Gli studi e le ricerche in materia di turnaround sono numerosi. La letteratura si è occupata dell’argomento a partire dagli ultimi anni ’60 e un grande contributo è stato dato, nel corso degli anni, da autori italiani e stranieri. Tuttavia, oggi, le condizioni dell’ambiente in cui le imprese operano sono in parte mutate. La pressione delle forze competitive è diventata più intensa praticamente in tutti i settori e i primi anni 2000 hanno visto molte imprese affrontare una fase di declino, entrare in crisi o, addirittura, uscire dal mercato. Le ragioni sono numerose. I cambiamenti nell’ambiente politico, economico, sociale e tecnologico avvengono oggi ad una velocità superiore rispetto al passato, tanto da imporre alle imprese la necessità di anticipare tali cambiamenti oltre che di riconoscerli. In caso contrario i vantaggi competitivi costruiti nei confronti della concorrenza non potranno essere a lungo sostenuti.Inoltre la crescita dell’economia mondiale è rallentata, e ancor più é rallentata la crescita in Europa occidentale. Il livello della domanda è di conseguenza diminuito in più di un settore. Molte imprese che erano cresciute e avevano raggiunto il successo nella precedente fase di espansione dell’economia, si sono trovate in difficoltà. Anche le molte pubblicazioni degli anni ’90 sulle strategie di turnaround hanno contribuito in maniera fondamentale agli studi sull’argomento, fornendo una panoramica ampia e completa sia della dottrina sia dell’esperienza di imprese (di vari settori) che l’hanno applicata. Perché allora una nuova ricerca e una nuova pubblicazione sull’argomento? Il decennio passato è stato caratterizzato da un lungo periodo di forte espansione dell’economia. In presenza di queste condizioni, le imprese che riuscivano a risanare le propria situazione finanziaria potevano contare su un ambiente esterno favorevole. Oggi le condizioni sono mutate e, in virtù di questo cambiamento, appare utile integrare la letteratura esistente con considerazioni nuove. Saper cogliere le nuove sfide della competizione richiede al management capacità strategiche in parte diverse. Portare l’impresa fuori da una crisi o risollevarla da una fase di declino è oggi sicuramente più difficile che in passato. Una tendenza che rende molto diversi i primi anni 2000 dai decenni precedenti è la natura della competizione. Sono avvenuti profondi cambiamenti della competizione nei settori che avevano fatto la storia dell’industria occidentale. Sono emersi nuovi protagonisti. La cinese Lenovo ha acquistato la divisione computer di IBM, la giapponese Toyota ha superato Ford ed è seconda nel mondo per volumi di produzione, Ryanair e altre compagnie low cost hanno messo in crisi le icone del trasporto aereo, Sony ha dovuto ripetutamente cambiare le proprie strategie, Microsoft ha usato la forte liquidità di cui disponeva per entrare in altri settori. Questa pubblicazione è anche il risultato di una ricerca sui turnaround di maggiore interesse degli ultimi anni. Lo scopo era verificare cosa fosse cambiato rispetto ai decenni precedenti e come possa essere integrata la letteratura esistente. Le domande poste sono state: per quali cause? Con quali strategie? Con quali risultati? Il quadro che emerge è un insieme di principi di carattere generale comuni alla maggior parte dei turnaround e di varianti secondo il settore e secondo la gravità della crisi, ma soprattutto secondo l’abilità del management. La ricerca è stata sviluppata in una prima fase con un metodo qualitativo. Attraverso la stampa specializzata sono state individuate imprese in crisi . Su queste sono state raccolte informazioni dalle fonti disponibili (della stessa impresa e altre). Nella seconda fase è stato utilizzato un metodo quantitativo. Sono state selezionate da Fortune 500 le imprese che negli ultimi 10 anni hanno distrutto valore per almeno tre anni consecutivi, quelle che negli ultimi 10 hanno avuto un ROA (% profitti su assets) in calo per tre anni consecutivi, e quelle che negli ultimi 10 anni hanno avuto per tre anni un calo nei profitti. Anche su queste sono state raccolte informazioni. Sono poi stati scelti due turnaround del settore dell’auto, Nissan e Chrysler, per i quali la ricerca è stata condotta in profondità grazie all’ampia disponibilità di dati. Il libro è diviso in quattro parti. La prima colloca il turnaround nel tema, assai vasto, del cambiamento delle strategie in risposta ad un ambiente che cambia costantemente. Il turnaround si innesta nel grande capitolo del cambiamento strategico e in particolare in una delle sue forme principali: la ristrutturazione. Successivamente esamina la letteratura sul turnaround con il duplice obiettivo di individuare le tesi più affermate e condivise e di cogliere le principali differenze che, rispetto al passato, caratterizzano gli orientamenti più recenti. Posto che il successo del turnaround dipende anche dalla tempestività e dall’accuratezza della diagnosi, la seconda parte individua e discute la capacità dei “primi segnali” di rivelare uno stato di crisi. I segnali di origine finanziaria sono i più efficaci, ma accanto ad essi altri possono far emergere l’indebolirsi della capacità di competere. La terza parte è la più ampia. Nelle prime pagine ricorre ad uno schema di riferimento per collocare il turnaround nel quadro generale delle strategie dell’impresa. Il turnaround è una strategia che ha le maggiori possibilità di successo quando il settore al quale appartiene l’impresa mantiene una buona attrattività e quando le cause della crisi hanno la loro origine principalmente in errori del management. Le fasi in cui si articola il turnaround sono discusse nelle pagine successive. A ciascuna fase corrispondono obiettivi, strumenti di analisi, strategie e sistemi di controllo diversi e soprattutto capacità diverse del management. La fase di emergenza ha lo scopo primo di “fermare l’emorragia”. Cash flow e ROI sono gli strumenti di controllo più usati. Nella fase successiva di stabilità uno degli obiettivi più importanti è riposizionare le linee di prodotti e le linee di servizi nei rispettivi mercati. Se il turnaround riesce, l’impresa riprende il cammino dello sviluppo e il management si chiede se non esistano le condizioni per cambiare il “business model”. La parte quarta è dedicata a due casi di turnaround molto noti. Nissan , dopo l’acquisizione da parte di Renault, e Chrysler, dopo l’acquisizione da parte del gruppo Daimler Benz (ora DaimlerChrysler). Sono due casi di particolare interesse per almeno quattro ragioni. La prima è che si tratta di esperienze di turnaround degli ultimi anni, perfettamente calate nel nuovo contesto economico e competitivo che caratterizza il mondo occidentale. La seconda è il settore di appartenenza, quello dell’auto, protagonista di profonde trasformazioni che hanno messo in crisi numerose imprese, assemblatori e costruttori di componenti. La terza è aver agito in culture diverse da quelle di origine. Sia Renault, in Giappone, sia DaimlerChrysler, negli Stati Uniti, hanno affrontato il turnaround in contesti molto diversi da quelli in cui avevano agito in precedenza. L’ultima, e forse la più interessante, risiede nella diversità dei risultati ottenuti dal turnaround. Nel caso Nissan, il turnaround è stato realizzato con un successo superiore alle (prime) aspettative degli stessi managers ed ha portato l’impresa ad un radicale quanto rapido cambiamento di risultati. Il turnaround di Chrysler è stato invece molto lento, non ha dato i risultati che più volte il management aveva previsto e reso noti al pubblico. Mentre la capitalizzazione di Nissan ha, dopo il turnaround, superato quella di Renault, la ripresa di Chrysler ha coinciso con l’indebolimento del gruppo di cui fa parte: DaimlerChrysler.

Le strategie di turnaround

CANDELO, Elena
2005-01-01

Abstract

Gli studi e le ricerche in materia di turnaround sono numerosi. La letteratura si è occupata dell’argomento a partire dagli ultimi anni ’60 e un grande contributo è stato dato, nel corso degli anni, da autori italiani e stranieri. Tuttavia, oggi, le condizioni dell’ambiente in cui le imprese operano sono in parte mutate. La pressione delle forze competitive è diventata più intensa praticamente in tutti i settori e i primi anni 2000 hanno visto molte imprese affrontare una fase di declino, entrare in crisi o, addirittura, uscire dal mercato. Le ragioni sono numerose. I cambiamenti nell’ambiente politico, economico, sociale e tecnologico avvengono oggi ad una velocità superiore rispetto al passato, tanto da imporre alle imprese la necessità di anticipare tali cambiamenti oltre che di riconoscerli. In caso contrario i vantaggi competitivi costruiti nei confronti della concorrenza non potranno essere a lungo sostenuti.Inoltre la crescita dell’economia mondiale è rallentata, e ancor più é rallentata la crescita in Europa occidentale. Il livello della domanda è di conseguenza diminuito in più di un settore. Molte imprese che erano cresciute e avevano raggiunto il successo nella precedente fase di espansione dell’economia, si sono trovate in difficoltà. Anche le molte pubblicazioni degli anni ’90 sulle strategie di turnaround hanno contribuito in maniera fondamentale agli studi sull’argomento, fornendo una panoramica ampia e completa sia della dottrina sia dell’esperienza di imprese (di vari settori) che l’hanno applicata. Perché allora una nuova ricerca e una nuova pubblicazione sull’argomento? Il decennio passato è stato caratterizzato da un lungo periodo di forte espansione dell’economia. In presenza di queste condizioni, le imprese che riuscivano a risanare le propria situazione finanziaria potevano contare su un ambiente esterno favorevole. Oggi le condizioni sono mutate e, in virtù di questo cambiamento, appare utile integrare la letteratura esistente con considerazioni nuove. Saper cogliere le nuove sfide della competizione richiede al management capacità strategiche in parte diverse. Portare l’impresa fuori da una crisi o risollevarla da una fase di declino è oggi sicuramente più difficile che in passato. Una tendenza che rende molto diversi i primi anni 2000 dai decenni precedenti è la natura della competizione. Sono avvenuti profondi cambiamenti della competizione nei settori che avevano fatto la storia dell’industria occidentale. Sono emersi nuovi protagonisti. La cinese Lenovo ha acquistato la divisione computer di IBM, la giapponese Toyota ha superato Ford ed è seconda nel mondo per volumi di produzione, Ryanair e altre compagnie low cost hanno messo in crisi le icone del trasporto aereo, Sony ha dovuto ripetutamente cambiare le proprie strategie, Microsoft ha usato la forte liquidità di cui disponeva per entrare in altri settori. Questa pubblicazione è anche il risultato di una ricerca sui turnaround di maggiore interesse degli ultimi anni. Lo scopo era verificare cosa fosse cambiato rispetto ai decenni precedenti e come possa essere integrata la letteratura esistente. Le domande poste sono state: per quali cause? Con quali strategie? Con quali risultati? Il quadro che emerge è un insieme di principi di carattere generale comuni alla maggior parte dei turnaround e di varianti secondo il settore e secondo la gravità della crisi, ma soprattutto secondo l’abilità del management. La ricerca è stata sviluppata in una prima fase con un metodo qualitativo. Attraverso la stampa specializzata sono state individuate imprese in crisi . Su queste sono state raccolte informazioni dalle fonti disponibili (della stessa impresa e altre). Nella seconda fase è stato utilizzato un metodo quantitativo. Sono state selezionate da Fortune 500 le imprese che negli ultimi 10 anni hanno distrutto valore per almeno tre anni consecutivi, quelle che negli ultimi 10 hanno avuto un ROA (% profitti su assets) in calo per tre anni consecutivi, e quelle che negli ultimi 10 anni hanno avuto per tre anni un calo nei profitti. Anche su queste sono state raccolte informazioni. Sono poi stati scelti due turnaround del settore dell’auto, Nissan e Chrysler, per i quali la ricerca è stata condotta in profondità grazie all’ampia disponibilità di dati. Il libro è diviso in quattro parti. La prima colloca il turnaround nel tema, assai vasto, del cambiamento delle strategie in risposta ad un ambiente che cambia costantemente. Il turnaround si innesta nel grande capitolo del cambiamento strategico e in particolare in una delle sue forme principali: la ristrutturazione. Successivamente esamina la letteratura sul turnaround con il duplice obiettivo di individuare le tesi più affermate e condivise e di cogliere le principali differenze che, rispetto al passato, caratterizzano gli orientamenti più recenti. Posto che il successo del turnaround dipende anche dalla tempestività e dall’accuratezza della diagnosi, la seconda parte individua e discute la capacità dei “primi segnali” di rivelare uno stato di crisi. I segnali di origine finanziaria sono i più efficaci, ma accanto ad essi altri possono far emergere l’indebolirsi della capacità di competere. La terza parte è la più ampia. Nelle prime pagine ricorre ad uno schema di riferimento per collocare il turnaround nel quadro generale delle strategie dell’impresa. Il turnaround è una strategia che ha le maggiori possibilità di successo quando il settore al quale appartiene l’impresa mantiene una buona attrattività e quando le cause della crisi hanno la loro origine principalmente in errori del management. Le fasi in cui si articola il turnaround sono discusse nelle pagine successive. A ciascuna fase corrispondono obiettivi, strumenti di analisi, strategie e sistemi di controllo diversi e soprattutto capacità diverse del management. La fase di emergenza ha lo scopo primo di “fermare l’emorragia”. Cash flow e ROI sono gli strumenti di controllo più usati. Nella fase successiva di stabilità uno degli obiettivi più importanti è riposizionare le linee di prodotti e le linee di servizi nei rispettivi mercati. Se il turnaround riesce, l’impresa riprende il cammino dello sviluppo e il management si chiede se non esistano le condizioni per cambiare il “business model”. La parte quarta è dedicata a due casi di turnaround molto noti. Nissan , dopo l’acquisizione da parte di Renault, e Chrysler, dopo l’acquisizione da parte del gruppo Daimler Benz (ora DaimlerChrysler). Sono due casi di particolare interesse per almeno quattro ragioni. La prima è che si tratta di esperienze di turnaround degli ultimi anni, perfettamente calate nel nuovo contesto economico e competitivo che caratterizza il mondo occidentale. La seconda è il settore di appartenenza, quello dell’auto, protagonista di profonde trasformazioni che hanno messo in crisi numerose imprese, assemblatori e costruttori di componenti. La terza è aver agito in culture diverse da quelle di origine. Sia Renault, in Giappone, sia DaimlerChrysler, negli Stati Uniti, hanno affrontato il turnaround in contesti molto diversi da quelli in cui avevano agito in precedenza. L’ultima, e forse la più interessante, risiede nella diversità dei risultati ottenuti dal turnaround. Nel caso Nissan, il turnaround è stato realizzato con un successo superiore alle (prime) aspettative degli stessi managers ed ha portato l’impresa ad un radicale quanto rapido cambiamento di risultati. Il turnaround di Chrysler è stato invece molto lento, non ha dato i risultati che più volte il management aveva previsto e reso noti al pubblico. Mentre la capitalizzazione di Nissan ha, dopo il turnaround, superato quella di Renault, la ripresa di Chrysler ha coinciso con l’indebolimento del gruppo di cui fa parte: DaimlerChrysler.
2005
Egea
I
252
8875340285
E. CANDELO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/16158
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