Su di un lavoro duro, umiliante o non adeguatamente retribuito si regge una parte cospicua del capitalismo contemporaneo; uno stato di cose che, al momento, non ha certo prodotto un rifiuto generalizzato e radicale da parte dei lavoratori. È possibile che, di fronte a questo e altri simili fenomeni, la categoria cinquecentesca di servitù volontaria abbia oggi ancora qualcosa da dire? Aiutando forse – se correttamente applicata – la critica a illuminare alcuni punti altrimenti oscuri dell’attuale sistema economico-sociale? È questa un’ipotesi che, nell’ultimo decennio, ha suscitato interesse crescente, animando in particolare il dibattito francese sul nuovo sistema di produzione e organizzazione del lavoro; un dibattito che, tuttavia, ha rischiato talvolta di non cogliere la sostanza della tesi di La Boétie, smarrendone l’acume diagnostico e il potenziale critico. La servitù volontaria non è infatti un fenomeno di cui andare a caccia, né una malattia da debellare. È invece un reagente capace di far emergere contraddizioni altrimenti invisibili; schiudendo forse – in modi inaspettati e tortuosi – nuove prospettive di emancipazione.
Investire se stessi. Capitalismo e servitù volontaria
EMMENEGGER, CAMILLA;GALLINO, FRANCESCO;GORGONE, DANIELE
2014-01-01
Abstract
Su di un lavoro duro, umiliante o non adeguatamente retribuito si regge una parte cospicua del capitalismo contemporaneo; uno stato di cose che, al momento, non ha certo prodotto un rifiuto generalizzato e radicale da parte dei lavoratori. È possibile che, di fronte a questo e altri simili fenomeni, la categoria cinquecentesca di servitù volontaria abbia oggi ancora qualcosa da dire? Aiutando forse – se correttamente applicata – la critica a illuminare alcuni punti altrimenti oscuri dell’attuale sistema economico-sociale? È questa un’ipotesi che, nell’ultimo decennio, ha suscitato interesse crescente, animando in particolare il dibattito francese sul nuovo sistema di produzione e organizzazione del lavoro; un dibattito che, tuttavia, ha rischiato talvolta di non cogliere la sostanza della tesi di La Boétie, smarrendone l’acume diagnostico e il potenziale critico. La servitù volontaria non è infatti un fenomeno di cui andare a caccia, né una malattia da debellare. È invece un reagente capace di far emergere contraddizioni altrimenti invisibili; schiudendo forse – in modi inaspettati e tortuosi – nuove prospettive di emancipazione.File | Dimensione | Formato | |
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