Dall’arabesco al geroglifico: le forme musicali incontrano una imago retorica

L'articolo esamina alcuni aspetti dell'arabesco nelle composizioni pianistiche di Robert Schumann, collegandolo al pensiero di Jean Paul e di Friedrich Schlegel, confrontando alcune dichiarazioni di Schumann con l'opinione corrente nella riflessione musicale del tempo, secondo cui l'arabesco veniva meno alle ragioni di coerenza interna richieste a una composizione. Si accenna anche al mutamento di prospettiva che dopo Schumann porterà a mettere in evidenza proprio il carattere esornativo che aveva reso problematica l'adozione dell'arabesco nel primo Ottocento: dove invece esso trova il suo fondamento nella capacità fulminea di collegare elementi apparentemente distanti: questo succede soprattutto nei cicli schumanniani op. 2, op. 6 e op. 9, oltre ad alcune altre occorrenze qui citate dalla produzione degli ultimi anni.