La tradizione editoriale del ’900, sia pure con qualche eccezione, riunisce sotto il titolo «Poeti del “Dolce stil novo”» Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. L’assenza dell’indiscusso protagonista del gruppo è giustificata dal fatto che alla Vita nuova e alle Rime di Dante sono destinati libri autonomi e distinti. Questa disposizione è il risultato della storiografia letteraria tardo-ottocentesca, quando nelle pagine di Francesco De Sanctis, Adolfo Bartoli e Adolfo Gaspary si affermò la formula «Dolce stil novo». Essa ebbe una cospicua fortuna tanto da entrare e non piú uscire dalla manualistica scolastica, sebbene non siano mai venute meno tesi dissenzienti sulla sussistenza e sulla legittimità del concetto storiografico di dolce stil novo. In effetti la problematica è tutt’altro che risolta, come dimostra il perdurare in studi recenti di posizioni opposte: quel verso famoso e filologicamente irrisolto – «di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo» (Pg., XXIV 57), la cui lettura è frutto come noto di ricostruzione congetturale – continua a diffondere non solo sull’esegesi dantesca, ma anche, e soprattutto, sulla storiografia letteraria che si è impossessata di lui le ombre del dubbio. E allora, oggi si può ancora parlare di «Dolce stil novo»? Nonostante il perdurare nella critica letteraria contemporanea di posizioni opposte, resta il dato, ineludibile, che negli ultimi anni del secolo XIII si reagì nettamente, con un forte richiamo all’ordine, alla stagione poetica multiforme, sperimentale, dialogica, eterodossa che caratterizza la lirica del pieno e tardo ’200, dopo gli esordi più compatti della «scuola siciliana». Questi nuovi poeti, pochi ma agguerriti e determinati, richiamano a un repertorio metrico chiuso (canzone, sonetto e ballata), a uno stile limpido, piano e trasparente (‘dolce’), a un’esclusività tematica tutta incentrata sull’amore, a un pubblico rigorosamente preselezionato non solo sul piano culturale ma soprattutto sul piano etico. Con opportune precisazioni (inevitabile il ridimensionamento dell’idea di ‘scuola’), è dunque ancora legittimo parlare di dolce stil novo, tanto piú che la tradizione manoscritta conferma la novità di questa poesia, che resta quasi totalmente esclusa dai tre grandi canzonieri antichi del ’200, mentre proprio attorno ai due Guidi e a Dante si organizzano a partire dal primo ’300, e fino al ’400 inoltrato, le principali raccolte liriche. A distanza di alcuni decenni dall’edizione dei Poeti del Dolce stil nuovo, curata da Mario Marti (Firenze, Le Monnier, 1969) ancora la più completa ma ormai fuori mercato, il Diamante comprende tutte le poesie sicure, e in alcuni casi le rime dubbie, di Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. Il volume è costituito da un’introduzione generale sul Dolce stil novo, da un’essenziale nota bibliografica e da medaglioni introduttivi riservati a ogni poeta antologizzato. Per ogni autore i testi pubblicati sono quelli delle più accreditate edizioni critiche. Il commento rispetta i criteri della collana e, dunque, prevede un cappello introduttivo e note essenziali che hanno soprattutto la funzione di spiegare la lettera del testo, anche se non manca la segnalazione dei rapporti intertestuali. Completano il volume gli indici.

Poeti del dolce stil novo

PIROVANO, Donato
2012-01-01

Abstract

La tradizione editoriale del ’900, sia pure con qualche eccezione, riunisce sotto il titolo «Poeti del “Dolce stil novo”» Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. L’assenza dell’indiscusso protagonista del gruppo è giustificata dal fatto che alla Vita nuova e alle Rime di Dante sono destinati libri autonomi e distinti. Questa disposizione è il risultato della storiografia letteraria tardo-ottocentesca, quando nelle pagine di Francesco De Sanctis, Adolfo Bartoli e Adolfo Gaspary si affermò la formula «Dolce stil novo». Essa ebbe una cospicua fortuna tanto da entrare e non piú uscire dalla manualistica scolastica, sebbene non siano mai venute meno tesi dissenzienti sulla sussistenza e sulla legittimità del concetto storiografico di dolce stil novo. In effetti la problematica è tutt’altro che risolta, come dimostra il perdurare in studi recenti di posizioni opposte: quel verso famoso e filologicamente irrisolto – «di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo» (Pg., XXIV 57), la cui lettura è frutto come noto di ricostruzione congetturale – continua a diffondere non solo sull’esegesi dantesca, ma anche, e soprattutto, sulla storiografia letteraria che si è impossessata di lui le ombre del dubbio. E allora, oggi si può ancora parlare di «Dolce stil novo»? Nonostante il perdurare nella critica letteraria contemporanea di posizioni opposte, resta il dato, ineludibile, che negli ultimi anni del secolo XIII si reagì nettamente, con un forte richiamo all’ordine, alla stagione poetica multiforme, sperimentale, dialogica, eterodossa che caratterizza la lirica del pieno e tardo ’200, dopo gli esordi più compatti della «scuola siciliana». Questi nuovi poeti, pochi ma agguerriti e determinati, richiamano a un repertorio metrico chiuso (canzone, sonetto e ballata), a uno stile limpido, piano e trasparente (‘dolce’), a un’esclusività tematica tutta incentrata sull’amore, a un pubblico rigorosamente preselezionato non solo sul piano culturale ma soprattutto sul piano etico. Con opportune precisazioni (inevitabile il ridimensionamento dell’idea di ‘scuola’), è dunque ancora legittimo parlare di dolce stil novo, tanto piú che la tradizione manoscritta conferma la novità di questa poesia, che resta quasi totalmente esclusa dai tre grandi canzonieri antichi del ’200, mentre proprio attorno ai due Guidi e a Dante si organizzano a partire dal primo ’300, e fino al ’400 inoltrato, le principali raccolte liriche. A distanza di alcuni decenni dall’edizione dei Poeti del Dolce stil nuovo, curata da Mario Marti (Firenze, Le Monnier, 1969) ancora la più completa ma ormai fuori mercato, il Diamante comprende tutte le poesie sicure, e in alcuni casi le rime dubbie, di Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. Il volume è costituito da un’introduzione generale sul Dolce stil novo, da un’essenziale nota bibliografica e da medaglioni introduttivi riservati a ogni poeta antologizzato. Per ogni autore i testi pubblicati sono quelli delle più accreditate edizioni critiche. Il commento rispetta i criteri della collana e, dunque, prevede un cappello introduttivo e note essenziali che hanno soprattutto la funzione di spiegare la lettera del testo, anche se non manca la segnalazione dei rapporti intertestuali. Completano il volume gli indici.
2012
Salerno Editrice
I Diamanti
I-1
XLVIII-800
9788884027306
PIROVANO D
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/130523
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