Un secolo or sono Robert Hertz (1913) scriveva con rammarico nel suo famoso articolo sul culto di San Besso che «la vieille culture locale, qui formait l’atmosphère naturelle de Saint-Besse, est déjà fortement entamée: elle ne résistera pas très longtemps à l’invasion des gens des villes, des idées et des mœurs modernes». Questo inarrestabile declino lo portava a prevedere che di lì a poco il Santo sarebbe stato costretto a cercare un anonimo rifugio nelle pianure, scomparendo quasi del tutto dalle montagne: alla gente della valle il Monte San Besso avrebbe al più offerto «un but d’excursion, où l’on ira, le 10 août, pique-niquer et danser sans trop savoir pourquoi». A cent’anni di distanza, tanto il culto di San Besso quanto il saggio dedicatogli da Hertz stanno invece dimostrando una imprevista vitalità. A causa soprattutto della precoce scomparsa, Hertz non hanno a lungo goduto di una fortuna comparabile a quella di altri membri della scuola durkheimiana. A partire dagli anni ’50, tuttavia, si è assistito a un’autentica riscoperta di Hertz, dovuta però quasi esclusivamente all’interesse suscitato – nei paesi anglo-sassoni non meno che in Francia – dai due grandi lavori sulla rappresentazione della morte e sulla preminenza della mano destra. Negli ultimi due decenni è stato invece proprio l’articolo su San Besso ad attirare l’attenzione di più comunità scientifiche e a stimolare ricerche e dibattiti (Isnart 2009). Il presente saggio si ripromette di individuare le ragioni che spiegano la perdurante vitalità di questo studio e le prospettive che apre oggi alle indagini antropologiche in area alpina. Se la sua attuale rilevanza è in larga misura dovuta alla tenacia stessa dimostrata dal culto di San Besso, che ne ha fatto un caso esemplare all’interno del dibattito sulla rivitalizzazione dei rituali in Europa (MacClancy, Parkin 1997), prospettive non meno importanti sono state indicate da Horden e Purcell (2000), che dal culto di San Besso sono partiti per disegnare la geografia sacra di lunga durata dell’area peri-mediterranea.

La sorprendente vitalità di un culto e di uno studio: San Besso, Hertz e l'antropologia alpina oggi

VIAZZO, Piero
2013-01-01

Abstract

Un secolo or sono Robert Hertz (1913) scriveva con rammarico nel suo famoso articolo sul culto di San Besso che «la vieille culture locale, qui formait l’atmosphère naturelle de Saint-Besse, est déjà fortement entamée: elle ne résistera pas très longtemps à l’invasion des gens des villes, des idées et des mœurs modernes». Questo inarrestabile declino lo portava a prevedere che di lì a poco il Santo sarebbe stato costretto a cercare un anonimo rifugio nelle pianure, scomparendo quasi del tutto dalle montagne: alla gente della valle il Monte San Besso avrebbe al più offerto «un but d’excursion, où l’on ira, le 10 août, pique-niquer et danser sans trop savoir pourquoi». A cent’anni di distanza, tanto il culto di San Besso quanto il saggio dedicatogli da Hertz stanno invece dimostrando una imprevista vitalità. A causa soprattutto della precoce scomparsa, Hertz non hanno a lungo goduto di una fortuna comparabile a quella di altri membri della scuola durkheimiana. A partire dagli anni ’50, tuttavia, si è assistito a un’autentica riscoperta di Hertz, dovuta però quasi esclusivamente all’interesse suscitato – nei paesi anglo-sassoni non meno che in Francia – dai due grandi lavori sulla rappresentazione della morte e sulla preminenza della mano destra. Negli ultimi due decenni è stato invece proprio l’articolo su San Besso ad attirare l’attenzione di più comunità scientifiche e a stimolare ricerche e dibattiti (Isnart 2009). Il presente saggio si ripromette di individuare le ragioni che spiegano la perdurante vitalità di questo studio e le prospettive che apre oggi alle indagini antropologiche in area alpina. Se la sua attuale rilevanza è in larga misura dovuta alla tenacia stessa dimostrata dal culto di San Besso, che ne ha fatto un caso esemplare all’interno del dibattito sulla rivitalizzazione dei rituali in Europa (MacClancy, Parkin 1997), prospettive non meno importanti sono state indicate da Horden e Purcell (2000), che dal culto di San Besso sono partiti per disegnare la geografia sacra di lunga durata dell’area peri-mediterranea.
2013
Hertz: un homme, un culte et la naissance de l'ethnologie alpine
Région Autonome de la Vallée d'Aoste
73
84
9788890693168
Robert Hertz; San Besso; antropologia alpina
Pier Paolo, Viazzo
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