A tutte le scale geografiche, da quella internazionale sino al livello locale, lo sviluppo di un’economia ad elevato contenuto di conoscenza è ormai pienamente riconosciuta come una linea strategica fondamentale per emergere dalla crisi e transitare verso un sistema economico più maturo. Spesso, tuttavia, la definizione di economia della conoscenza rimane ambigua. Ad uno sguardo superficiale, infatti, essa può apparire caratterizzata non solo da una elevata immaterialità, ma anche da un legame debole con i territori, concepiti semplicemente nei termini di un contenitore materiale che può contribuire od ostacolare lo sviluppo dei processi economici, ma che non ha il potere di indirizzarli né tanto meno caratterizzarli in modo decisivo. In questa accezione, l’economia della conoscenza viene concepita o come sola innovazione tecnologica (ad esempio nel settore delle ICT – Innovation and Communication Technologies), oppure nei termini di un’affermazione, piuttosto generica, del settore dei servizi avanzati a discapito del settore produttivo o ancora, infine, come generale riqualificazione della forza lavoro verso un più elevato livello di formazione. In ognuna di queste prospettive, l’incremento di conoscenza potrebbe potenzialmente avvenire ovunque vi siano le risorse economiche e finanziarie per investire in ricerca, sviluppo e formazione. Certo, potrebbe essere più semplice svilupparla laddove vi siano imprese che già investono in tali campi, o dove la forza lavoro si presenta maggiormente qualificata. Tuttavia, si tratta di una concezione molto astratta di knowledge economy, in cui il territorio, inteso come sistema locale di relazioni tra attori sociali e risorse (materiali e immateriali) orientate a perseguire determinati obiettivi e strategie, ha ben poco da dire. L’ipotesi di questo scritto è, invece, che la creazione di conoscenza sia fortemente legata alle specifiche caratteristiche dei territori, in molteplici modi. Prima di tutto, ogni contesto territoriale locale presenta proprie vocazioni sedimentatesi nel tempo e che hanno dato origine a forme di conoscenza (talvolta di tipo tacito) che possono influenzare in modo decisivo le traiettorie di sviluppo; di conseguenza, diversi territori presentano domande di conoscenza differenti, alle quali è necessario rispondere con interventi e politiche mirate; infine, i sistemi locali sono in grado di esprimere strategie di sviluppo relativamente autonome (anche nel ramo della conoscenza) che sono loro specifiche e che derivano dalla sinergia tra gli attori che operano sul territorio e che, pertanto, si differenziano da altre forme e declinazioni territoriali della knowledge economy.

Per una geografia della knowledge economy. Azioni, rappresentazioni di politiche e attori in Piemonte

DANSERO, Egidio;PUTTILLI, MATTEO GIROLAMO
2014-01-01

Abstract

A tutte le scale geografiche, da quella internazionale sino al livello locale, lo sviluppo di un’economia ad elevato contenuto di conoscenza è ormai pienamente riconosciuta come una linea strategica fondamentale per emergere dalla crisi e transitare verso un sistema economico più maturo. Spesso, tuttavia, la definizione di economia della conoscenza rimane ambigua. Ad uno sguardo superficiale, infatti, essa può apparire caratterizzata non solo da una elevata immaterialità, ma anche da un legame debole con i territori, concepiti semplicemente nei termini di un contenitore materiale che può contribuire od ostacolare lo sviluppo dei processi economici, ma che non ha il potere di indirizzarli né tanto meno caratterizzarli in modo decisivo. In questa accezione, l’economia della conoscenza viene concepita o come sola innovazione tecnologica (ad esempio nel settore delle ICT – Innovation and Communication Technologies), oppure nei termini di un’affermazione, piuttosto generica, del settore dei servizi avanzati a discapito del settore produttivo o ancora, infine, come generale riqualificazione della forza lavoro verso un più elevato livello di formazione. In ognuna di queste prospettive, l’incremento di conoscenza potrebbe potenzialmente avvenire ovunque vi siano le risorse economiche e finanziarie per investire in ricerca, sviluppo e formazione. Certo, potrebbe essere più semplice svilupparla laddove vi siano imprese che già investono in tali campi, o dove la forza lavoro si presenta maggiormente qualificata. Tuttavia, si tratta di una concezione molto astratta di knowledge economy, in cui il territorio, inteso come sistema locale di relazioni tra attori sociali e risorse (materiali e immateriali) orientate a perseguire determinati obiettivi e strategie, ha ben poco da dire. L’ipotesi di questo scritto è, invece, che la creazione di conoscenza sia fortemente legata alle specifiche caratteristiche dei territori, in molteplici modi. Prima di tutto, ogni contesto territoriale locale presenta proprie vocazioni sedimentatesi nel tempo e che hanno dato origine a forme di conoscenza (talvolta di tipo tacito) che possono influenzare in modo decisivo le traiettorie di sviluppo; di conseguenza, diversi territori presentano domande di conoscenza differenti, alle quali è necessario rispondere con interventi e politiche mirate; infine, i sistemi locali sono in grado di esprimere strategie di sviluppo relativamente autonome (anche nel ramo della conoscenza) che sono loro specifiche e che derivano dalla sinergia tra gli attori che operano sul territorio e che, pertanto, si differenziano da altre forme e declinazioni territoriali della knowledge economy.
2014
Le strade dell’innovazione. Transizioni difficili e modelli alternativi
Rosenberg e Sellier
Bisogni & Risorse
1
74
115
9788878852761
knwoledge economy; Piemonte; politiche territoriali
C. Cabodi; E. Dansero; V. Demetrio; M. Puttilli
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