L'ultima opera di Jean-Jacques Rousseau, le "Fantasticherie del viandante solitario", ha avuto un destino per certi aspetti beffardo. Da sempre considerate uno dei capolavori letterari del Ginevrino, le Fantasticherie sono state a lungo guardate con sospetto dai filosofi. L'esaltazione della solitudine e del ripiegamento in sé stessi, esaltato sin dal titolo del tormentato diario intimo, sembrano in qualche modo contraddire il disegno poitico alla base del pensiero di Rousseau, opponendo il modello antropologico dell'uomo solitario a quello del cittadino. Il volume presenta per la prima volta al lettore italiano una visione organica della filosofia del “promeneur solitaire”, adottando come focus specifico proprio il rapporto che viene a instaurarsi tra la fantasticheria e la riflessione politico-morale, tra la libertà evanescente del sogno e la necessità concreta di agire nel mondo. Lungi dall'essere un testo apolitico, o peggio ancora impolitico, le "Fantasticherie" si rivelano l'esito più maturo e originale della riflessione politica di Rousseau. Non si tratta infatti di isolare in Rousseau ciò che è politico da ciò che non lo è, ma di considerare le sue operazioni filosofiche a un tempo come operazioni politiche, come ricorda il celebre monito dell’"Emilio" secondo cui «chi vorrà trattare separatamente la politica e la morale non capirà mai nulla di nessuna delle due». Occorre quindi chiedersi, da un lato, in che modo Rousseau rielabori nelle "Fantasticherie" alcuni dei concetti chiave che sostengono il suo pensiero politico e, dall’altro lato, in che senso le Fantasticherie intervengano su un milieu di problemi, di conflitti e di dibattiti che istituiscono quello della filosofia come campo politico.

Sognare la politica. Soggetto e comunità nelle "Fantasticherie" di Rousseau

MENIN, Marco;
2017-01-01

Abstract

L'ultima opera di Jean-Jacques Rousseau, le "Fantasticherie del viandante solitario", ha avuto un destino per certi aspetti beffardo. Da sempre considerate uno dei capolavori letterari del Ginevrino, le Fantasticherie sono state a lungo guardate con sospetto dai filosofi. L'esaltazione della solitudine e del ripiegamento in sé stessi, esaltato sin dal titolo del tormentato diario intimo, sembrano in qualche modo contraddire il disegno poitico alla base del pensiero di Rousseau, opponendo il modello antropologico dell'uomo solitario a quello del cittadino. Il volume presenta per la prima volta al lettore italiano una visione organica della filosofia del “promeneur solitaire”, adottando come focus specifico proprio il rapporto che viene a instaurarsi tra la fantasticheria e la riflessione politico-morale, tra la libertà evanescente del sogno e la necessità concreta di agire nel mondo. Lungi dall'essere un testo apolitico, o peggio ancora impolitico, le "Fantasticherie" si rivelano l'esito più maturo e originale della riflessione politica di Rousseau. Non si tratta infatti di isolare in Rousseau ciò che è politico da ciò che non lo è, ma di considerare le sue operazioni filosofiche a un tempo come operazioni politiche, come ricorda il celebre monito dell’"Emilio" secondo cui «chi vorrà trattare separatamente la politica e la morale non capirà mai nulla di nessuna delle due». Occorre quindi chiedersi, da un lato, in che modo Rousseau rielabori nelle "Fantasticherie" alcuni dei concetti chiave che sostengono il suo pensiero politico e, dall’altro lato, in che senso le Fantasticherie intervengano su un milieu di problemi, di conflitti e di dibattiti che istituiscono quello della filosofia come campo politico.
2017
il Mulino
1
278
978-88-15-27168-6
Menin, Marco; Rustighi, Lorenzo
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