Il complesso rapporto tra disturbi di personalità e psicosi è da sempre oggetto di dibattito. Già Morel nel 1860 aveva descritto le predisposizioni temperamentali alla malattia mentale e riconosciuto che, se alcuni “stati nevrotici” erano manifestazione del “periodo di incubazione della follia”, sembrava tuttavia che molte persone trascorressero la vita intera in tali condizioni, senza mai manifestare psicosi. Nel corso del ‘900 i principali Autori si sono divisi tra chi considerava la personalità premorbosa e la psicosi in rapporto di continuità (1; 2) e chi preferiva considerarli come fenomeni indipendenti (3, 4). Kraepelin (5) aveva osservato che i parenti dei pazienti schizofrenici presentavano una fenomenologia simile, pur non essendo francamente psicotici. Bleuler (6) utilizzava il termine schizoidia per esprimere un modo di essere psichico “che compare aumentato in maniera patologica nella schizofrenia e nel suo stato intermedio nelle persone psicopatiche, dette schizoidi”, introducendo così il concetto di personalità schizoide come comune substrato costituzionale (7). Kretschmer (8) completò la definizione di schizoidia come quella di uno stato di confine tra il sano ed il morboso, connotata da una disposizione autistica e da una struttura affettiva caratterizzata dalla coesistenza di anestesia ed iperestesia emotiva. Concettualizzò inoltre determinate sindromi psicotiche paranoidi come sviluppo di uno specifico tipo di personalità (carattere sensitivo), teorizzando un potenziale percorso patogenetico che, in determinati ambiti costituzionali, legava ad una specifica predisposizione, la schizotimia, in un primo tempo la schizoidia, quindi la schizofrenia conclamata. Il modello della continuità tra definiti disturbi di personalità e schizofrenia trovò supporto negli studi familiari (ad esempio, gli studi danesi sull’adozione, 9) e diede origine al concetto di “spettro schizofrenico”, al cui interno vennero collocate la schizofrenia cronica, la reazione schizofrenica acuta, la schizofrenia borderline, nonché la personalità inadeguata e schizoide. La modesta prevalenza della personalità schizoide nei parenti biologici di schizofrenici e la sua incapacità di differenziare questi soggetti dai controlli, sollecitarono gli autori a sostituirla con la “schizofrenia borderline”, concetto psicopatologico-genealogico correlato alla schizofrenia. Essa veniva definita da alcuni criteri clinici riguardanti il pensiero (ideazione bizzarra o atipica, lievi disturbi formali del pensiero, linguaggio vago o circostanziato), l’esperienza (brevi episodi di distorsione cognitiva, depersonalizzazione), l’affettività (anedonia, mancata partecipazione profonda), le relazioni interpersonali (disponibilità relazionale superficiale, “personalità come se”, disadattamento sessuale) e la psicopatologia (nevrosi multiple, ansia generalizzata grave). Circa una decade più tardi, con l’avvento del DSM-III (10), la schizofrenia borderline venne scissa in due entità nosografiche: il disturbo schizotipico di personalità (DSP), i cui criteri diagnostici mostravano elevata sensibilità nell’individuare i parenti di schizofrenici (11, 12, 13), e il disturbo borderline di personalità (DBP), inizialmente delineato senza includere la componente psicotica, ma ancora molto vicino alle descrizioni di Hoch e Polatin di schizofrenia pseudonevrotica (14). Al momento della stesura del DSM-III il disturbo schizotipico di personalità ha accolto solo parte del contenuto psicopatologico della ben più ampia nozione classica di schizoidia, i cui elementi di ipoestesia emotiva sono confluiti nel disturbo schizoide di personalità, mentre quelli di iperestesia si ritrovano nel disturbo evitante di personalità (15, 16). Inoltre, sulla base delle affinità fenomeniche il DSM ha affiancato al DSP e al disturbo schizoide di personalità, il disturbo paranoide di personalità, derivato dalle descrizioni classiche del carattere sensitivo di Kretschmer, riunendo i tre disturbi di personalità nel cluster A, all’interno dello spettro schizofrenico. Da questo breve excursus storico appare evidente come aspetti psicopatologici espressione di una vulnerabilità psicotica possono essere individuati anche in disturbi di personalità diversi da quelli che l’attuale sistema classificativo include nel cluster A. Fra i disturbi del cluster A, i dati più probanti della ricerca attengono al DSP, mentre risultano meno univoci e consistenti quelli relativi allo schizoide e al paranoide. I risultati di un ampio studio clinico (17) in cui è stata valutata la personalità premorbosa di pazienti psicotici ricoverati hanno evidenziato un pattern relativamente specifico di associazione tra disturbi di asse I e II: i DP schizotipico, schizoide, antisociale sarebbero correlati alla schizofrenia, il DP evitante al disturbo schizofreniforme, il DP schizoide al disturbo schizoaffettivo e al disturbo bipolare, il DP ossessivo alla depressione maggiore, il DP paranoide al disturbo delirante, il DP istrionico alla psicosi reattiva breve, il DP dipendente alla psicosi atipica. Questi dati suggeriscono che la relazione tra personalità e disturbi psicotici sia disturbo-specifica, nel senso che il tipo di personalità premorbosa predispone in modo relativamente specifico ad un determinato disturbo psicotico. Tuttavia si tratta di una relazione complessa, mediata da numerosi ed eterogenei fattori la cui natura è tuttora controverso oggetto di studio. Riguardo all’incidenza dei sintomi psicotici, un tempo ritenuti prevalentemente rappresentati nelle psicosi schizofreniche, sono frequentemente riscontrati non solo in molti altri disturbi di Asse I e II (18), ma anche nella popolazione generale, con una frequenza del 2-17,5% (19, 20, 21), pur non costituendo un fattore di rischio per lo sviluppo di psicosi maggiori (21, 22). Il presente lavoro si propone di indagare i rapporti tra disturbi di personalità e psicosi attraverso una rassegna della letteratura disponibile, circoscrivendo l’area di ricerca ai due disturbi di personalità storicamente correlati alla psicosi, il DSP e il DBP. Per ciascun disturbo, partendo dall’origine del costrutto diagnostico, verranno prese in esame le connessioni cliniche e patogenetiche con i fenomeni psicotici, anche alla luce delle conoscenze psicopatologiche e delle recenti acquisizioni nel campo delle neuroscienze.

Disturbi di personalità e psicosi: revisione critica della letteratura

BELLINO, Silvio;RINALDI, Camilla;BRUNETTI, Chiara;BOGETTO, Filippo
2013-01-01

Abstract

Il complesso rapporto tra disturbi di personalità e psicosi è da sempre oggetto di dibattito. Già Morel nel 1860 aveva descritto le predisposizioni temperamentali alla malattia mentale e riconosciuto che, se alcuni “stati nevrotici” erano manifestazione del “periodo di incubazione della follia”, sembrava tuttavia che molte persone trascorressero la vita intera in tali condizioni, senza mai manifestare psicosi. Nel corso del ‘900 i principali Autori si sono divisi tra chi considerava la personalità premorbosa e la psicosi in rapporto di continuità (1; 2) e chi preferiva considerarli come fenomeni indipendenti (3, 4). Kraepelin (5) aveva osservato che i parenti dei pazienti schizofrenici presentavano una fenomenologia simile, pur non essendo francamente psicotici. Bleuler (6) utilizzava il termine schizoidia per esprimere un modo di essere psichico “che compare aumentato in maniera patologica nella schizofrenia e nel suo stato intermedio nelle persone psicopatiche, dette schizoidi”, introducendo così il concetto di personalità schizoide come comune substrato costituzionale (7). Kretschmer (8) completò la definizione di schizoidia come quella di uno stato di confine tra il sano ed il morboso, connotata da una disposizione autistica e da una struttura affettiva caratterizzata dalla coesistenza di anestesia ed iperestesia emotiva. Concettualizzò inoltre determinate sindromi psicotiche paranoidi come sviluppo di uno specifico tipo di personalità (carattere sensitivo), teorizzando un potenziale percorso patogenetico che, in determinati ambiti costituzionali, legava ad una specifica predisposizione, la schizotimia, in un primo tempo la schizoidia, quindi la schizofrenia conclamata. Il modello della continuità tra definiti disturbi di personalità e schizofrenia trovò supporto negli studi familiari (ad esempio, gli studi danesi sull’adozione, 9) e diede origine al concetto di “spettro schizofrenico”, al cui interno vennero collocate la schizofrenia cronica, la reazione schizofrenica acuta, la schizofrenia borderline, nonché la personalità inadeguata e schizoide. La modesta prevalenza della personalità schizoide nei parenti biologici di schizofrenici e la sua incapacità di differenziare questi soggetti dai controlli, sollecitarono gli autori a sostituirla con la “schizofrenia borderline”, concetto psicopatologico-genealogico correlato alla schizofrenia. Essa veniva definita da alcuni criteri clinici riguardanti il pensiero (ideazione bizzarra o atipica, lievi disturbi formali del pensiero, linguaggio vago o circostanziato), l’esperienza (brevi episodi di distorsione cognitiva, depersonalizzazione), l’affettività (anedonia, mancata partecipazione profonda), le relazioni interpersonali (disponibilità relazionale superficiale, “personalità come se”, disadattamento sessuale) e la psicopatologia (nevrosi multiple, ansia generalizzata grave). Circa una decade più tardi, con l’avvento del DSM-III (10), la schizofrenia borderline venne scissa in due entità nosografiche: il disturbo schizotipico di personalità (DSP), i cui criteri diagnostici mostravano elevata sensibilità nell’individuare i parenti di schizofrenici (11, 12, 13), e il disturbo borderline di personalità (DBP), inizialmente delineato senza includere la componente psicotica, ma ancora molto vicino alle descrizioni di Hoch e Polatin di schizofrenia pseudonevrotica (14). Al momento della stesura del DSM-III il disturbo schizotipico di personalità ha accolto solo parte del contenuto psicopatologico della ben più ampia nozione classica di schizoidia, i cui elementi di ipoestesia emotiva sono confluiti nel disturbo schizoide di personalità, mentre quelli di iperestesia si ritrovano nel disturbo evitante di personalità (15, 16). Inoltre, sulla base delle affinità fenomeniche il DSM ha affiancato al DSP e al disturbo schizoide di personalità, il disturbo paranoide di personalità, derivato dalle descrizioni classiche del carattere sensitivo di Kretschmer, riunendo i tre disturbi di personalità nel cluster A, all’interno dello spettro schizofrenico. Da questo breve excursus storico appare evidente come aspetti psicopatologici espressione di una vulnerabilità psicotica possono essere individuati anche in disturbi di personalità diversi da quelli che l’attuale sistema classificativo include nel cluster A. Fra i disturbi del cluster A, i dati più probanti della ricerca attengono al DSP, mentre risultano meno univoci e consistenti quelli relativi allo schizoide e al paranoide. I risultati di un ampio studio clinico (17) in cui è stata valutata la personalità premorbosa di pazienti psicotici ricoverati hanno evidenziato un pattern relativamente specifico di associazione tra disturbi di asse I e II: i DP schizotipico, schizoide, antisociale sarebbero correlati alla schizofrenia, il DP evitante al disturbo schizofreniforme, il DP schizoide al disturbo schizoaffettivo e al disturbo bipolare, il DP ossessivo alla depressione maggiore, il DP paranoide al disturbo delirante, il DP istrionico alla psicosi reattiva breve, il DP dipendente alla psicosi atipica. Questi dati suggeriscono che la relazione tra personalità e disturbi psicotici sia disturbo-specifica, nel senso che il tipo di personalità premorbosa predispone in modo relativamente specifico ad un determinato disturbo psicotico. Tuttavia si tratta di una relazione complessa, mediata da numerosi ed eterogenei fattori la cui natura è tuttora controverso oggetto di studio. Riguardo all’incidenza dei sintomi psicotici, un tempo ritenuti prevalentemente rappresentati nelle psicosi schizofreniche, sono frequentemente riscontrati non solo in molti altri disturbi di Asse I e II (18), ma anche nella popolazione generale, con una frequenza del 2-17,5% (19, 20, 21), pur non costituendo un fattore di rischio per lo sviluppo di psicosi maggiori (21, 22). Il presente lavoro si propone di indagare i rapporti tra disturbi di personalità e psicosi attraverso una rassegna della letteratura disponibile, circoscrivendo l’area di ricerca ai due disturbi di personalità storicamente correlati alla psicosi, il DSP e il DBP. Per ciascun disturbo, partendo dall’origine del costrutto diagnostico, verranno prese in esame le connessioni cliniche e patogenetiche con i fenomeni psicotici, anche alla luce delle conoscenze psicopatologiche e delle recenti acquisizioni nel campo delle neuroscienze.
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213
227
http://www.gipsicopatol.it
personality disorders; psychotic disorders; schizotypal personality disorder; borderline personality disorder; schizophrenia
Silvio Bellino; Camilla Rinaldi; Chiara Brunetti; Andrea Cremasco; Filippo Bogetto
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Bellino S. et al. Disturbi di personalità e psicosi. J Psychopathol 2013.pdf

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