In una prospettiva storico comparatistica si affronta il tema della responsabilità civile e amministrativa dei magistrati nell'esperienza romana con particolare riguardo alla realtà municipale dal I secolo a.C. al III secolo d.C., distinguendo le ipotesi del danno causato ai terzi da quelle del danno causato alla collettività di riferimento (danno erariale). Premesso che nell'esperienza romana non si riscontra, come nel diritto attuale, una concorrente responsabilità di un ente pubblico giustificabile in base alla teoria della rappresentanza organica (ancora ignota ai Romani), si esaminano i presupposti della responsabilità del magistrato alla luce delle azioni, che erano concesse ai terzi contro lo stesso e che rivelano in linea di massima una natura privata-penale (actio ex lege Aquilia, actio iniuriarum, actio de dolo, actio quod metus causa, actio subsidiaria). Per quanto riguarda l'assunzione di responsabilità per danno erariale, si pone l'accento sulla cautio rem publicam salvam fore, nonché sulle figure (fideiussores, nominatores, patres dei figli magistrati) che garantivano la conservazione del patrimonio comune unitamente al pubblico amministratore, secondo un principio di solidarietà variamente modulato; si sottolinea inoltre il coinvolgimento, nel controllo della gestione del patrimonio comune, dei cittadini locali, i quali disponevano di un'azione di responsabilità nelle forme dell'actio popularis con praemium litis (lex Irnitana, cap. 70). Tra le peculiarità dell'esperienza giuridica romana confrontata con gli orientamenti attuali, si menziona infine l'eccezione di improcedibilità che giovava al magistrato nel periodo di esercizio della carica a garanzia di un sereno svolgimento delle funzioni di governo.
Le radici romanistiche della responsabilità: aspetti della responsabilità civile e amministrativa del magistrato nell'esperienza romana
TRISCIUOGLIO, Andrea
2011-01-01
Abstract
In una prospettiva storico comparatistica si affronta il tema della responsabilità civile e amministrativa dei magistrati nell'esperienza romana con particolare riguardo alla realtà municipale dal I secolo a.C. al III secolo d.C., distinguendo le ipotesi del danno causato ai terzi da quelle del danno causato alla collettività di riferimento (danno erariale). Premesso che nell'esperienza romana non si riscontra, come nel diritto attuale, una concorrente responsabilità di un ente pubblico giustificabile in base alla teoria della rappresentanza organica (ancora ignota ai Romani), si esaminano i presupposti della responsabilità del magistrato alla luce delle azioni, che erano concesse ai terzi contro lo stesso e che rivelano in linea di massima una natura privata-penale (actio ex lege Aquilia, actio iniuriarum, actio de dolo, actio quod metus causa, actio subsidiaria). Per quanto riguarda l'assunzione di responsabilità per danno erariale, si pone l'accento sulla cautio rem publicam salvam fore, nonché sulle figure (fideiussores, nominatores, patres dei figli magistrati) che garantivano la conservazione del patrimonio comune unitamente al pubblico amministratore, secondo un principio di solidarietà variamente modulato; si sottolinea inoltre il coinvolgimento, nel controllo della gestione del patrimonio comune, dei cittadini locali, i quali disponevano di un'azione di responsabilità nelle forme dell'actio popularis con praemium litis (lex Irnitana, cap. 70). Tra le peculiarità dell'esperienza giuridica romana confrontata con gli orientamenti attuali, si menziona infine l'eccezione di improcedibilità che giovava al magistrato nel periodo di esercizio della carica a garanzia di un sereno svolgimento delle funzioni di governo.File | Dimensione | Formato | |
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