Dopo l’interpretazione restrittiva dei confini di legittimità delle azioni positive adottata nell'assai criticata sentenza Kalanke, nel caso Marshall la Corte di Giustizia europea ammorbidisce la sua rigida posizione, giudicando compatibili con l’art. 2.4 della direttiva sulla parità di trattamento nelle condizioni di lavoro le discipline nazionali che attribuiscono una preferenza alle donne, in caso di pari qualificazione professionale tra candidati di diverso sesso, nell'accesso a posti di lavoro nei quali le donne siano sotto-rappresentate, purché tale preferenza non risulti assoluta e incondizionata. Il saggio analizza il fondamento giuridico e il significato di questa giurisprudenza. In primo luogo, l’autrice spiega che il contrasto della sotto-rappresentazione femminile in certi impieghi va considerato un obiettivo legittimo delle azioni positive previste dal diritto comunitario, denunciando peraltro l’illegittimità delle misure dirette a garantire l’eguale – anziché proporzionata – rappresentanza di lavoratori e lavoratrici. Viene poi evidenziato, in ogni caso, che non qualunque trattamento preferenziale è ammesso per il perseguimento di tale obiettivo: sono perciò illustrati i requisiti che i sistemi di quote devono possedere per rispettare il fondamentale principio comunitario di proporzionalità.
La Corte di Giustizia e le azioni positive: da Kalanke a Marschall
IZZI, Daniela
1998-01-01
Abstract
Dopo l’interpretazione restrittiva dei confini di legittimità delle azioni positive adottata nell'assai criticata sentenza Kalanke, nel caso Marshall la Corte di Giustizia europea ammorbidisce la sua rigida posizione, giudicando compatibili con l’art. 2.4 della direttiva sulla parità di trattamento nelle condizioni di lavoro le discipline nazionali che attribuiscono una preferenza alle donne, in caso di pari qualificazione professionale tra candidati di diverso sesso, nell'accesso a posti di lavoro nei quali le donne siano sotto-rappresentate, purché tale preferenza non risulti assoluta e incondizionata. Il saggio analizza il fondamento giuridico e il significato di questa giurisprudenza. In primo luogo, l’autrice spiega che il contrasto della sotto-rappresentazione femminile in certi impieghi va considerato un obiettivo legittimo delle azioni positive previste dal diritto comunitario, denunciando peraltro l’illegittimità delle misure dirette a garantire l’eguale – anziché proporzionata – rappresentanza di lavoratori e lavoratrici. Viene poi evidenziato, in ogni caso, che non qualunque trattamento preferenziale è ammesso per il perseguimento di tale obiettivo: sono perciò illustrati i requisiti che i sistemi di quote devono possedere per rispettare il fondamentale principio comunitario di proporzionalità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.