Il disegno, rispetto e a dispetto di altri lessici figurativi (pittura, scultura, architettura et alia), perturba e trasgredisce, con una spiazzante, depistante precocità, la storicizzata sequenza di classico e romantico, materializzando percorsi mentali che assimilano aspetti, in apparenza, ma solo in apparenza, inconciliabili. Ed è così che il Romanticismo non solo consegue dall’universo classicistico dal quale trae strutturale alimento, ma con esso convive sia in zone d’ombra, sia su fronti aperti confortando una sorta di osmosi costante, alimentata da trasfigurazioni e riconfigurazioni. Quanto trova origine e ragione nella capacità intrinseca del disegno di radicalizzare e di precorrere – intersecando latitudini psicologiche e concettuali – tempi e modalità che paiono più facilmente intercettabili quando formalmente compiute. Un terreno in realtà pericolosamente accidentato che coinvolge la soggettiva, individuale percezione e assunzione mentale e sensoriale del finito e del non-finito. Ciò che giunge a investire, accanto al pianeta estetico della line of beauty hogarthiana, la forma diagrammatica di John Flaxman nella quale August Wilhelm Schlegel coglie l’unità semantica di segno e geroglifico, le elucubrazioni calligrafiche di Philipp Otto Runge in dialogo inappagato con Goethe, i disegni cerebralmente sommari di Antonio Canova la cui riflessione figurativa reca in estremo la traccia di aperture “primitiviste”. Aperture sperimentate, sulla scia di Thomas Patch, da Flaxman a partire dagli anni italiani. Flaxman, grande amico di William Blake, personalità analogamente imprescindibile nel tentativo di lettura di osmosi classico-romantiche in taglio figurativo, la cui individuazione, in una declinazione europea del tema, indirizza verso artisti come Ingres o Girodet de Roussy-Trioson soggetti alla fascinazione dell’ossianesimo vivificato da James Macpherson. Nel disegno come in pittura e oltre, l’ossianesimo si svela infatti come uno dei motivi conduttori in grado di stanare anche i latori più criptati di urgenze classico-romantiche. Queste ultime manifeste, sul fronte nordico, in Nicolaj Abraham Abilgaard, tanto prossimo in superficie quanto estraneo in profondità ad Heinrich Füssli anche in quella sfera rappresentativa estraniante che dall’onirico più spesso trascende nella condizione dell’incubo. Disegno come veicolo di autoanalisi, talora in grado – l’autoritratto di Füssli lo dichiara – di materializzare l’esplorazione più profonda che un soggetto possa tentare di se stesso. Ma in tutto ciò si insinua, spesso latente e inconfessata, a partire dal terzo decennio dell’Ottocento l’assunzione di coscienza del sottrarsi dell’arte antica al suo profilo estetico più storicizzato, esaltato, nobilitato da una idea di estraneità al colore infine rivelatasi del tutto infondata. E su tutto ciò incombe la presenza pervasiva di quell’universo teorico e critico ampiamente concentrato sulla o alimentato e sotteso dalla riflessione poetica, letteraria, filosofica ed estetica, non solo italiana, tedesca, francese, inglese, come denuncia la presenza pregnante di Frans Hemsterhuis.

Osservanze e antinomie classico-romantiche. Il disegno come regione dell’immaginario, luogo letterario, teatro critico

TORDELLA, Piera Giovanna
2017-01-01

Abstract

Il disegno, rispetto e a dispetto di altri lessici figurativi (pittura, scultura, architettura et alia), perturba e trasgredisce, con una spiazzante, depistante precocità, la storicizzata sequenza di classico e romantico, materializzando percorsi mentali che assimilano aspetti, in apparenza, ma solo in apparenza, inconciliabili. Ed è così che il Romanticismo non solo consegue dall’universo classicistico dal quale trae strutturale alimento, ma con esso convive sia in zone d’ombra, sia su fronti aperti confortando una sorta di osmosi costante, alimentata da trasfigurazioni e riconfigurazioni. Quanto trova origine e ragione nella capacità intrinseca del disegno di radicalizzare e di precorrere – intersecando latitudini psicologiche e concettuali – tempi e modalità che paiono più facilmente intercettabili quando formalmente compiute. Un terreno in realtà pericolosamente accidentato che coinvolge la soggettiva, individuale percezione e assunzione mentale e sensoriale del finito e del non-finito. Ciò che giunge a investire, accanto al pianeta estetico della line of beauty hogarthiana, la forma diagrammatica di John Flaxman nella quale August Wilhelm Schlegel coglie l’unità semantica di segno e geroglifico, le elucubrazioni calligrafiche di Philipp Otto Runge in dialogo inappagato con Goethe, i disegni cerebralmente sommari di Antonio Canova la cui riflessione figurativa reca in estremo la traccia di aperture “primitiviste”. Aperture sperimentate, sulla scia di Thomas Patch, da Flaxman a partire dagli anni italiani. Flaxman, grande amico di William Blake, personalità analogamente imprescindibile nel tentativo di lettura di osmosi classico-romantiche in taglio figurativo, la cui individuazione, in una declinazione europea del tema, indirizza verso artisti come Ingres o Girodet de Roussy-Trioson soggetti alla fascinazione dell’ossianesimo vivificato da James Macpherson. Nel disegno come in pittura e oltre, l’ossianesimo si svela infatti come uno dei motivi conduttori in grado di stanare anche i latori più criptati di urgenze classico-romantiche. Queste ultime manifeste, sul fronte nordico, in Nicolaj Abraham Abilgaard, tanto prossimo in superficie quanto estraneo in profondità ad Heinrich Füssli anche in quella sfera rappresentativa estraniante che dall’onirico più spesso trascende nella condizione dell’incubo. Disegno come veicolo di autoanalisi, talora in grado – l’autoritratto di Füssli lo dichiara – di materializzare l’esplorazione più profonda che un soggetto possa tentare di se stesso. Ma in tutto ciò si insinua, spesso latente e inconfessata, a partire dal terzo decennio dell’Ottocento l’assunzione di coscienza del sottrarsi dell’arte antica al suo profilo estetico più storicizzato, esaltato, nobilitato da una idea di estraneità al colore infine rivelatasi del tutto infondata. E su tutto ciò incombe la presenza pervasiva di quell’universo teorico e critico ampiamente concentrato sulla o alimentato e sotteso dalla riflessione poetica, letteraria, filosofica ed estetica, non solo italiana, tedesca, francese, inglese, come denuncia la presenza pregnante di Frans Hemsterhuis.
2017
Il romantico nel Classicismo, il classico nel Romanticismo
LED - Edizioni Universitarie Lettere Economia Diritto
1
211
230
978-88-7916-826-7
Classicismo, Romanticismo, disegno, primitivismo, ossianesimo.
Tordella, PIERA GIOVANNA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1650773
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