Nel suo provocatorio Addio alla Natura (2010), saggio che ha acceso vivaci dibattiti in Italia, il semiologo Gianfranco Marrone sostiene che congedarsi dalla Natura è il modo più efficace per salvare il futuro del nostro ambiente e dell’esistenza umana. Al contrario, ne L’Isola di Sukwann, romanzo d’esordio di David Vann, i due protagonisti maschili (un padre assente e depresso e un figlio adolescente e immaturo) riconoscono nella wilderness dell’Alaska il locus ideale per fughe personali, rigenerazioni mentali e nuovi inizi. Nel presente articolo si dimostrerà come entrambi i postulati - un mondo senza Natura e una Natura senza esseri umani - siano destinati a fallire. Ciò che si propone, piuttosto, è un’idea di ContaminAzione, ovvero una graduale consapevolezza di complesse questioni ecocritiche affrontate da una molteplicità di prospettive e con la partecipazione attiva di tutti gli agenti della collettività, umani e non umani. La novella di Vann, inoltre, illustra chiaramente come i testi letterari, quando consapevoli degli ecosistemi in cui sono inscritti, non solo siano in grado di riflettere cogenti questioni ambientali e culturali, ma anche di incidere su stili di vita e modelli comportamentali; toccando il livello della coscienza e della responsabilità individuali, infatti, il romanzo dà prova di effettive ricadute pratiche sulla realtà esistente oltre la pagina scritta. Infine, le correlazioni tra malattia mentale e ambiente circostante dimostrano come il potere redentivo tanto dell’immaginazione quanto della natura non sia in grado di trascendere errori del passato, disfunzioni famigliari e personalissime ossessioni.

ContaminAzioni e AddomesticaMenti: wilderness e follia ne L’isola di Sukwann di David Vann.

FARGIONE, Daniela
2013-01-01

Abstract

Nel suo provocatorio Addio alla Natura (2010), saggio che ha acceso vivaci dibattiti in Italia, il semiologo Gianfranco Marrone sostiene che congedarsi dalla Natura è il modo più efficace per salvare il futuro del nostro ambiente e dell’esistenza umana. Al contrario, ne L’Isola di Sukwann, romanzo d’esordio di David Vann, i due protagonisti maschili (un padre assente e depresso e un figlio adolescente e immaturo) riconoscono nella wilderness dell’Alaska il locus ideale per fughe personali, rigenerazioni mentali e nuovi inizi. Nel presente articolo si dimostrerà come entrambi i postulati - un mondo senza Natura e una Natura senza esseri umani - siano destinati a fallire. Ciò che si propone, piuttosto, è un’idea di ContaminAzione, ovvero una graduale consapevolezza di complesse questioni ecocritiche affrontate da una molteplicità di prospettive e con la partecipazione attiva di tutti gli agenti della collettività, umani e non umani. La novella di Vann, inoltre, illustra chiaramente come i testi letterari, quando consapevoli degli ecosistemi in cui sono inscritti, non solo siano in grado di riflettere cogenti questioni ambientali e culturali, ma anche di incidere su stili di vita e modelli comportamentali; toccando il livello della coscienza e della responsabilità individuali, infatti, il romanzo dà prova di effettive ricadute pratiche sulla realtà esistente oltre la pagina scritta. Infine, le correlazioni tra malattia mentale e ambiente circostante dimostrano come il potere redentivo tanto dell’immaginazione quanto della natura non sia in grado di trascendere errori del passato, disfunzioni famigliari e personalissime ossessioni.
2013
4
1 (Spring 2013)
78
91
http://www.ecozona.eu/index.php/journal/index
Wilderness; Nature and madness; Contamina(c)tion; Ecocriticism
Daniela Fargione
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