Partendo dalla grande tradizione inaugurata dal Cunto de li cunti di cui Pompeo Sarnelli, poligrafo, dottore in utroque iure e vescovo di Bisceglie, fu, nel 1674, editore infedele («arrogante» arrivò a dire il Penzer) ma di successo, il contributo analizza come il genere fiabesco-autorale di Basile, non certo narratore incolto, venga ripreso e sistematicamente tradito nella stesura delle cinque sofisticate novelle che solo in apparenza, a mio avviso, sono «fiabe popolari» (sono parole di Enrico Malato che offrì l’edizione critica della Posilecheata nel 1986). Sarnelli infatti, autore di «opere grave e de considerazione» non solo coniuga il genere fiabesco con il divertissement archeologico-erudito caro a Cortese, ma offre la materia di Basile, che Praz definì «brulicante», in cinque sontuose e barocche still-life, immerse in una cornice realistica («una delle parti più originali e più fresche dell’operetta», ancora Malato) che ne accentua la perfezione formale e l’immobilità. Storia di un fallimento (Sarnelli si proponeva di scrivere un «livruo grosso» dopo questo «livreciello», se il pubblico lo avesse accolto «co gusto», ma così non avvenne) la Posilecheata si offre come testimonianza di un Barocco ormai perfetto nelle sue imperfezioni e stravaganze ed elimina l’elemento, centrale in Basile, del dialogo con l’archetipo decameroniano, lasciandone solo una traccia estenuata nella cornice. Così, mentre il Cunto, grazie anche all’opera di Sarnelli, si diffondeva in tutta Europa, le novelle narrate a Posillipo, frutto dell’influenza all’opera basiliana, ne rappresentano un esito di grande rilievo ma sterile.
La Posilecheata, una still-life fiabesca
ALLASIA, Clara
2015-01-01
Abstract
Partendo dalla grande tradizione inaugurata dal Cunto de li cunti di cui Pompeo Sarnelli, poligrafo, dottore in utroque iure e vescovo di Bisceglie, fu, nel 1674, editore infedele («arrogante» arrivò a dire il Penzer) ma di successo, il contributo analizza come il genere fiabesco-autorale di Basile, non certo narratore incolto, venga ripreso e sistematicamente tradito nella stesura delle cinque sofisticate novelle che solo in apparenza, a mio avviso, sono «fiabe popolari» (sono parole di Enrico Malato che offrì l’edizione critica della Posilecheata nel 1986). Sarnelli infatti, autore di «opere grave e de considerazione» non solo coniuga il genere fiabesco con il divertissement archeologico-erudito caro a Cortese, ma offre la materia di Basile, che Praz definì «brulicante», in cinque sontuose e barocche still-life, immerse in una cornice realistica («una delle parti più originali e più fresche dell’operetta», ancora Malato) che ne accentua la perfezione formale e l’immobilità. Storia di un fallimento (Sarnelli si proponeva di scrivere un «livruo grosso» dopo questo «livreciello», se il pubblico lo avesse accolto «co gusto», ma così non avvenne) la Posilecheata si offre come testimonianza di un Barocco ormai perfetto nelle sue imperfezioni e stravaganze ed elimina l’elemento, centrale in Basile, del dialogo con l’archetipo decameroniano, lasciandone solo una traccia estenuata nella cornice. Così, mentre il Cunto, grazie anche all’opera di Sarnelli, si diffondeva in tutta Europa, le novelle narrate a Posillipo, frutto dell’influenza all’opera basiliana, ne rappresentano un esito di grande rilievo ma sterile.| File | Dimensione | Formato | |
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