Il saggio dà conto della costruzione e dell’uso politico dell’epopea della guerra di Crimea dal periodo cavouriano sino al giubileo della patria del 1911, con l’ausilio di bibliografia italiana sulla spedizione d’Oriente (in particolare di diari e memoriali di ufficiali presenti sul terreno del conflitto), di testi analitici in lingua inglese e francese e di innumerevoli fonti d’archivio, in gran parte inedite. La costruzione dell’epica della spedizione d’Oriente e della Cernaia, con la produzione di immagini e simboli durevoli da iscrivere nella memoria collettiva del Risorgimento italiano, mentre ne era ancora in corso la realizzazione, fu allestita ad arte dal governo sardo a guerra ancora in corso con il coinvolgimento dell’opinione pubblica attraverso le corrispondenze dal fronte, le immagini, i dispacci telegrafici quasi in tempo reale, in quello che fu senza dubbio il primo conflitto mediatico della storia. Essa si sarebbe intensificata in maniera massiccia dopo il Congresso di Parigi. Si trattava infatti da parte del ceto dirigente moderato subalpino di utilizzare la memoria della guerra di Crimea per giustificare all’opinione pubblica, a posteriori, alla luce del successo diplomatico ottenuto da Cavour in Francia, l’enorme costo finanziario, militare e umano della spedizione e presentarlo come l’audace mossa per portare il regno di Sardegna al tavolo della pace e farvi riconoscere l’esistenza politica di una questione italiana, di cui il Piemonte cavouriano appariva l’interprete unico. Ancora, era il tentativo di edificare una solida epopea militare (oltre che diplomatica, rispetto al ruolo giocato dal primo ministro) sulla spedizione d’Oriente a fini di costruzione del consenso politico. Veniva così allestito - fisicamente sulle alture di Balaklava, nella memoria in Italia - il pantheon degli eroi, dei capi militari e degli ufficiali caduti in combattimento, con il coinvolgimento massiccio dei ceti medi e bassi grazie all’abbondante produzione di immagini celebrative della battaglia della Cernaia e dell’assedio di Sebastopoli, analogamente a quanto già facevano inglesi e francesi. In tale contesto emerge in tutta la sua forza simbolica la vicenda della morte in Crimea di Alessandro La Marmora e del recupero delle ceneri organizzato cinquant’anni dopo dai nazionalisti, i quali intesero sfruttare l’esposizione mediatica dell’evento a fini propagandistici, impossessandosi di un modello di eroismo attinto dal pantheon risorgimentale e riproposto nel contesto storico precedente la prima guerra mondiale.
Morte di un generale in Crimea. Un’epopea della spedizione d’Oriente da Cavour ai nazionalisti
CAVICCHIOLI, Silvia
2013-01-01
Abstract
Il saggio dà conto della costruzione e dell’uso politico dell’epopea della guerra di Crimea dal periodo cavouriano sino al giubileo della patria del 1911, con l’ausilio di bibliografia italiana sulla spedizione d’Oriente (in particolare di diari e memoriali di ufficiali presenti sul terreno del conflitto), di testi analitici in lingua inglese e francese e di innumerevoli fonti d’archivio, in gran parte inedite. La costruzione dell’epica della spedizione d’Oriente e della Cernaia, con la produzione di immagini e simboli durevoli da iscrivere nella memoria collettiva del Risorgimento italiano, mentre ne era ancora in corso la realizzazione, fu allestita ad arte dal governo sardo a guerra ancora in corso con il coinvolgimento dell’opinione pubblica attraverso le corrispondenze dal fronte, le immagini, i dispacci telegrafici quasi in tempo reale, in quello che fu senza dubbio il primo conflitto mediatico della storia. Essa si sarebbe intensificata in maniera massiccia dopo il Congresso di Parigi. Si trattava infatti da parte del ceto dirigente moderato subalpino di utilizzare la memoria della guerra di Crimea per giustificare all’opinione pubblica, a posteriori, alla luce del successo diplomatico ottenuto da Cavour in Francia, l’enorme costo finanziario, militare e umano della spedizione e presentarlo come l’audace mossa per portare il regno di Sardegna al tavolo della pace e farvi riconoscere l’esistenza politica di una questione italiana, di cui il Piemonte cavouriano appariva l’interprete unico. Ancora, era il tentativo di edificare una solida epopea militare (oltre che diplomatica, rispetto al ruolo giocato dal primo ministro) sulla spedizione d’Oriente a fini di costruzione del consenso politico. Veniva così allestito - fisicamente sulle alture di Balaklava, nella memoria in Italia - il pantheon degli eroi, dei capi militari e degli ufficiali caduti in combattimento, con il coinvolgimento massiccio dei ceti medi e bassi grazie all’abbondante produzione di immagini celebrative della battaglia della Cernaia e dell’assedio di Sebastopoli, analogamente a quanto già facevano inglesi e francesi. In tale contesto emerge in tutta la sua forza simbolica la vicenda della morte in Crimea di Alessandro La Marmora e del recupero delle ceneri organizzato cinquant’anni dopo dai nazionalisti, i quali intesero sfruttare l’esposizione mediatica dell’evento a fini propagandistici, impossessandosi di un modello di eroismo attinto dal pantheon risorgimentale e riproposto nel contesto storico precedente la prima guerra mondiale.File | Dimensione | Formato | |
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