Esempio comunque paradigmatico, rispetto agli esiti di un possibile giudizio positivo o di un’eventuale radicale censura, della stampa periodica d’arte di area germanica tra Otto e Novecento, «Die Graphischen Künste», è rivista aperta alle declinazioni del disegno, della xilografia, calcografia, litografia e illustrazione libraria. Ma anche, nonostante il titolo, concepito con spirito rigorosamente programmatico, è periodico in parte votato alla fotografia, nelle sue epifanie sperimentali o nelle sue manifestazioni storicizzate. Fondata nel 1879 come organo della Gesellschaft für vervielfältigende Künst (Società delle arti di riproduzione) istituita a Vienna nel 1871 per contrastare l’esponenziale sviluppo dell’arte della fotografia e promuovere le tecniche di riproduzione grafica, la testata, profondamente improntata nella prima decade da Oskar Berggruen, nonno del più celebrato gallerista e collezionista, tende a promuovere la riproduzione di capolavori dell’arte grafica attraverso procedimenti xilografici e calcografici (in particolare l’acquaforte) e anche attraverso altri strumenti. Rivista annuale in seguito (dal 1885) discriminata nella propria periodicità, essa acquista rapidamente una sovrana centralità a scapito delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst», che, avendo iniziato le pubblicazioni nel 1872 e proseguendole, al pari di «Die Graphischen Künste», fino al 1933, recedono a un ruolo laterale pur continuando a rivestire la loro funzione sistematica di organo d’informazione delle attività della società. Unica soluzione di continuità nella pubblicazione delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst», l’uscita annuale, tra il 1888 ed il 1891, della «Chronik für vervielfältigende Künst». Lo scioglimento nel 1933 della Gesellschaft für vervielfältigende Künst, che consegue l’irreversibile obsolescenza culturale, determina ad un tempo, l’interruzione della pubblicazione sia delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst» sia della rivista in oggetto. Nella quale l’intento di promuovere l’indagine specifica delle tecniche grafiche e delle loro possibilità evolutive, si coniuga all’analisi di singole identità artistiche, di significanti esperienze collezionistiche (vedi la Galleria Schack) e resoconti espositivi. La contrapposizione programmatica alle tecniche riproduttive fotografiche motiva la sola e univoca presenza all’interno dell’apparato iconografico di immagini incise: le cosiddette Kunstbeilagen auβer Text (traduzioni incisorie a piena pagina), Initialen und Vignetten (capolettera e illustrazioni di vario genere non a piena pagina che, con valore eminentemente ornamentale decorativo, contemplano nella maggior parte dei casi, gli autoritratti degli artisti cui si riferiscono saggi di carattere monografico). L’orientamento accademico delle prime due decadi della rivista conosce una non superficiale metamorfosi sulla scia della Secessione viennese e del suo periodico «Ver Sacrum» (1898-1903). Ciò che determina una nuova centralità dell’incisione originale rispetto alla grafica di traduzione. Altro fattore di crescita e transizione culturale, che si manifesta a partire dal primo decennio, lo Jugendstil e il suo organo (la rivista «Jugend» nata a Monaco con Hirth nel 1896). Scardinando l’assetto teorico e programmatico della Erste Folge, la Neue Folge (1835-1941) di «Die Graphischen Künste» - artefici Arpad Weixelgärtner e Augusto Calabi insieme all’editore, non viennese, Rudolf Rohrer – elegge invece a nodo tematico lo studio della grafica di alta epoca. Partendo dall’Einleitung, sorta di manifesto d’intenti che supera la mera funzione introduttiva, l’analisi del periodico viennese rinvia alla creazione di un vasto, complesso, frastagliato terreno di dati e di informazioni che trascende l’area italiana, sostanziando per la prima volta, anche a livello internazionale, un quadro significativo della attività (nei suoi anni iniziali) di uno dei periodici nodali alla comprensione del fronte artistico viennese tra Otto e Novecento, attraverso i contenuti dei saggi, articoli, recensioni spesso tematicamente stratificati, attraverso l’identità culturale, critica di direttori, redattori, autori, e lo spessore linguistico di artisti e illustratori che a tale periodico hanno con frequenza o sporadicamente collaborato. In contrapposizione alla diffusione della fotografia, molti artisti crearono infatti opere grafiche originali inserite a modo di tavola all’interno dei vari fascicoli, i quali vengono dunque a rappresentare dei ricettori, mai sinora sistematicamente analizzati, di epifanie artistiche talora ragguardevoli anche per cifra stilistica e culturale.
Dialettica dell’immagine tra incisione e fotografia. «Die Graphischen Künste».
TORDELLA, Piera Giovanna
2013-01-01
Abstract
Esempio comunque paradigmatico, rispetto agli esiti di un possibile giudizio positivo o di un’eventuale radicale censura, della stampa periodica d’arte di area germanica tra Otto e Novecento, «Die Graphischen Künste», è rivista aperta alle declinazioni del disegno, della xilografia, calcografia, litografia e illustrazione libraria. Ma anche, nonostante il titolo, concepito con spirito rigorosamente programmatico, è periodico in parte votato alla fotografia, nelle sue epifanie sperimentali o nelle sue manifestazioni storicizzate. Fondata nel 1879 come organo della Gesellschaft für vervielfältigende Künst (Società delle arti di riproduzione) istituita a Vienna nel 1871 per contrastare l’esponenziale sviluppo dell’arte della fotografia e promuovere le tecniche di riproduzione grafica, la testata, profondamente improntata nella prima decade da Oskar Berggruen, nonno del più celebrato gallerista e collezionista, tende a promuovere la riproduzione di capolavori dell’arte grafica attraverso procedimenti xilografici e calcografici (in particolare l’acquaforte) e anche attraverso altri strumenti. Rivista annuale in seguito (dal 1885) discriminata nella propria periodicità, essa acquista rapidamente una sovrana centralità a scapito delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst», che, avendo iniziato le pubblicazioni nel 1872 e proseguendole, al pari di «Die Graphischen Künste», fino al 1933, recedono a un ruolo laterale pur continuando a rivestire la loro funzione sistematica di organo d’informazione delle attività della società. Unica soluzione di continuità nella pubblicazione delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst», l’uscita annuale, tra il 1888 ed il 1891, della «Chronik für vervielfältigende Künst». Lo scioglimento nel 1933 della Gesellschaft für vervielfältigende Künst, che consegue l’irreversibile obsolescenza culturale, determina ad un tempo, l’interruzione della pubblicazione sia delle «Mitteilungen der Gesellschaft für vervielfältigende Künst» sia della rivista in oggetto. Nella quale l’intento di promuovere l’indagine specifica delle tecniche grafiche e delle loro possibilità evolutive, si coniuga all’analisi di singole identità artistiche, di significanti esperienze collezionistiche (vedi la Galleria Schack) e resoconti espositivi. La contrapposizione programmatica alle tecniche riproduttive fotografiche motiva la sola e univoca presenza all’interno dell’apparato iconografico di immagini incise: le cosiddette Kunstbeilagen auβer Text (traduzioni incisorie a piena pagina), Initialen und Vignetten (capolettera e illustrazioni di vario genere non a piena pagina che, con valore eminentemente ornamentale decorativo, contemplano nella maggior parte dei casi, gli autoritratti degli artisti cui si riferiscono saggi di carattere monografico). L’orientamento accademico delle prime due decadi della rivista conosce una non superficiale metamorfosi sulla scia della Secessione viennese e del suo periodico «Ver Sacrum» (1898-1903). Ciò che determina una nuova centralità dell’incisione originale rispetto alla grafica di traduzione. Altro fattore di crescita e transizione culturale, che si manifesta a partire dal primo decennio, lo Jugendstil e il suo organo (la rivista «Jugend» nata a Monaco con Hirth nel 1896). Scardinando l’assetto teorico e programmatico della Erste Folge, la Neue Folge (1835-1941) di «Die Graphischen Künste» - artefici Arpad Weixelgärtner e Augusto Calabi insieme all’editore, non viennese, Rudolf Rohrer – elegge invece a nodo tematico lo studio della grafica di alta epoca. Partendo dall’Einleitung, sorta di manifesto d’intenti che supera la mera funzione introduttiva, l’analisi del periodico viennese rinvia alla creazione di un vasto, complesso, frastagliato terreno di dati e di informazioni che trascende l’area italiana, sostanziando per la prima volta, anche a livello internazionale, un quadro significativo della attività (nei suoi anni iniziali) di uno dei periodici nodali alla comprensione del fronte artistico viennese tra Otto e Novecento, attraverso i contenuti dei saggi, articoli, recensioni spesso tematicamente stratificati, attraverso l’identità culturale, critica di direttori, redattori, autori, e lo spessore linguistico di artisti e illustratori che a tale periodico hanno con frequenza o sporadicamente collaborato. In contrapposizione alla diffusione della fotografia, molti artisti crearono infatti opere grafiche originali inserite a modo di tavola all’interno dei vari fascicoli, i quali vengono dunque a rappresentare dei ricettori, mai sinora sistematicamente analizzati, di epifanie artistiche talora ragguardevoli anche per cifra stilistica e culturale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.