Il termine cittadinanza è evocativo come noto di un complesso universo semantico. In questa babele di linguaggi si è coraggiosamente avventurata Patricia Mindus nel suo saggio su «Cittadini e no», con l’obiettivo di “tenere insieme” le diverse e multiformi radici della riflessione sulla cittadinanza. A partire dalla sua proposta di una “teoria funzionale della cittadinanza”, il presente contributo prova a ragionare sulla natura largamente “funzionale” che l’adozione del criterio dello ius soli per disciplinare l’attribuzione dello status di cittadino ha assunto nel corso della storia nei diversi paesi che lo hanno adottato. In effetti la legislazione sulla cittadinanza tende a rispondere a taluni specifici obiettivi, assai spesso del tutto contingenti, che di volta in volta la politica individuava e perseguiva. Lo scritto analizza soprattutto l’evoluzione della disciplina dello ius soli negli Stati Uniti e in Europa, e illustra le ragioni che hanno condotto ad assoggettare tale criterio a specifiche e spesso severe limitazioni, ragioni che si intrecciano, nel dibattito più recente, con le esigenze della disciplina dei flussi migratori. Tale ultima considerazione porta a concludere che sarebbe forse opportuno, abbandonando il consolidato principio di diritto internazionale che assegna una sorta di “monopolio” agli Stati in tema di disciplina della cittadinanza nazionale, che i singoli criteri di attribuzione fossero assoggettati, in Europa, a forme di armonizzazione da parte del diritto comunitario, così come avviene con riferimento alle politiche dell’immigrazione. In ogni caso, una più accurata conoscenza dei meccanismi concreti attraverso cui nei singoli Paesi si diventa cittadini, e delle conseguenze perverse cui può portare una legislazione inconsapevole e incoerente, appare assolutamente indispensabile per organizzare il dibattito italiano su basi più solide.
Una cittadinanza funzionale. Ma a cosa?
GROSSO, Enrico
2015-01-01
Abstract
Il termine cittadinanza è evocativo come noto di un complesso universo semantico. In questa babele di linguaggi si è coraggiosamente avventurata Patricia Mindus nel suo saggio su «Cittadini e no», con l’obiettivo di “tenere insieme” le diverse e multiformi radici della riflessione sulla cittadinanza. A partire dalla sua proposta di una “teoria funzionale della cittadinanza”, il presente contributo prova a ragionare sulla natura largamente “funzionale” che l’adozione del criterio dello ius soli per disciplinare l’attribuzione dello status di cittadino ha assunto nel corso della storia nei diversi paesi che lo hanno adottato. In effetti la legislazione sulla cittadinanza tende a rispondere a taluni specifici obiettivi, assai spesso del tutto contingenti, che di volta in volta la politica individuava e perseguiva. Lo scritto analizza soprattutto l’evoluzione della disciplina dello ius soli negli Stati Uniti e in Europa, e illustra le ragioni che hanno condotto ad assoggettare tale criterio a specifiche e spesso severe limitazioni, ragioni che si intrecciano, nel dibattito più recente, con le esigenze della disciplina dei flussi migratori. Tale ultima considerazione porta a concludere che sarebbe forse opportuno, abbandonando il consolidato principio di diritto internazionale che assegna una sorta di “monopolio” agli Stati in tema di disciplina della cittadinanza nazionale, che i singoli criteri di attribuzione fossero assoggettati, in Europa, a forme di armonizzazione da parte del diritto comunitario, così come avviene con riferimento alle politiche dell’immigrazione. In ogni caso, una più accurata conoscenza dei meccanismi concreti attraverso cui nei singoli Paesi si diventa cittadini, e delle conseguenze perverse cui può portare una legislazione inconsapevole e incoerente, appare assolutamente indispensabile per organizzare il dibattito italiano su basi più solide.File | Dimensione | Formato | |
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