L’ampio saggio, che si inscrive nella problematica della “concezione unitaria” (o meno) della colpa e dei relativi criteri di accertamento, ha per oggetto il delicato (e poco esplorato) tema della colpa in re illicita, nel quadro generale della responsabilità oggettiva e delle esigenze del suo superamento per la piena attuazione dell’art. 27, 1° comma, Costituzione. Preliminare alla trattazione del tema specifico è la distinzione – di carattere metodologico – tra la colpa nell’ambito di attività lecite (ove l’ordinamento, posto di fronte a un conflitto di interessi, l’uno postulante il divieto della condotta e l’altro la sua liceità, lo risolve autorizzando le condotte “a rischio” ma prescrivendone determinate modalità di realizzazione idonee ad abbassare il livello di rischio a limiti proporzionati al tipo di interesse) e la colpa che nasce da un contesto di base illecito, da un fatto ab origine (normalmente) doloso, e quindi da un rischio “non consentito”. L’A. rileva che il fenomeno in esame è ad ampio spettro e riguarda il criterio di imputazione dei delitti aggravati dall’evento, della preterintenzione (in senso estensivo), dell’aberratio delicti (generale e speciale), della colpa impropria nell’art. 55 c.p., delle circostanze del reato e del concorso di persone nell’art. 116 c.p., e mette in evidenza le criticità emergenti dalla definizione di colpa contenuta nell’art. 43 c.p., cioè non solo in rapporto alla colpa in re illicita. Con riferimento ai casi di colpa da contesto illecito l’A. si sofferma sui delitti aggravati dall’evento, ed in particolare su quelli in cui l’evento è caratterizzato da morte o lesioni, toccando il nodo problematico dell’omogeneità o eterogeneità del rischio di base rispetto all’evento disvoluto (come requisito negativo costante della fattispecie colposa). Evidenzia che per allontanare tali delitti – ed in particolare l’omicidio preterintenzionale – dall’alveo della responsabilità oggettiva, sono state enunciate sia in dottrina che in giurisprudenza varie teorie, che l’A. esamina in senso critico. La conclusione sul punto è che in queste fattispecie è comunque riconoscibile – con riferimento all’evento aggravatore – la concretizzazione del rischio connaturato alla condotta illecita, dal che deriva una “rappresentabilità” delle conseguenze dannose della condotta. Essenziale è il mantenimento di un legame di adeguatezza causale tra condotta di base – nelle sue concrete modalità esplicative – ed evento aggravatore verificatosi. La parte centrale del lavoro è dedicata all’analisi (in senso parzialmente critico) della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22 gennaio 2009 n. 22676 sull’art. 586 c.p.: tale pronuncia, pur non essendo ritenuta dall’A. risolutiva per porre fine ai contrasti ed ai dubbi interpretativi in ordine alla compatibilità tra queste forme di imputazione di eventi più gravi disvoluti ed il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale, viene segnalata in quanto accoglie esplicitamente il modello della colpa in re illicita e contiene un’ampia motivazione sulla “colpa in concreto”. Nell’approfondire la materia l’A. pone alcuni punti fermi in ordine alla differenza tra “agente modello” in contesto lecito ed il “modello di agente” in contesto illecito, rilevando che anche quest’ultimo ha un dovere di non aggravare le conseguenze delle proprie azioni criminali. Anzi, a ben vedere, nel caso di chi delinque, vi sarà uno spostamento verso l’alto del livello di esigibilità di una condotta che non rechi (ulteriori) danni rispetto a quelli già insiti nella tipicità del fatto doloso di base, e quindi una maggiore rimproverabilità complessiva della stessa. L’Autore offre così una chiave di lettura del codice Rocco senz’altro protesa verso il superamento della responsabilità oggettiva ma non costruita esclusivamente intorno a tale esigenza, delineando al contempo una chiave di lettura governata dal principio di “ragionevolezza” come cardine della scala dei valori costituzionali.

La colpa in re illicita: verso il superamento della responsabilità oggettiva

DASSANO, Francesco
2010-01-01

Abstract

L’ampio saggio, che si inscrive nella problematica della “concezione unitaria” (o meno) della colpa e dei relativi criteri di accertamento, ha per oggetto il delicato (e poco esplorato) tema della colpa in re illicita, nel quadro generale della responsabilità oggettiva e delle esigenze del suo superamento per la piena attuazione dell’art. 27, 1° comma, Costituzione. Preliminare alla trattazione del tema specifico è la distinzione – di carattere metodologico – tra la colpa nell’ambito di attività lecite (ove l’ordinamento, posto di fronte a un conflitto di interessi, l’uno postulante il divieto della condotta e l’altro la sua liceità, lo risolve autorizzando le condotte “a rischio” ma prescrivendone determinate modalità di realizzazione idonee ad abbassare il livello di rischio a limiti proporzionati al tipo di interesse) e la colpa che nasce da un contesto di base illecito, da un fatto ab origine (normalmente) doloso, e quindi da un rischio “non consentito”. L’A. rileva che il fenomeno in esame è ad ampio spettro e riguarda il criterio di imputazione dei delitti aggravati dall’evento, della preterintenzione (in senso estensivo), dell’aberratio delicti (generale e speciale), della colpa impropria nell’art. 55 c.p., delle circostanze del reato e del concorso di persone nell’art. 116 c.p., e mette in evidenza le criticità emergenti dalla definizione di colpa contenuta nell’art. 43 c.p., cioè non solo in rapporto alla colpa in re illicita. Con riferimento ai casi di colpa da contesto illecito l’A. si sofferma sui delitti aggravati dall’evento, ed in particolare su quelli in cui l’evento è caratterizzato da morte o lesioni, toccando il nodo problematico dell’omogeneità o eterogeneità del rischio di base rispetto all’evento disvoluto (come requisito negativo costante della fattispecie colposa). Evidenzia che per allontanare tali delitti – ed in particolare l’omicidio preterintenzionale – dall’alveo della responsabilità oggettiva, sono state enunciate sia in dottrina che in giurisprudenza varie teorie, che l’A. esamina in senso critico. La conclusione sul punto è che in queste fattispecie è comunque riconoscibile – con riferimento all’evento aggravatore – la concretizzazione del rischio connaturato alla condotta illecita, dal che deriva una “rappresentabilità” delle conseguenze dannose della condotta. Essenziale è il mantenimento di un legame di adeguatezza causale tra condotta di base – nelle sue concrete modalità esplicative – ed evento aggravatore verificatosi. La parte centrale del lavoro è dedicata all’analisi (in senso parzialmente critico) della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22 gennaio 2009 n. 22676 sull’art. 586 c.p.: tale pronuncia, pur non essendo ritenuta dall’A. risolutiva per porre fine ai contrasti ed ai dubbi interpretativi in ordine alla compatibilità tra queste forme di imputazione di eventi più gravi disvoluti ed il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale, viene segnalata in quanto accoglie esplicitamente il modello della colpa in re illicita e contiene un’ampia motivazione sulla “colpa in concreto”. Nell’approfondire la materia l’A. pone alcuni punti fermi in ordine alla differenza tra “agente modello” in contesto lecito ed il “modello di agente” in contesto illecito, rilevando che anche quest’ultimo ha un dovere di non aggravare le conseguenze delle proprie azioni criminali. Anzi, a ben vedere, nel caso di chi delinque, vi sarà uno spostamento verso l’alto del livello di esigibilità di una condotta che non rechi (ulteriori) danni rispetto a quelli già insiti nella tipicità del fatto doloso di base, e quindi una maggiore rimproverabilità complessiva della stessa. L’Autore offre così una chiave di lettura del codice Rocco senz’altro protesa verso il superamento della responsabilità oggettiva ma non costruita esclusivamente intorno a tale esigenza, delineando al contempo una chiave di lettura governata dal principio di “ragionevolezza” come cardine della scala dei valori costituzionali.
2010
Scritti in memoria di Giuliano Marini
ESI
249
280
9788849520286
Colpa; colpa penale; responsabilità oggettiva; delitti aggravati dall'evento; prevedibilità; evitabilità; omicidio preteritenzionale; preterintenzione; art. 586 c.p.; Cass. Sezioni Unite 22/01/2009 n. 22676; art. 27 Costituzione; causalità; aberratio; personalità della responsabilità penale; principio di ragionevolezza
F. DASSANO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/138111
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