo di concettualismi, attento alle regole prima che ai grandi principi, e soprattutto parco nell’uso di clausole generali. Rispetto all’idea di partenza, incarnata dal “Draft Common Frame of Reference” (o DCFR), l’ultima novità ha tutto il sapore dell’arretramento: anziché un codice dei contratti la Commissione UE ha varato una proposta di regolamento per la vendita mobiliare transfrontaliera (il “Common European Sales Law” o CESL), con disposizioni a tutela non solo del consumatore ma anche dell’impresa asservita; una normativa che si fa carico dell’asimmetrìa di potere contrattuale, ma la cui applicabilità è subordinata all’accordo delle parti: ne discende una contraddizione palese fra le mire di protezione della parte debole e la necessità che la parte forte acconsenta all’operare degli strumenti di tutela. Similmente appare miope il tentativo di restringere la materia regolata ai contratti transfrontalieri: anziché armonizzare e riordinare il quadro delle fonti, il CESL finirebbe col rappresentare una fonte in più, a natura settoriale ed opzionale. Non sarebbe stato più opportuno “comunitarizzare” la Convenzione di Vienna? Non sarebbe, questo, un modo suggestivo per creare armonìa su scala planetaria, superando i confini dell’Europa unita?File | Dimensione | Formato | |
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