Permanenza e nomadismo dei profumi, una metafora migrante

In questo saggio vengono esplorate le modalità discorsive e letterarie entro le quali la percezione di profumi e odori da parte di soggetti migranti sembra rinforzare proprio il loro status di soggetti nomadi, dislocati ed estranei. Proust ha elevato a tropo letterario il profumo quale elemento scatenante del ricordo del passato, del rimosso. Salman Rushdie ha invece mostrato come sia possibile decolonizzare i sensi garantendo un primato, seppure all’interno del genere comico-grottesco, all’olfatto. Allo stesso modo per il migrante, talvolta, gli odori e i profumi sono veicoli di nostalgie che aprono la soglia tra homeliness e homelessness, tra l’essere qui e l’essere altrove, tra geografie più che cronologie dislocate. In particolare questo percorso si svilupperà attraverso i testi di Michael Ondaatje, Anne Michaels con alcune incursioni (letterarie) tra autori similmente emigranti e i loro testi.