La monografia conclude un ciclo di ricerche, iniziate nel 2003 con la pubblicazione dell’articolo Quelques Remarques sur les racines allemandes du droit pénal italien, sulla Revue internationale de droit comparé, proseguite con la 1ᵃ edizione dei Modelli nel diritto penale. Filogenesi del linguaggio penalistico, monografia pubblicata nel 2006 per i tipi di Giappichelli e culminata nello studio: Il ruolo dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale nel sistema penale italiano, contenuto nel volume collettaneo: Scritti in onore di Alfonso M. Stile, pubblicato nel 2013 dalla Editoriale Scientifica di Napoli. La tesi di fondo della monografia si articola in due profili . Il primo di questi asserisce che, contrariamente ad una opinione diffusa nella letteratura italiana, i criteri ermeneutici del diritto penale non coincidono completamente con quelli della sfera extrapenale, perché sussistono alcune metaregole interpretative (come il principio di necessaria offensività e il divieto di interpretazione evolutiva extracontestuale) che non sono assimilabili ai canoni interpretativi delle altre branche dell’ordinamento. Il secondo profilo della teoria formulata si fonda sul combinato disposto dell’art. 101, capoverso della Costituzione e dell’art. 14 disp. prel. per inibire al giudice ordinario di ottemperare ai contenuti delle sentenze manipolative della Corte costituzionale. Se, infatti, l’art. 14 disp. prel. vieta ogni interpretazione che eccede dai casi e dai tempi stabiliti dal legislatore e se il giudice è soggetto alle leggi, le sentenze additive, ablative o modificative della Corte costituzionale possono bensì costituire un suggerimento rivolto al legislatore, ma non possono legittimare letture evolutive costituzionalmente orientate che eccedano il contesto presupposto dal legislatore e invalicabile in forza del divieto di interpretazione extracontestuale posto dalle Disposizioni sulla Legge in Generale. La tesi presenta una portata rivoluzionaria rispetto alla prassi vigente, perché consente ai fautori dello Stato di diritto, epigoni del giacobinismo giuridico, di opporre ai fautori dello Stato di giurisdizione, sedotti dalla pratica ermeneutica in atto nel common law, un preciso sbarramento normativo capace di far prevalere il diritto vigente sulla beffarda formula del diritto vivente. Nel quadro del conflitto fra il formante legale e il formante giudiziale in atto nell’ordinamento italiano, viene così a delinearsi un decisivo argomento positivo a favore della tutela della certezza del diritto e delle garanzie del cittadino.

Criteri ermeneutici nel diritto penale - Il conflitto fra Stato di diritto e Stato di giurisdizione nell'ordinamento italiano

LICCI, Giorgio
2016-01-01

Abstract

La monografia conclude un ciclo di ricerche, iniziate nel 2003 con la pubblicazione dell’articolo Quelques Remarques sur les racines allemandes du droit pénal italien, sulla Revue internationale de droit comparé, proseguite con la 1ᵃ edizione dei Modelli nel diritto penale. Filogenesi del linguaggio penalistico, monografia pubblicata nel 2006 per i tipi di Giappichelli e culminata nello studio: Il ruolo dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale nel sistema penale italiano, contenuto nel volume collettaneo: Scritti in onore di Alfonso M. Stile, pubblicato nel 2013 dalla Editoriale Scientifica di Napoli. La tesi di fondo della monografia si articola in due profili . Il primo di questi asserisce che, contrariamente ad una opinione diffusa nella letteratura italiana, i criteri ermeneutici del diritto penale non coincidono completamente con quelli della sfera extrapenale, perché sussistono alcune metaregole interpretative (come il principio di necessaria offensività e il divieto di interpretazione evolutiva extracontestuale) che non sono assimilabili ai canoni interpretativi delle altre branche dell’ordinamento. Il secondo profilo della teoria formulata si fonda sul combinato disposto dell’art. 101, capoverso della Costituzione e dell’art. 14 disp. prel. per inibire al giudice ordinario di ottemperare ai contenuti delle sentenze manipolative della Corte costituzionale. Se, infatti, l’art. 14 disp. prel. vieta ogni interpretazione che eccede dai casi e dai tempi stabiliti dal legislatore e se il giudice è soggetto alle leggi, le sentenze additive, ablative o modificative della Corte costituzionale possono bensì costituire un suggerimento rivolto al legislatore, ma non possono legittimare letture evolutive costituzionalmente orientate che eccedano il contesto presupposto dal legislatore e invalicabile in forza del divieto di interpretazione extracontestuale posto dalle Disposizioni sulla Legge in Generale. La tesi presenta una portata rivoluzionaria rispetto alla prassi vigente, perché consente ai fautori dello Stato di diritto, epigoni del giacobinismo giuridico, di opporre ai fautori dello Stato di giurisdizione, sedotti dalla pratica ermeneutica in atto nel common law, un preciso sbarramento normativo capace di far prevalere il diritto vigente sulla beffarda formula del diritto vivente. Nel quadro del conflitto fra il formante legale e il formante giudiziale in atto nell’ordinamento italiano, viene così a delinearsi un decisivo argomento positivo a favore della tutela della certezza del diritto e delle garanzie del cittadino.
2016
Editoriale Scientifica
Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino
Unico
1
121
9788863428940
Criteri ermeneutici, interpretazione, formanti, preleggi, stato di diritto e stato di giurisdizione
Giorgio Licci
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1570565
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