Il decreto n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, in l. n. 162 del 2014, prevede, al suo art. 1, un nuovo strumento per l'eliminazione (o meglio, più realisticamente, per la riduzione) dell'arretrato dei processi civili pendenti ossia il loro trasferimento volontario ad arbitri da scegliere tra gli avvocati che esercitino nell’ordine circondariale dove pende il giudizio. L’istituto così introdotto consente che i processi pendenti continuino in arbitrato senza che si determini la conseguenza, altrimenti inevitabile, della dispersione dell’attività svolta dinanzi al giudice statale e della perdita degli effetti della originaria proposizione della domanda. Di per sé, ciò può essere considerato positivo. Occorrerebbe però perfezionare la fattura tecnica delle disposizioni che regolano il meccanismo nonché – soprattutto – accompagnarle con misure di incentivo per la devoluzione ad arbitri, in assenza delle quali appare illusorio sperare in una qualche efficacia deflattiva del carico che grava sui giudici ordinari. L’ulteriore riforma in questo senso rappresenta un sfida lanciata alla capacità propositiva dell’avvocatura, che – essendo stata indicata dal legislatore come «attore primario» delle misure adottate con il decreto n. 132 del 2014 – dovrebbe sentirsi stimolata ad una azione che porti o all’adeguamento della normativa o al deciso rifiuto di essere mediaticamente coinvolta in annunci totalmente inefficaci ai fini della risoluzione del perdurante stato di crisi in cui versa la giustizia civile. [Rivista] SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Utilità del nuovo istituto e ruolo della classe forense. – 3. L’ambito di applicazione. – 4. Le parti private e la pubblica amministrazione. – 5. I limiti preclusivi e la procura speciale per il passaggio alla sede arbitrale. – 6. La forma e il contenuto dell’istanza di devoluzione ad arbitri. – 7. La trasmissione del fascicolo al presidente del consiglio dell’ordine. – 8. La composizione dell’organo arbitrale. – 9. La scelta degli arbitri. – 10. Le limitazioni soggettive alla capacità di essere arbitro. – 11. Il compenso degli arbitri. – 12. L’arbitrato in prosecuzione del primo grado. – 13. L’arbitrato in prosecuzione dell’appello. – 14. La possibile riassunzione del giudizio di appello. – 15. Limiti della nuova normativa e proposte di miglioramento.
L’arbitrato deflattivo dei processi pendenti e la classe forense
DALMOTTO, Eugenio
2015-01-01
Abstract
Il decreto n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, in l. n. 162 del 2014, prevede, al suo art. 1, un nuovo strumento per l'eliminazione (o meglio, più realisticamente, per la riduzione) dell'arretrato dei processi civili pendenti ossia il loro trasferimento volontario ad arbitri da scegliere tra gli avvocati che esercitino nell’ordine circondariale dove pende il giudizio. L’istituto così introdotto consente che i processi pendenti continuino in arbitrato senza che si determini la conseguenza, altrimenti inevitabile, della dispersione dell’attività svolta dinanzi al giudice statale e della perdita degli effetti della originaria proposizione della domanda. Di per sé, ciò può essere considerato positivo. Occorrerebbe però perfezionare la fattura tecnica delle disposizioni che regolano il meccanismo nonché – soprattutto – accompagnarle con misure di incentivo per la devoluzione ad arbitri, in assenza delle quali appare illusorio sperare in una qualche efficacia deflattiva del carico che grava sui giudici ordinari. L’ulteriore riforma in questo senso rappresenta un sfida lanciata alla capacità propositiva dell’avvocatura, che – essendo stata indicata dal legislatore come «attore primario» delle misure adottate con il decreto n. 132 del 2014 – dovrebbe sentirsi stimolata ad una azione che porti o all’adeguamento della normativa o al deciso rifiuto di essere mediaticamente coinvolta in annunci totalmente inefficaci ai fini della risoluzione del perdurante stato di crisi in cui versa la giustizia civile. [Rivista] SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Utilità del nuovo istituto e ruolo della classe forense. – 3. L’ambito di applicazione. – 4. Le parti private e la pubblica amministrazione. – 5. I limiti preclusivi e la procura speciale per il passaggio alla sede arbitrale. – 6. La forma e il contenuto dell’istanza di devoluzione ad arbitri. – 7. La trasmissione del fascicolo al presidente del consiglio dell’ordine. – 8. La composizione dell’organo arbitrale. – 9. La scelta degli arbitri. – 10. Le limitazioni soggettive alla capacità di essere arbitro. – 11. Il compenso degli arbitri. – 12. L’arbitrato in prosecuzione del primo grado. – 13. L’arbitrato in prosecuzione dell’appello. – 14. La possibile riassunzione del giudizio di appello. – 15. Limiti della nuova normativa e proposte di miglioramento.File | Dimensione | Formato | |
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